Come e perché sull’energia è urgente cambiare passo. Ovvero passare dalla fase dell’emergenza ad un progetto strategico e condiviso. Perché non ci può essere autonomia per l’Europa se non c’è indipendenza energetica. L’intervento di Luigi Paganetto al convegno “Energia Italia 2022” organizzato da Elettricità Futura
L’impegno in atto per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas è un’azione importante oltre che necessaria (e lo sarebbe stata anche per il passato). Sono meritori gli sforzi che il governo sta facendo in questa direzione come quelli rivolti alla predisposizione di rigassificatori per l’utilizzo del gas liquido di cui si è parlato per anni senza disporre oggi, come ha fatto la Spagna, di quelli necessari.
Sul piano programmatico continuano però a manifestarsi divisioni di principio tra chi sostiene, l’esigenza di utilizzare i giacimenti di gas dell’Adriatico e chi sempre in principio è contrario. Tra chi vuole riaffermare la priorità della decarbonizzazione e chi invoca il ritorno sia pure temporaneo alle centrali a carbone. Tra chi si oppone alla scelta dell’auto elettrica al 2035 e chi va nella direzione opposta.
Ed è tempo di mettere a punto un progetto in cui siano chiari costi e benefici delle scelte da fare, tempi e modalità della transizione ecologica.
Occorre rendere evidenti a tutti quali siano le scelte da realizzare nonché rendere esplicita la loro coerenza rispetto agli obbiettivi di decarbonizzazione che assieme agli altri paesi stiamo fissando in Europa. Ed è ora di affermare con chiarezza, che non basta condividere l’esigenza della transizione ma occorre assicurarne il successo. Esso dipende dalla condivisione delle scelte programmate e dal convincimento generale del maggior benessere che, nel medio periodo, ne può derivare.
Si tratta di chiarire che sia il progetto del Fit for 55 che quello più recente del RePowerEu non hanno mai abbandonato la premessa di fondo della politica energetica Eu che mette insieme contrasto al cambiamento climatico, decarbonizzazione e benessere inteso sia in termini ambientali che economici.
Va detto che i vantaggi in termini di benessere sono strettamente legati all’introduzione di innovazioni capaci di valorizzare l’utilizzo delle tecnologie per le rinnovabili e l’impegno per l’efficienza energetica. Ed è un punto tutto da verificare e su cui impegnarsi nel prossimo futuro perché al momento le maggiori istituzioni internazionali giudicano insufficienti i risultati conseguiti finora. Si tratta del ritardo accumulato a questo riguardo insieme alla grande incertezza che domina l’economia globale, stretta tra inflazione e rischi di stagnazione, che produce la convinzione diffusa che la transizione sia largamente dominata dai costi che ne possono derivare.
Fare un piano per l’energia incontra oggi un’ulteriore difficoltà rispetto al passato quando si poteva contare sul gas a basso costo per cui si potevano prevedere obbiettivi molto impegnativi perché si poteva contare sul “non detto” dell’eventuale ricorso al gas per fronteggiare i possibili ritardi nel raggiungimento degli obbiettivi. Oggi non è più così. L’esigenza di ridurre la dipendenza dalla Russia assieme alla sua strategia di taglio mira-to delle quantità e aumento dei prezzi toglie la valvola di sicurezza del gas a basso costo.
La conseguenza è che qualunque strategia diventa più difficile e costosa. Qualunque traiettoria della transizione perde l’elasticità legata all’uso potenziale del gas disponibile condizione che ha ,consentito ai paesi europei di prendere impegni sulla riduzione della CO2 senza mettere a rischio, l’attività di famiglie e imprese in caso non fossero stati centrati gli obbiettivi di transizione.
Il compito di disegnare la traiettoria della transizione ecologica è diventato assai impegnativo. Oggi le Autorità nazionali ed europee, mentre sono impegnate alla diversificazione dei fornitori di gas si trovano di fronte all’aumento del prezzo del gas e alla potenziale scarsità della sua disponibilità che, per un verso, spingono in positivo nella direzione dell’aumento dell’investimento sulle rinnovabili (ma anche del ritorno al carbone). Ma per altro verso creano seri problemi ai bilanci pubblici che devono intervenire per attenuare i maggiori costi dell’energia per famiglie e imprese.
Tutto ciò rende assai difficile in assenza di un progetto europeo, qualunque esercizio diretto ad indicare una strategia per la transizione energetica. Eppure occorre procedere in questa direzione. Non ci aiuta il Pnrr che si occupa di progetti d’investimento e non prevede una precisa traiettoria per la transizione verde. Vi sono allocati quasi 6 miliardi di investimenti per aumentare la quota di energie rinnova-bili, 4 miliardi per le infrastrutture di rete e più di 3 miliardi per promuovere l’idrogeno, nonché 0.60 per l’economia circolare. Più di 15 miliardi sono destinati all’efficienza energetica.
D’altro canto i cambiamenti intervenuti dopo la guerra in Ucraina sono tali da richiedere, pur in vigenza del Pnrr una politica di accompagno ed integrazione degli investimenti previsti dal Pnrr, anche per tener conto delle indicazioni che arrivano dall’Eu. La Commissione europea con il RePowerEU ha fissato una riduzione degli acquisti di gas di 60 miliardi di metri cubi sul totale di 155 già nel 2022.
