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Eugenio Scalfari, l’ultimo Re Sole del giornalismo

Lucido e orgoglioso fino alla soglia dei 100 anni, Eugenio Scalfari lascia un’eredità che coincide con tutta la sua stessa esistenza e che ha il valore di una impareggiabile lezione di giornalismo ed impegno civile. Il ricordo di Gianfranco D’Anna

L’improvvisa scomparsa di Eugenio Scalfari, in una giornata così cruciale per la politica italiana, assume quasi simbolicamente il culmine di un protagonismo giornalistico esercitato per quasi un secolo.

Fondatore di giornali e affondatore di politici, confessore di Pontefici e teologo della laicità, Eugenio Scalfari è stato il giornalista italiano più letto, celebrato e contrastato di tutti i 76 tribolati anni dell’Italia repubblicana.

Milioni di lettori, migliaia di ammiratori, centinaia di invidiosi e molti allievi che tentano di superare il maestro: in estrema sintesi è questa l’immagine riflessa di Eugenio Scalfari che il sole dell’ultimo tramonto fa scintillare sulla superficie del mare della storia del giornalismo italiano.

Dal Mondo a l’Europeo, dall’Espresso a Repubblica, da Mario Pannunzio a Giulio De Benedetti, da Arrigo Benedetti a Adriano Olivetti, Scalfari ha ereditato, interpretato e modernizzato – sommandone le migliori peculiarità – le potenzialità del giornalismo e dell’editoria.

Tanto da riuscire a lanciare un inedito giornale-partito di lotta, di governo e di sottogoverno per le nomine che contavano. Un giornale-governo-ombra che ha fatto scuola e vanta numerosi infruttuosi tentativi di imitazione.

Lucido e orgoglioso fino alla soglia dei 100 anni, Eugenio Scalfari lascia un’eredità che coincide con tutta la sua stessa esistenza e che ha il valore di una impareggiabile lezione di giornalismo ed impegno civile. Un’eredità che non andrà dispersa perché il livello e lo spessore di Scalfari sono tali che il web invece di catalogarla nel novero delle ricorrenze e dei riferimenti, la moltiplicherà su tutta la rete per l’insita e poliedrica complessità culturale e professionale che detiene.


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