Il presidente indonesiano Widodo è a Pechino per un incontro (non ordinario) con il leader cinese Xi Jinping. Nel frattempo a Giacarta è passato il capo delle forze armate americane. L’Indonesia è un esempio di come il dualismo Usa-Cina avvolga le relazioni internazionali di certi Paesi
Il segretario del Partito comunista cinese, il capo dello Stato Xi Jinping, si è incontrato di persona con il presidente indonesiano, Joko Widodo, a Pechino. Il faccia a faccia è già interessante di per sé, perché Xi – come la sua Cina – ha adottato una strettissima politica di sicurezza contro il Covid; quella che ha portato il Paese alle iper-precauzioni della politica “Zero Covid” e che ha sostanzialmente impedito visite e incontri in presenza al leader cinese.
E basta dare un’occhiata all’agenda che ha smosso Xi dalle scelte iper-protettive per comprendere il senso e il peso delle ragioni che lo hanno portato a cambiare puntualmente idea. Dopo che il suo ultimo spostamento fuori dal Paese era stata una visita in Myanmar a gennaio 2020, a febbraio di quest’anno ha incontrato Vladimir Putin a latere dell’altamente protetta cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali di Pechino. La Russia è il più importante junior partner che assistono la narrazione anti-occidentale cinese.
Il 30 giugno Xi è andato ad Hong Kong per la festa dei 25 dall’handover inglese: la città-stato ha un valore simbolico, perché lì la Cina ha recentemente subito una pressione sulla propria stabilità interna causata dalle proteste dei pro-democrazia, poi obliterata e risolta. Per questo Pechino voleva festeggiare – in quel giorno significativo – il successo nella faticosa gestione di una crisi interna.
Se all’Indonesia affida un trattamento simile è in parte perché la politica di iper-protezione potrebbe man mano essere allentata nel prossimo futuro (e non solo nei riguardi degli incontri del presidente, ma anche nella gestione generale della pandemia da parte del governo cinese), sia perché Jokowi (come viene comunemente chiamato Widodo) è un partner importante per la Cina.
Giacarta, uno dei principali collegamenti commerciali per Pechino, è un fornitore di ferronickel, rame, carbone e gas naturale per la seconda più grande economia del mondo. Nel 2022 le importazioni cinesi dall’Indonesia sono salite del 34,2%; l’impennata più alta dopo la Russia, che però ha aumentato le vendite alla Cina principalmente perché ha scontato il proprio petrolio per superare l’isolamento in cui è stata sottoposto da Stati Uniti e Unione Europea dopo l’invasione in Ucraina.
Jokowi è presidente di turno del G20: il meeting si terrà a Bali, 15-16 novembre, e uno dei temi che lo stanno anticipando è se Xi sarà o meno presente di persona (questo potrebbe significare il cambiamento definitivo di quelle politiche di sicurezza sanitaria). L’Indonesiano la necessità di giocare una partita equilibrata. Come lui stesso ha detto dopo aver incontrato l’omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, il suo obiettivo è quello di essere “un ponte di comunicazione”. In quel caso parlava tra Mosca e Kiev, ma sottintendeva traguardi più ampi.
Il giorno prima che Jokowi arrivasse a Pechino, in Indonesia c’era il capo dello Stato maggiore congiunto statunitense, il generale Mark Milley, che ha avuto un meeting con gli alti ufficiali locali, compreso l’omologo Andika Perkasa. Milley ha detto ai giornalisti che Giacarta è “strategicamente cruciale” per gli interessi statunitensi nell’Indo Pacifico.
È chiaro che lo sia, e per la disposizione geografica (dunque geopolitica) e per la dimensione (demografica, 275 mila abitanti, il più grande Paese musulmano al mondo per numero di fedeli; economica, con Giacarta che è la sedicesima economia globale).
Milley – che durante il viaggio ha denunciato l’aumento delle intercettazioni e delle manovre ostili e potenzialmente pericolose dei caccia cinesi ai danni di quelli statunitensi e non solo nella regione – ha sottolineato come la sua visita serva a rafforzare la partnership Washington-Giacarta. La sua missione era del classico genere di diplomazia militare. Ma l’Indonesia – come altri Paesi, e non solo nell’Indo Pacifico – è messa in difficoltà dal crescente dualismo Usa-Cina. E in molti cercano rassicurazioni sul non venirne schiacciati.
Come dimostrato nell’accordo di cooperazione militare stretto con il Giappone, e con la decisione di evitare di schierare aerei americani che monitorano il Mar Cinese nelle proprie basi, Giacarta vuole evitare esposizioni. Teme di finire schiacciata tra le due potenze, teme che un’eccessiva apertura all’una possa comportare l’esclusione dalle attività con l’altra. Cerca bilanciamento mentre le relazioni tra Washington e Pechino, ai minimi dall’apertura dei rapporti diplomatici del 1979, permeano buona parte degli affari internazionali.