Allo stesso tempo, accresciuto l’obbiettivo al 2035 per l’efficienza energetica dal 9 al 13% e portata dal 40 al 45% la quota da rinnovabili. Allo stesso tempo ha fissato impegni importanti su idrogeno e infrastrutture per Lng, rendendo disponibili ai Paesi 225 miliardi tratti dal NexGe Eu, 20 miliardi dagli Ets nonché quote dei fondi nazionali già disponibili per le politiche di coesione.
Partendo da questi obbiettivi una strategia per l’energia deve tener presente che:
- la transizione significa non solo l’abbandono, sia pur graduale ,delle fonti fossili ma anche il modo in cui essa si trasformerà in consumi di energia, nei trasporti ,nelle abitazioni e nell’industria che rappresentano ciascuna il 30% del totale dei consumi totali. Il ministro Cingolani ha annunciato un programma di 70 Giga watt in 9 anni (assai difficile da realizzare ai ritmi attuali) di impianti per le rinnovabili. L’ aumento del potenziale di energia elettrica da rinnovabili non corrisponde però, come è noto, ad un aumento equivalente dei consumi possibili per via del carattere discontinuo della loro produzione di energia. Occorre provvedere perciò a investimenti in sistemi di accumulo e infrastrutture di rete intelligenti che siano innovativi dal punto di vista tecnologico per realizzare un corrispondente aumento dei consumi elettrici.
- ed è molto importante l’impegno per l’efficienza energetica perché a giudizio di molti, a cominciare dall’Oecd ,è da quest’area che, nel breve periodo, possono venire i maggiori contributi all’innovazione. La maggior efficienza energetica richiesta dalla Commissione può essere realizzata con sistemi che assicurino un maggiore output di energia per unità prodotta , rispettando, allo stesso tempo, i vincoli ambientali. In questo quadro andrebbe modificato il sistema degli incentivi in materia di di riscaldamento/raffreddamento che oggi non premiano l’uso dell’elettrico ma l’efficienza nell’uso del gas come accade con le caldaie a condensazione.
- la spinta all’auto elettrica al 2035 é una scelta che, pur discutibile per via della rinuncia al principio della neutralità tecnologica e per i suoi potenziali effetti negativi a breve su tutto il settore dell’automotive, è in ogni caso una scelta importante di politica industriale. Essa guarda al quadro competitivo internazionale e dà una spinta ad un maggior domanda di energia elettrica, di infrastrutture dedicate all’elettrico e di impegno sulla tecnologia dell’accumulo di energia decisivo per un mondo in cui prevarranno le rinnovabili. Non va trascurato di certo l’impegno di questi anni per l’efficienza energetica delle auto a combustione interna, né quello per i carburanti sintetici, ma come dicono gli esperti l’auto elettrica ha il vantaggio di essere estremamente efficiente. In termini di consumi di energia primaria ha un’efficienza del 70-80-90% rispetto al 20-30% dell’auto termica. I volumi di energia impiegata sono dunque molto inferiori a quelli di un’auto a combustione interna e questo in prospettiva le garantisce un vantaggio competitivo incolmabile in un mondo in competizione per l’energia. Non va dimenticato che é in corso una gara che vede in testa la Cina. La Eu con questa decisione mostra di voler partecipare ala gara e alle sue importanti implicazioni in materia di adozione dell’elettrico nel sistema complessivo dell’energia.
- a livello Eu ciò che conta, è la capacità istituzionale di porre in essere una politica di acquisti in comune per l’energia e, in prospettiva la realizzazione del mercato comune dell’energia.
Ci sono molte difficoltà a realizzare un approccio comune vista la grande differenza delle posizioni-paese come si vede dalle resistenze che sta incontrando la proposta di Draghi di un tetto al prezzo dell’energia che trova un limite, oltre che in questioni di principio nella difesa del mercato dell’energia di Amsterdam.
Sul piano internazionale la Eu deve fare i conti ,oltre che con la Russia ,con lo schieramento dei paesi emergenti, simbolicamente rappresentato dal loro voto di astensione all’Onu. Sono 35 i Paesi che si sono astenuti sul voto di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina e 12 quelli che non hanno partecipato al voto. Sono in larga parte Africani e un buon numero di essi sono possessori di gas e petrolio ma anche di materie prime rare, e fanno parte di una rete di accordi commerciali e finanziari – inesistente negli anni ’70 – che determina una realtà multipolare con un potere politico e di mercato assai accresciuto rispetto al passato.
Ed anche per questo che le scelte russe in materia di energia ci propongono uno scenario solo per un verso simile rispetto a quello del 1973 con l’embargo del petrolio da parte dei paesi produttori dopo la guerra del Kippur. Nel nuovo quadro l’Eu deve porsi il problema del rapporto con i Brics e l’Africa , insieme a quello di una politica energetica comune. È per tutti questi motivi che si deve tornare a scelte di fondo come quelle che furono prese dai fondatori di Ceca ed Euratom. Non ci può essere autonomia per l’Europa se non c’è indipendenza energetica e un mercato comune dell’energia.