Basta accanimento terapeutico. In quattro anni non una indicazione degli elettori ha trovato corrispondenza in Parlamento. E un governo di unità nazionale con il migliore alla guida crolla per egoismi e tattiche di bassa lega. Viva le urne, adesso. Il commento di Roberto Arditti
Lo spettacolo indecoroso di queste ore non può produrre l’effetto perverso e miserabile di condurci all’assuefazione al peggio. Non abbiamo cioè bisogno del metadone di un governicchio purchessia: semplicemente abbiamo già dato.
Abbiamo visto nell’avvio della legislatura un governo Di Maio-Salvini con Conte premier: nessuno ne aveva parlato agli italiani in campagna elettorale. In un anno però quel governo muore per l’evidente incapacità dei due partiti di stare insieme dopo il successo della Lega alle Europee, che rende Salvini di gran lunga il più forte leader politico del momento con devastante crisi di gelosia e ansia da consensi (calanti) nei pentastellati.
Si arriva così al Conte bis, creatura bicefala Pd-M5S di alleanza governativa tra i due movimenti politici che più si erano detestati nel decennio precedente: quindi un’architettura intimamente innaturale e provvisoria. Proprio per questi motivi anche il Conte due esplode, dopo un anno e mezzo di navigazione faticosa nel mezzo della pandemia più devastante del secolo.
Arriva dunque a guidare il governo l’italiano più accreditato in giro per il mondo, cioè Mario Draghi, forte (!!!) di una coalizione larghissima, degna di un solenne momento di unità nazionale di fronte alle emergenze. Quel governo però ha uno suo timer (nascosto) ma pronto a far esplodere la bomba (anch’essa nascosta), che si chiama Quirinale.
Già perché Draghi è il candidato naturale e sacrosanto per il Colle più alto, ma viene eliminato per valutazioni varie (ognuno ha le sue, da Berlusconi a Salvini, da Conte a pezzi del Pd) portando alla nuova elezione di Mattarella. Il governo muore in quel momento, perché la sua agenda e la sua riserva d’ossigeno sono centrate lì. Solo la guerra alle porte dell’Europa tiene in piedi la baracca, neanche fossimo a Cinecittà per uno Spaghetti-western, ma l’effetto dura qualche mese.
Si arriva così ai giorni nostri, dentro una crisi che sarebbe semplicemente ridicola, se non fosse che visto il contesto non c’è proprio niente da ridere, con l’inflazione che sta tornando a livelli mai raggiunti da quarant’anni. Si dice: occorre sistemare alcune cose per andare a votare a scadenza naturale. È una ragionamento non privo di logica, però io dico che questa legislatura, la peggiore della storia della Repubblica, merita una fine ingloriosa, esattamente quella che le impone la settimana che sta finendo. Inoltre penso che uno come Draghi debba riflettere molto bene prima di abbassare ulteriormente l’asticella cercando un compromesso che, peraltro, varrebbe per qualche mese.
Sono dunque le elezioni la via maestra? Sì, arrivati a questo punto. Sono in grado di sistemare le cose in modo decente e darci un governo come si deve? Non è detto, ma non è questo un buon motivo per allungare l’agonia. Abbiamo visto tutto, abbiamo visto troppo negli ultimi anni. E se nemmeno Draghi tiene insieme le cose bisogna prenderne atto e voltare pagina.
Votiamo presto, costringeremo così Meloni, Salvini, Berlusconi e gli altri della coalizione a cercare una proposta seria e condivisa con cui presentarsi agli italiani.
Votiamo presto, costringeremo Calenda e tutti quelli che vogliono un polo liberale a farsi avanti con coraggio.
Votiamo presto, costringeremo il Pd a sciogliere i nodi a sinistra, a cominciare dall’alleanza innaturale con Conte e i suoi.
Votiamo presto, costringeremo quelle che erano Cinque Stelle e che ora sono un Buco Nero a cercare una nuova storia con cui guardarsi allo specchio e parlare agli italiani che tanto hanno creduto in loro.
Mattarella ha tutta l’esperienza e tutta la forza per gestire un passaggio delicato ma non per questo così sconvolgente. E poi Draghi. Conviene averne una versione autentica, quindi rigida e poco incline al compromesso “patologico”. La sua credibilità potrebbe servire ancora alla Repubblica, ma è giusto ragionarci sulla base degli equilibri della prossima legislatura.
Adesso basta, signori dei partiti. Tutto, ma proprio tutto, quello che si poteva inventare dal 2018 a oggi l’abbiamo visto. Ora tocca agli italiani.