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Il sistema rappresentativo negli Stati Uniti d’America. Scrive Valori

Le elezioni presidenziali statunitensi seguono il sistema del collegio elettorale, in cui il presidente e il vicepresidente sono eletti da esso. Ecco cosa comporta questa modalità secondo l’analisi di Giancarlo Elia Valori

La democrazia statunitense predicata dai relativi aedi nella colonia Europa è un gioco da ricchi basato sul capitale, mentre in quel Paese i propri cittadini la criticano ferocemente, come meglio vedremo nel presente articolo

La politica monetaria penetra l’intero processo elettorale, legislativo e amministrativo negli Stati Uniti d’America. Le persone infatti hanno solo un diritto limitato alla partecipazione politica. La disuguaglianza di status economico si è trasformata in disuguaglianza di status politico.

Secondo le statistiche, i vincitori del 91% delle elezioni del Congresso negli Stati Uniti sono i candidati con un maggiore sostegno finanziario. Le grandi aziende, un piccolo gruppo di ricchi e i gruppi di interesse sono più generosi nell’offrire sostegno finanziario e sono diventati la principale fonte di finanziamento elettorale. I cosiddetti rappresentanti della volontà popolare, una volta eletti, spesso servono gli interessi dei loro finanziatori e parlano per interessi costituiti piuttosto che per la gente comune. Un senatore degli Stati Uniti ha osservato: “Il Congresso non regola Wall Street. Wall Street regola il Congresso”.

Il membro dell’Alabama della Camera dei Rappresentanti, repubblicano Mo Brooks ha pubblicamente denunciato la corruzione del Congresso degli Stati Uniti in un video sui social media: “Se vuoi essere presidente di un comitato importante, devi acquistarlo”. Il prezzo di acquisto dipende dall’importanza del comitato, l’offerta minima per un comitato principale è di un milione di dollari. Chi non può permetterselo deve accettare i contributi di gruppi di interesse speciale e poi dare quid pro quo ai lobbisti: “Gruppi di interesse speciale gestiscono Washington. Non lo intendo metaforicamente, bensì letteralmente”.

Secondo uno studioso di Singapore, gli Stati Uniti d’America chiaramente non procedono come una democrazia, ma come governo dei ricchi. Una democrazia è un governo del popolo, per il popolo. Il governo dei ricchi è un esecutivo dell’uno per cento dell’uno per cento per l’uno per cento.

Le elezioni presidenziali statunitensi seguono il sistema del collegio elettorale, in cui il presidente e il vicepresidente sono eletti da esso. I difetti di un tale sistema elettorale sono evidenti. In primo luogo, poiché il presidente eletto potrebbe non essere il vincitore del voto popolare nazionale per cui manca la rappresentanza per eccellenza. In secondo luogo, quando ogni Stato decide le proprie regole elettorali, spesso si verificano confusione e disordine. Terzo, il sistema del vincitore prende tutto esacerba la disuguaglianza tra gli Stati e tra i partiti politici. Porta a un enorme spreco di voti e scoraggia l’affluenza alle urne: alle elezioni del 2020 hanno votato il 62,0% degli aventi diritto al voto, per cui il presidente Biden con il 51,3% dei voti, rappresenta solo poco più del 33,0% dell’intero elettorato. Alle elezioni del 1996 votò meno della metà degli elettori aventi diritto (49,0%), e Bill Clinton vinse con il 49,2% ossia con meno del 24,5% di tutto l’elettorato statunitense.

Gli elettori negli Stati chiaramente blu (democratici) e rosso (repubblicani) sono spesso trascurati, mentre gli Stati oscillanti diventano sproporzionatamente più importanti quando entrambe le parti cercano di raccogliere più sostenitori. Ci sono state cinque elezioni presidenziali nella storia degli Stati Uniti d’America in cui chi ha raccolto più voti non è stato eletto presidente:

1824: Andrew Jackson (42,3%), eletto: John Quincy Adams (31,6%);
1876: Samuel J. Tilden (50,9%), eletto: Rutherford B. Hayes (47,9%);
1888: Grover Cleveland (48,6%), eletto: Benjamin Harrison (47,8%);
2000: Al Gore (48,4%), eletto: George Walker Bush (47,9%);
2016: Hillary Clinton (48,2%), eletto: Donald Trump (46,1%).

