La Difesa europea è un elemento indispensabile per la sicurezza del Vecchio continente, e la sua costruzione non è più rimandabile. In questo quadro, l’Italia può giocare il ruolo di cerniera strategica tra Unione europea e Alleanza Atlantica, favorita dalla sua tradizionale postura come ponte tra le due realtà. A dirlo è la relazione del Copasir sulla Difesa comune
Ciò di cui abbiamo bisogno è l’Unione europea della difesa. La citazione del presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen apre la Relazione sulle prospettive di sviluppo della Difesa comune europea e della cooperazione tra i servizi di intelligence approvato dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), l’organo presieduto dal senatore Adolfo Urso. La relazione del Copasir parte dalla considerazione che lo scenario geopolitico apertosi con il ritiro delle forze Nato dall’Afghanistan e proseguito con l’invasione russa dell’Ucraina è profondamente mutato, più instabile e incerto. Di fronte alla magnitudo di queste minacce, il Comitato registra come “i singoli Paesi hanno poche possibilità di successo” e che “la prospettiva di una difesa comune europea costituisce un elemento di convergenza indispensabile” con un rafforzamento delle capacità militari “non contrapposte all’Alleanza Atlantica”, supportato da un’aumentata cooperazione del comparto Intelligence. In questo processo, l’Italia deve essere preparata a giocare il proprio ruolo.
L’indagine conoscitiva
Il documento sintetizza un lungo periodo di indagine condotto dal Copasir cha ha visto le audizioni dei vertici della Difesa, (con il ministro Lorenzo Guerini, il capo di Stato maggiore, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e il segretario generale della Difesa, generale Luciano Portolano), dei servizi di Intelligence (dall’autorità delegata Franco Gabrielli, al direttore generale del Dis, Elisabetta Belloni, e i direttori di Aise e Aisi, Giovanni Caravelli e Mario Parente), dell’industria di settore (con l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, e l’allora ad di Fincantieri, Giuseppe Bono), fino alle istituzioni europee (l’allora presidente del Comitato militare dell’Ue, generale Claudio Graziano e il direttore dell’Occar, Matteo Bisceglia).
I ritardi del Vecchio continente
Per il Comitato, dunque, l’impegno è che l’Ue “possa affermarsi come attore geopolitico di primo piano”, facendo coincidere il suo peso economico a quello diplomatico-militare. Al netto del fatto che i 27 membri Ue “spendono per la difesa tanto quanto Russia e Cina”, fino ad adesso c’è stata, secondo il Copasir, una “riluttanza ad aderire ad un principio cardine dell’Unione: la cessione di sovranità nazionale a vantaggio di una sovranità comune europea”. Tra le cause individuate dal Comitato c’è l’aver poggiato le basi della costruzione europea su economia e concorrenza “mentre i padri fondatori avevano individuato come elementi portanti la difesa e l’energia”. Oggi invece, per il Copasir, l’Europa dipende dagli Usa per la prima, e dalla Russia per la seconda. In questo contesto, la previsione della Forza di reazione rapida di cinquemila unità, equiparabile ai mai utilizzati Battle group, è vista come un punto di partenza, che deve essere inserito in un processo più ampio.
Italia, cerniera tra Atlantico e Europa
Secondo il Copasir la nuova Difesa europea non deve essere concepita “come un’alternativa all’Alleanza Atlantica”, dovendo configurarsi come suo “pilastro integrativo e complementare” che assicuri la sicurezza dell’Europa. Naturalmente, il Comitato registra le complessità delle relazioni tra le due istituzioni, i cui interessi sono simili ma non coincidenti tra loro. In questo senso, l’Italia potrà giocare un ruolo cruciale nel miglioramento dei rapporti tra Nato e Ue, contando sulla propria “collocazione geografica, storia e relazioni, interpreta un naturale ruolo di cerniera e di frontiera tra questi mondi”.
