Nell’intervista a Formiche.net, Valentino Valentini di Forza Italia ammette l’eccessiva apertura alla Russia dei precedenti governi, soprattutto sul dossier energetico. I governi a guida Pd non hanno fatto meglio. Ora è l’occasione giusta per puntare sulla trasparenza e la diversificazione. Il commento di Marco Mayer
Oggi Gazprom ha nuovamente confermato che domani taglierà le sue forniture di gas russo in Europa. La Commissione l’ha bollata come una mossa politica legata (forse legata a difficoltà militari russe nell’invasione dell’Ucraina), nel pomeriggio i Ministri dell’energia della Ue hanno raggiunto un difficile compromesso sulla riduzione dei consumi. I pericoli maggiori si profilano per la Germania e anche per l’Italia saranno tempi duri. Faremo la campagna elettorale sotto la spada di Damocle del ricatto di Putin? In Germania le tradizionali relazioni tra Berlino e Mosca si sono bruscamente interrotte dopo il 24 febbraio.
Come è messa l’Italia? Ieri, in una intervista a Formiche.net l’onorevole Valentino Valentini (responsabile della politica estera di Forza Italia) ha rilasciato una importante dichiarazione autocritica che merita di essere approfondita. Valentini ha dichiarato che è necessario riprendere la politica di diversificazione energetica che “abbiamo colpevolmente abbandonato”. Valentini ha fatto bene a “colpevolizzare” il suo partito: l’Italia negli ultimi anni é stata in balia della Russia nel settore energetico, a partire dal gas. La storia viene da lontano (basti pensare al ruolo del Nuovo Pignone nella costruzione del gasdotto siberiano), ma l’aumento delle importazioni del gas russo nell’Italia dell’ultimo decennio è un fenomeno apparentemente inspiegabile.
Quando paghiamo le bollette o andiamo dal benzinaio ciascuno di noi si chiede: perché è aumentata in modo consistente la nostra dipendenza da Mosca? La stessa domanda si presenta drammaticamente quando al Tg vediamo i missili e le bombe a grappolo russe distruggere i palazzi delle città ucraine e uccidere civili innocenti in Ucraina. Abbiamo ormai imparato (guai ad assuefarci!) che quando compriamo benzina, gas e gasolio di origine russa contribuiamo a finanziare la criminale invasione militare dell’Ucraina, ordita per volontà di Vladimir Putin. Purtroppo nessuno di noi aveva credito alle parole profetiche di Anna Politkovskaya su un possibile futuro bagno di sangue, prima di essere uccisa.
Il tema della mancata diversificazione energetica dell’Italia (oggetto di autocritica da parte dell’onorevole Valentini) ha tali implicazioni umanitarie, politico-militari e ambientali da meritare una attenzione speciale dell’opinione pubblica nazionale e internazionale. Per capirne le radici dobbiamo dare una risposta alle domande tradizionali: chi ha deciso di aumentare le importazioni dalla Russia? Quando è accaduto? Come e perché è stata assunta la decisione?
Per quanto riguarda il “chi” lo sappiamo. Valentini ha riconosciuto che il governo Berlusconi ha sbagliato a non diversificare le importazioni del gas. Per quanto riguarda il “quando” il Prof. Polillo ha individuato negli anni 2008/2010 il momento in cui l’ Italia ha iniziato a ridurre in modo consistente l’importazione di gas algerino ed aumentare l’ importazione di gas russo. In questo ambito temporale c’è un’ anomalia che merita di essere approfondita.
All’inizio del 2009 Gazprom ha messo in ginocchio l’ industria ucraina producendo effetti collaterali negativi nel rifornimento di gas ad altri paesi europei. In Europa si reagisce avviando un processo di diversificazione dei paesi di provenienza per ridurre la dipendenza dal gas russo. In Italia (e in Germania) NO. Perché? In effetti é una scelta singolare, e non era difficile: Mario Draghi, in soli quattro mesi, lo ha dimostrato. Tra le possibili spiegazioni possibili vorrei segnalare un fattore aspetto che viene sistematicamente trascurato sui media mainstream.
A partire dal 2008 (approfittando della liberalizzazione) la Russia tramite Gazprom (nonché banche ed altre società) riesce a mettere solide radici Italia perché in grado di muoversi con una notevole agilità nei processi di distribuzione e di trading del gas naturale russo in diverse aree del nostro paese, ex municipalizzate comprese. Ecco tre esempi. A partire dal 2008 Gazprom raggiunge un accordo per l’ acquisto di ENIA, sigla una intesa con A2A e GazpromBank e GazpromExport assumono il controllo di un importante gruppo di trading: Centrex.
Questi sono soltanto tre casi di una ramificazione più vasta. Ma sono sufficienti a dimostrare che per misurare la dipendenza energetica dalla Russia non basta guardare ai giacimenti fuori dei confini nazionali e ai gasdotti. Una analisi accurata deve guardare anche a cosa succede in casa. Per associazione di idee ricordo che sempre nel settore energetico i governi di vasta coalizione a guida Pd (2013/2014) abbiano dimostrato un notevole grado di miopia strategica consentendo ad imprese di stato cinesi di partecipare al capitale di CdP Reti che controlla aziende strategiche come Terna e Snam, apertura alla Cina e alla via della Seta che il governo giallo verde di Conte e Salvini ha ulteriormente implementato.
A questo punto che fare? L’autocritica di Valentino Valentini offre buoni spunti da cui partire, ma non ci aiuta se resta fine a se stessa. Siamo nei primi giorni di campagna elettorale e la parola chiave è piena trasparenza sulla partita (e sul partito trasversale) del gas russo. Dopo il coming out di Valentini a questo punto la parola spetta ai leader del centro destra, al Cavaliere per primo.