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Il prossimo governo non sottovaluti energia e digitale

Perché i cittadini non sono stati allertati sui rischi conseguenti all’aumento della dipendenza digitale dalla Cina e di quella energetica dalla Russia? Il commento di Marco Mayer

Negli ultimi anni Lega, Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia hanno invocato spesso, ma solo a parole, la sovranità digitale e la sicurezza energetica del Paese. La realtà dei fatti ci racconta una storia diversa.

Tra il 2016 e il 2020 i partiti sovranisti si sono mossi in una direzione diversa su suggerimento di Steve Bannon, allo scopo di consolidare le loro relazioni con la Casa Bianca di Donald Trump e contemporaneamente con il Cremlino di Vladimir Putin. Sino al 2020 la convergenza parallela di trumpismo e putinismo ha offerto una preziosa copertura ideologica ai comportamenti “disinvolti” dei partiti populisti italiani ed europei e ai loro leader.

Sotto il profilo dell’analisi strategica e della promozione della cultura della sicurezza (due compiti che la legge affida specificamente al Dis) viene spontaneo porsi la seguente domanda: perché i cittadini non sono stati allertati sui rischi conseguenti all’aumento della dipendenza digitale dalla Cina e di quella energetica dalla Russia?

La verità è che i partiti sovranisti (al governo e all’opposizione) dovrebbero rendicontare le ragioni e le radici delle loro scelte specifiche. Più in generale, tutto il mondo politico e il governo (sino all’arrivo di Mario Draghi) hanno sottovalutato il dossier energetico e quello digitale. Da un lato si è creduto al mito (illusorio) della sovranità digitale, dall’altro non si sono contrastate le crescenti interferenze russe (e cinesi).

Per la verità, il Copasir durante le presidenze di Lorenzo Guerini, Raffaele Volpi e Adolfo Urso ha lanciato più volte l’allarme sui pericoli della dipendenza in campo digitale e energetico, ma senza suscitare reazioni adeguate sino all’arrivo di Draghi.

A questo proposito tre notizie di questi giorni meritano una particolare attenzione. Prima: secondo la Cnn, il controspionaggio dell’Fbi avrebbe scoperto e disinnescato un tentativo di installare sofisticate apparecchiature Huawei in grado di interrompere le reti di comunicazione militare del Pentagono in ambito nucleare. Seconda: il 20 settembre prossimo, dopo un’infinità di rinvii, Mark Zuckerberg sarà interrogato (per ben sei ore) in merito al presunto coinvolgimento della sua azienda nello scandalo politico di Cambridge Analytica, proprio all’epoca in cui Bannon era il vicepresidente della società che ha avuto un ruolo significativo nella propaganda pro Brexit (vi ricordate il breve idillio tra Beppe Grillo e NIgel Farage?) nonché nella campagna presidenziale di Trump. Terza: pochi giorni fa Bannon è stato incriminato per la sedizione armata e l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.

Secondo quanto ha scritto ieri Michele Mezza su Huffington Post, Cambridge Analytica (o i russi) potrebbe aver esercitato condizionamenti social in Italia nelle elezioni politiche del 2018. Nello stesso articolo, Mezza giustamente sottolinea, inoltre, il ruolo cruciale che l’Agcom potrebbe svolgere nei 60 giorni della prossima campagna elettorale. All’autorità spetta – o almeno spetterebbe – svolgere una vigilanza quotidiana per garantire trasparenza, par condicio (e chiarezza sui finanziamenti) delle campagne social dei partiti in rete nonché – come ho suggerito – le retribuzioni degli influencer ingaggiati. Spiegare le ragioni della crescente dipendenza energetica dalla Russia è ancora più importante.

Su Formiche.net il professor Gianfranco Polillo ha cercato di ricostruire le ragioni che hanno spinto l’Italia a diminuire in modo significativo le importazioni di gas dall’Algeria e aumentarle dalla Russia nell’ultimo decennio. L’incremento crescente delle importazioni di gas dalla Russia è iniziato nel 2009. Il mercato energetico è – come tutti sanno – fortemente condizionato da fattori extraeconomici e spesso direttamente politici (si pensi alla influenza trasversale di Putin sulla Germania di Gerhard Schröder e Angela Merkel).

In Italia che cosa è successo? Forse Silvio Berlusconi, Ignazio La Russa, Franco Frattini o Giulio Tremonti – solo per fare qualche nome di esponenti del governo dell’epoca – possono spiegarci come e perché è iniziata questa brutta storia del gas russo che non alimenta soltanto la disinformazione, ma colpisce così pesantemente sulla vita delle famiglie e sull’andamento delle imprese?


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