Un coordinamento strategico
Non mancano poi le complessità all’interno dell’Unione dove, secondo il Comitato, vige una “cacofonia strategica” dovuta alle diverse priorità di sicurezza dei Paesi membri: quelli del Mediterraneo, tra cui il nostro, sono più attenti alle dinamiche del terrorismo internazionale e dell’instabilità africana e medio orientale; l’attenzione di quelli nordoccidentali è rivolta alle minacce terroristiche e alla Russia, che costituisce il pericolo maggiormente avvertito dai Paesi dell’Europa orientale. Tra gli strumenti individuati per colmare queste differenze di visioni, veicolandole in un approccio comune e condiviso, il Copasir ha individuato la Bussola strategica, il cui scopo è proprio quello di definire gli obiettivi concreti per rafforzare la prospettiva di sicurezza per il prossimo decennio.
Le necessità di sviluppo tecnologico
La costruzione di una difesa comune implica, poi, un aumento della spesa militare a livello europeo e nazionale, ma gli impegni assunti da diversi Paesi di aumentare i budget dedicati, sebbene essenziali, non sono “di per sé sufficienti per un percorso efficace verso il recupero delle carenze di capacità militare”. Le criticità principali registrate dal Copasir riguardano la necessità di incanalare le risorse verso lo sviluppo di tecnologie avanzate, resistendo alla tentazione di soluzioni di breve termine, affrontando, tra l’altro, questi investimenti in una dimensione di cooperazione europea. Il Copasir registra, infatti, come a fronte di trenta tipologie di sistemi d’arma principali impiegati dagli Stati Uniti, l’Europa ne abbia in dotazione 178, un livello di frammentazione negativo sia per l’operatività, sia per la fase di ricerca e sviluppo di nuovi sistemi.
Leonardo e Fincantieri, il ruolo dell’industria italiana
Di tutto questo dovrà tenere conto il settore industriale italiano, che deve essere salvaguardato nel suo know-how e supportato nella sua proiezione sui mercati esterni mediante i cosiddetti accordi Government to Government (G2G). Per il Comitato, è essenziale accedere ai programmi comuni “sul modello di alcuni esempi virtuosi già in atto nei quali sono coinvolti Leonardo e Fincantieri”. Tra gli esempi citati dal Copasir c’è in prima battuta il caccia di sesta generazione Tempest, la cui partecipazione nazionale, insieme a Regno Unito, Svezia e Giappone, vede un raggruppamento di società (Mbda Italia, Elettronica e GE Avio) guidate da piazza Monte Grappa. Il programma “ha un’importanza determinante”, consentendo al Paese di “presidiare tecnologie e competenze” strategiche e rappresentando un “catalizzatore di valore per la crescita scientifica, tecnologica, industriale ed economica”. Un altro esempio citato dalla relazione è la partecipazione di Fincantieri al programma per le Fremm, in partnership con i francesi Naval Group e Thales. Il successo della partecipazione per l’industria italiana ha trovato conferma nella scelta compiuta dalla Marina Usa di acquistare venti unità da Fincantieri Marinette Marine, la controllata statunitense dell’azienda.
Cooperazione nell’Intelligence
Relativamente alla collaborazione fra sistemi di Intelligence, il documento del Copasir riporta la possibilità di un allargamento dell’accordo di condivisione informativa tra i Paesi anglofoni Five eyes, a cui l’Italia potrebbe aspirare. La ferma collocazione euroatlantica del nostro Paese, riconosciuta anche dall’inserimento all’interno del Quint, il direttorio strategico della Nato con Usa, Francia, Germania e Regno Unito, è infatti “un indicatore assolutamente da non sottovalutare” della reputazione e credibilità internazionali del nostro Paese. Per quanto riguarda la cooperazione di Intelligence tra i membri Ue, questa è ritenuta assolutamente necessaria, soprattutto vista la “fluidità del quadro internazionale” che richiede una costante “analisi del rischio e mappatura della situazione di rischio internazionale”. Il Copasir registra comunque l’impraticabilità di una Intelligence unificata, indicando come preferibile un approccio pragmatico che punti alla condivisione e collaborazione tra i diversi apparati, magari rafforzando il ruolo del Intelligence and situation centre dell’Ue (Intcen).