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Algeria, Azerbaigian, Russia (e Piombino). Tutte le partite del gas

Mentre Gazprom aumenta la tensione sulle forniture, l’Europa si muove per proteggersi e diversificare. Von der Leyen era a Baku per il raddoppio delle forniture, Draghi e sei ministri ad Algeri (che ha aumentato ancora i flussi verso l’Italia) per stringere accordi a tutto campo. Ma la politica ha il piede in due scarpe per le proteste nimby contro il rigassificatore

La guerra del gas rimane l’epicentro della crisi europea. In settimana la Commissione europea adotterà un piano di emergenza per rispondere a un eventuale taglio totale delle forniture da parte della Russia. Ipotesi che si è concretizzata lunedì pomeriggio con l’emergere di una notizia: Gazprom avrebbe dichiarato lo stop parziale delle forniture verso l’Europa per “cause di forza maggiore”. Secondo Reuters la dichiarazione ha a che fare con la saga Nord Stream 1.

Con ogni probabilità si tratta di un tentativo russo di incolpare le sanzioni europee per la mancata manutenzione, nonostante gli alleati abbiano già sgarrato per accontentare Gazprom. Si concretizzano i timori tedeschi riguardo a uno stop completo delle forniture via Nord Stream 1, volumi che il Cremlino si guarda bene da compensare attraverso altri canali. La prospettiva è così terrificante per la Germania che il governo starebbe riconsiderando lo stop alle ultime centrali nucleari, ipotesi rigorosamente esclusa finora.

VON DER LEYEN IN AZERBAIGIAN

Nel frattempo la Presidente della Commissione si trovava a Baku per la firma di un accordo che porterà al raddoppio delle importazioni di gas naturale azero (fino a 20 miliardi di metri cubi all’anno) entro il 2027. “Oggi, con questo nuovo memorandum d’intesa, apriamo un nuovo capitolo della nostra cooperazione energetica con l’Azerbaigian, un partner fondamentale nei nostri sforzi per abbandonare i combustibili fossili russi”, ha dichiarato von der Leyen.

Nel 2021 l’Ue ha importato circa 8 mmc dall’Azerbaigian, che dovrà aumentare la produzione locale per soddisfare la domanda negli anni a venire. I volumi passeranno attraverso il Southern Gas Corridor, che comprende tre gasdotti: South Caucasus Pipeline (Scp), Trans-Anatolian Pipeline (Tanap), e Trans-Adriatic Pipeline (Tap). Destinazione finale Italia, che rivestirà il ruolo di hub di distribuzione verso l’Europa mediante le sue interconnessioni sul confine nord.

DRAGHI IN ALGERIA

Come segnalato dalla Commissione, Baku si era già impegnata ad aumentare i flussi verso l’Ue da 8 a 12 mmc/anno entro il 2023. Merito del governo di Mario Draghi, che si muove da febbraio – immediatamente dopo l’invasione russa dell’Ucraina – per diversificare le forniture del gas e ridurre le importazioni russe. Motivo principale per cui lunedì il premier e una nutrita schiera di ministri – Di Maio, Lamorgese, Cartabia, Cingolani, Giovannini e Bonetti – erano ad Algeri per il quarto vertice intergovernativo Italia-Algeria.

“L’Algeria è il nostro primo fornitore di gas” ha dichiarato Draghi parlando alla stampa, dopo aver riscontrato che il vertice “ha confermato il nostro partenariato privilegiato nel settore energetico”. La buona volontà da parte algerina certo non manca: venerdì Algeri ha annunciato che avrebbe aumentato la fornitura annuale di altri 4 mmc. Un’ accelerazione rispetto a quanto previsto dagli accordi (9 mmc/anno in più rispetto ai 21 che già arrivavano), ha commentato Draghi, che “anticipa forniture ancora più cospicue nei prossimi anni”.

LE PROTESTE PER IL RIGASSIFICATORE

Oggi l’Algeria è il partner di punta, ma capeggia una lunga lista di Paesi (tra Africa, Medio Oriente e America del Nord) che stanno già aumentando le forniture verso l’Italia. Parte di queste arriveranno via nave sotto forma di gas naturale liquefatto (gnl), da rigassificare e immettere nel sistema di condotte. Un passaggio diventato frutto di polemiche a Piombino, meta di una delle due navi rigassificatrici acquistate da Snam e teatro di proteste nimby nel fine settimana.

Sorprende il supporto politico trasversale alle proteste contro la nave rigassificatrice, che dovendo operare entro soglie strettissime (al pari di altri tre sistemi già operativi in Italia) di fatto non pone rischi ambientali. E tuttavia a Piombino hanno sfilato assieme Fratelli d’Italia, Lega, Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana. Nonostante la strategia di diversificazione del governo Draghi sia frutto del via libera del governo di unità nazionale (e dunque sia stata supportata da tutti i partiti maggiori, meno FdI che è all’opposizione), e in barba all’approvazione del Ministero della Transizione Ecologica dei giorni scorsi.

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