Il gerrymandering è ampiamente riconosciuto dall’opinione pubblica statunitense come un difetto del sistema elettorale. Il gerrymandering è la manipolazione politica dei confini dei distretti elettorali con l’intento di creare un vantaggio indebito per un partito, un gruppo o una classe socioeconomica all’interno del collegio elettorale a discapito della controparte. La manipolazione può consistere nel cracking (diluizione il potere di voto dei sostenitori del partito avversario in molti distretti) o nel packing (concentrando il potere di voto del partito avversario in un distretto per ridurre il loro potere di voto in altri distretti).

Negli Stati Uniti d’America si effettua un censimento ogni dieci anni. Dopo il completamento del censimento, la riorganizzazione o il ridisegno dei confini dei distretti elettorali avviene in base al principio di mantenere una popolazione all’incirca uguale in ogni distretto elettorale, tenendo conto dei cambiamenti demografici. Secondo la Costituzione degli Stati Uniti d’America, ogni legislatore statale ha il potere di riorganizzare le circoscrizioni. Ciò lascia spazio a manipolazioni da parte del partito di maggioranza in una legislatura statale. Secondo un sondaggio YouGov nel 2021, solo il 16% degli elettori statunitensi afferma di pensare che le mappe del Congresso dei loro Stati sarebbero disegnate in modo equo, mentre il 44% ritiene che le mappe sarebbero disegnate ingiustamente e un altro 40% degli elettori statunitensi afferma di non essere sicuro se le mappe saranno corrette.

Il sistema statunitense è nominalmente “una persona un voto”, ma in realtà è il governo di una minoranza dominante. Il pluralismo politico appare come facciata gadget. Una piccola élite domina gli affari politici, economici e militari. Controlla l’apparato statale e il processo decisionale, manipola l’opinione pubblica, domina la comunità imprenditoriale e gode di ogni tipo di privilegio: basti guardare un film statunitense o una serie televisiva di fiction, e ci si rende conto che non c’è nemmeno bisogno di studiare la pubblicistica in argomento per capirlo. Ma gli aedi della colonia Europa non vedono nemmeno film e tantomeno le serie televisive.

Secondo l’Associated Press, nel censimento statunitense del 2020 sono mancate 18,8 milioni di persone. La popolazione nera aveva una sottostima netta del 3,3%, mentre era quasi il 5% per gli ispanici e il 5,6% per gli indiani d’America e i nativi dell’Alaska che vivono nelle riserve, eufemismo per non dire il politicamente scorretto bantustan di sudafricana memoria.

Tale sottostima li deruba della loro quota uguale di risorse federali, comprese l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’alloggio, e li mette in una condizione sfavorevole per quanto riguarda la ripartizione dei rappresentanti al Congresso. Rivela l’ipocrisia del perpetuare e il razzismo wasp sistemico.

Avram Noam Chomsky – filosofo, linguista, accademico, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione, attivista politico e saggista statunitense, docente emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology – sottolinea che gli Stati Uniti d’America sono una “democrazia capitalista realmente in atto”, in cui esiste una correlazione positiva tra la ricchezza delle persone e la loro influenza sul processo decisionale. Il 70% della popolazione – corrispondente al livello basso della scala ricchezza/reddito – non ha alcuna influenza sulla politica. Questi cittadini effettivamente sono privati dei diritti civili.

Fredd Wertheimer, presidente e fondatore dell’organizzazione no-profit statunitense Democracy 21, afferma che la corruzione negli Stati Uniti d’America è sistemica del processo stesso: “Quando hai a che fare con miliardi e miliardi di dollari – gran parte dei quali incentrati sull’influenza dell’acquisto – essi travolgono il sistema ed è molto più difficile difendersi e mantenere la rappresentanza per i comuni cittadini statunitensi”.

Danny Haiphong – giornalista indipendente, scrittore e analista politico statunitense – sottolinea che la democrazia in stile occidentale dovrebbe guardare alle elezioni come il risultato più alto. Però, la questione se questo sistema soddisfi i bisogni delle grandi masse di persone viene generalmente ignorata, in modo da oscurare il fatto che potenti interessi corporativi stabiliscono l’agenda politica ben prima che vengano espressi i voti.

