Gli Emirati sono lanciati verso l’Indo-Pacifico, cercano di allargarsi verso l’Asia e trovano sponda negli interessi strategici comuni
L’abbraccio tra il presidente emiratino, Mohammed bin Zayed, e il primo ministro indiano, Nerendra Modi, è una delle immagini che racconta questo tempo. Abu Dhabi e Nuova Delhi si uniscono dando seguito a un legame che per gli Emirati diventa un moltiplicatore di forza e per l’India l’occasione per aumentare le proprie connessioni nell’ombelico geostrategico globale.
Altrettanto simbolico in questo senso è l’accordo Cepa tra Emirati Arabi Uniti e Indonesia. L’intesa, che segue quella simile stretta dal Paese mediorientale con l’India (e con Israele), è in costruzione dal settembre 2021 come forma per guidare il recupero post-pandemia.
Quello con Giacarta, viene descritto dai funzionari di Abu Dhabi come “un patto economico di ampio respiro”, che eliminerà le tariffe doganali e incrementerà il commercio bilaterale. L’obiettivo è farlo arrivare fino a 10 miliardi di dollari entro cinque anni, eliminando le barriere commerciali su un’ampia gamma di beni e servizi. Tra questi, settori prioritari come l’agricoltura, l’energia (green) e le infrastrutture, in particolare la logistica, incoraggiando contemporaneamente – attraverso alcuni memorandum d’intesa firmati – la futura cooperazione nel turismo, nell’imprenditoria e nella sanità. Uno dei MuO riguarda anche un protocollo di collaborazione in materia di difesa e sicurezza.
“Spero che questo accordo non solo crei una nuova piattaforma per la cooperazione, gli investimenti e il trasferimento di conoscenze, ma ci offra anche nuovi strumenti per affrontare insieme le sfide e le opportunità future”, ha commentato il presidente emiratino, Mohamed bin Zayed. Le parole del leader del Golfo segnano il valore dell’intesa con l’Indonesia quanto di quella con l’India: “Come tutti i nostri nuovi accordi commerciali, questo fa parte di un piano dinamico per costruire una rete di alleanze commerciali con alcune delle economie in più rapida crescita del mondo”.
L’economia indonesiana è la più importante del Sudest Asiatico, con un tasso previsto del 5,4% per il 2022. L’accordo rientra a tutti gli effetti nel quadro del “Projects of the 50″, una serie di iniziative economiche in vari settori, competenze avanzate, economia digitale, spazio e tecnologie) e piani di sviluppo che mirano ad accelerare la crescita degli Emirati Arabi Uniti e a trasformarli in un hub completo in tutti i settori, affermando il loro status di destinazione ideale per talenti e investitori.
L’intesa con l’Indonesia (come quella con l’India e con Israele, tutte e tre strette quest’anno da Abu Dhabi) ha anche un focus su settori emergenti come le tecnologie pulite e rinnovabili, il cloud computing e l’automazione. Gli Emirati Arabi Uniti hanno anche promesso 10 miliardi di dollari alla nuova Indonesia Investment Authority, mentre il governo indonesiano è diventato il più grande emittente di Sukuk (obbligazioni sharia compliant) sul Nasdaq di Dubai già nel maggio 2019.
L’accordo sbloccherà anche il potenziale del corridoio sud-sud e accelererà il passaggio a un nuovo centro economico globale: l’Asia. Gli Emirati si pongono come punto nodale del collegamento tra regione del Mediterraneo allargato, quella dell’Indiano e quella del Pacifico.
Questo sistema di accordi di libero scambio fa da cornice alle attività commerciali in cui gli Emirati sono lanciati, cercando di trasformare il Paese nel gestore di riferimento delle catene logistiche che risalgono da Oriente verso l’Europa. Un progetto strategico che si materializza nella cosiddetta “Collana di perle”, la catena di porti gestita dagli emiratini in continuo allargamento – ultima perla sarà il porto di Kimayo, nel Jubaland somalo, secondo un accordo stretto direttamente da bin Zayed con il nuovo presidente Hassan Sheikh Mohamud.
Gli effetti sono già chiari. L’azienda logistica di Dubai DP World – uno degli asset emirati in questo piano strategico – ha firmato nei giorni scorsi un accordo con il fondo sovrano indiano. Il National Investment and Infrastructure Fund di Nuova Delhi ha accettato di investire circa 300 milioni di dollari nella filiale indiana di DP World, Hindustan Ports Private Limited, per una quota del 22,5% dell’entità, ha dichiarato DP World in un comunicato stampa.
Questo genere di accordi e interessi dimostra che gli Emirati stanno andando oltre a visioni di carattere ideologico per perseguire in modo pragmatico la propria strategia globale. Lo hanno fatto negli Accordi di Abramo siglati con Israele; lo stanno facendo con l’India: lo dimostra l’abbraccio con cui bin Zayed ha accolto Modi, leader di un partito Bharatiya Janata (BJP) che ha avuto posizioni controverse sull’Islam suscitando in passato varie critiche da parte del mondo musulmano (compreso da Abu Dhabi).