I controlli e gli equilibri nel sistema statunitense hanno portato a una “vetocrazia”. Il politologo statunitense Francis Fukuyama sottolinea nel suo libro Political Order and Political Decay del 2014, che vige una paralisi politica radicata negli Stati Uniti d’America. Il sistema politico statunitense ha troppi pesi e contrappesi, e aumenta il costo dell’azione collettiva e in alcuni casi la rende del tutto impossibile. Il processo democratico degli Stati Uniti d’America è frammentato e lungo, con molti punti di veto in cui i singoli “giocatori di veto” possono bloccare l’azione dell’intero corpo. La funzione di pesi e contrappesi – che sarebbe stata progettata per prevenire l’abuso di potere – è stata invece distorta nella pratica politica statunitense.

I politici a Washington DC sono preoccupati di garantire i propri interessi di parte e non si curano più dello sviluppo nazionale. Le due parti sono dedite al veto e intrappolate in un circolo vizioso. L’efficacia del governo è inevitabilmente indebolita, la legge e la giustizia sono calpestate, lo sviluppo e il progresso sono bloccati e la forbice semplicemente si divarica in modo che gli uni possono crearsi nuove opportunità di guadagno mentre i subalterni ha appena i soldi per badare alla sussistenza: il fenomeno dei nuovo poveri statunitensi è palese.

Secondo un rapporto del Pew Research Center dell’ottobre 2021 – un centro studi statunitense con sede a Washington che fornisce informazioni su problemi sociali, opinione pubblica, andamenti demografici nazionali ed il mondo in generale – basato su un’indagine su 17 economie avanzate tra cui Stati Uniti d’America, Germania e Repubblica di Corea (sud), gli Stati Uniti d’America sono politicamente più divisi rispetto alle altre economie analizzate. Nove intervistati statunitensi su dieci ritengono che ci siano forti conflitti tra persone che sostengono diversi partiti politici, e quasi il 60% degli intervistati pensa che i loro concittadini non siano più in disaccordo semplicemente sulle politiche, ma anche sui fatti di base.

Prendiamo la questione delle armi. Nel 2020 negli Stati Uniti d’America, ci sono stati circa 45.222 decessi relativi all’uso delle armi, il che equivale a circa 124 persone morte ogni giorno: il numero più alto di decessi per tale fenomeno mai registrato in quel Paese, reso incandescente dalla presenza di 320 milioni di armi da fuoco, e mi riferisco solo a quelle regolarmente registrate. Inoltre va aggiunto 1,5 milioni di vittime tra il 1968 e il 2017: un numero di morti superiore alla quantità di soldati statunitensi uccisi in ogni conflitto dalla Guerra d’Indipendenza del 1775 ad oggi. Tra gli elettori repubblicani, il 76% sostiene il diritto al possesso di armi, mentre l’81% degli elettori democratici ritiene che controllare severamente le diffusione delle armi sia più importante.

Dirottato dagli interessi specifici, dal conflitto di parte e dall’opinione pubblica, la legislazione e il processo di applicazione della legge sul controllo delle armi è irto di difficoltà. Negli ultimi dieci anni, i membri democratici del Congresso hanno presentato dozzine di progetti di legge sulla violenza armata e sul controllo delle armi ogni anno, ma a causa della continua ostruzione da parte dei repubblicani, solo una manciata di quei progetti è entrata con successo nella fase di deliberazione plenaria e dibattito al Senato o alla Camera dei Rappresentanti.

La US National Rifle Association (NRA) ha cinque milioni di membri e spende centinaia di milioni di dollari in pubblicità e lobbying ogni anno. I suoi tentacoli penetrano in profondità nel tessuto della società statunitense. La NRA è un importante finanziatore del Partito Repubblicano. Dalla sua istituzione nel 1871, la NRA ha sostenuto e finanziato con successo nove presidenti degli Stati Uniti d’America che hanno aderito ad essa. Secondo statistiche, effettuate della CNN nel 2018, 307 dei 535 membri del Congresso degli Stati Uniti d’America hanno ricevuto contributi diretti alla campagna dalla NRA e dai suoi affiliati o hanno beneficiato di spese indipendenti della NRA, quali la pubblicità a sostegno delle loro campagne. A fronte di enormi profitti, tutti i tipi di tentativi di controllo delle armi sono finiti invano. Questa è solo una parte del sistema adorato dagli eredi della Colonia Europa.

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