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L’Italia guidi il progetto per gli elicotteri di domani. L’auspicio di Mulè

Dalle colonne del Sole 24 ore, il sottosegretario della Difesa Giorgio Mulè lancia il suo invito al sistema-Paese di porsi alla guida del progetto sull’elicottero del futuro, mettendo da parte “ogni indugio, incertezza o peggio ancora resistenza”. Un indirizzo ripetuto più volte anche dalle Forze armate

L’Italia si candida alla leadership del progetto per l’elicottero di domani. A dirlo, al Sole 24 ore, è il sottosegretario della Difesa Giorgio Mulè: “Mettiamo la parola fine a ogni indugio, incertezza o peggio ancora resistenza. Possiamo diventare capofila in Europa dell’elicottero di un futuro ormai prossimo”, riferendosi al progetto della Sikorsky – Lockheed Martin del Next generation fast helicopter (Ngfh), che prende le mosse dall’analoga proposta per il programma militare dell’Esercito degli Stati Uniti, Futur vertical lift. La proposta segue il programma avviato da sei Paesi della Nato per un nuovo elicottero, il Next generation rotorcraft capability (Ngrc).

L’elicottero del domani

Negli Stati Uniti, la Sikorsky – Lockheed Martin partecipa alla gara indetta dallo Us Army basati sulla tecnologia X2, sulla cui tecnologia si dovrebbe basare anche l’Ngfh, una proposta avanzata dalla società nel corso del Farnborough international airshow. Il mezzo proposto rappresenta una macchina modulare e multiruolo, bimotore, e posta a metà strada tra l’elicottero da ricognizione e attacco RaiderX, più piccolo e focalizzato sull’attacco, e quello d’assalto DefiantX, più grande e pensato per il trasporto truppe. L’Ngfh “potrebbe portare a una possibile terza versione di una piattaforma che si collochi tra il Fara e il Flraa per l’interesse europeo”, ha dichiarato a Farnborough Luigi Piantadosi, direttore Future vertical lift international di Sikorsky.

Serve un salto generazionale

L’esigenza di un nuovo sistema elicotteristico è sentita da diversi Paesi europei, resa più urgente dopo le lezioni apprese dall’invasione russa in Ucraina, dove gli elicotteri di Mosca di vecchia generazione si sono rivelati incapaci di operare in sicurezza contro le moderne contromisure aeree, venendo abbattuti in grandi numeri. Il conflitto “ha dimostrato i limiti degli elicotteri attuali: sono caduti a frotte”, ha detto ancora Mulè al quotidiano di Confindustria, aggiungendo come: “la tecnologia di difese integrate radar non lascia scampo agli elicotteri tradizionali: lenti, facilmente rintracciabili ai radar e ‘isolati’, ovvero non connessi”. Si impone un salto generazionale. I nuovi velivoli dovranno avere maggiori autonomie, minore impatto logistico e sviluppare un’unica struttura comune per le varianti da destinare alle forze terrestri, marittime e aeree e dovranno essere in grado di operare in uno scenario di operazioni interforze all-domain (Jado), ad alta intensità e in ambienti caratterizzati da guerra elettronica, alta connettività ed effettuare un variegato numero di missioni, dal trasporto, alla ricognizione armata, dall’evacuazione medica, alla ricerca e salvataggio fino all’assalto.

La tecnologia X2

Lo sforzo dei sei Paesi Nato per mettere in campo un elicottero multiruolo di nuova generazione segue il simile programma in corso negli Stati Uniti, il Future vertical lift (Fvl), con cui lo US Army intende rivoluzionare completamente la propria componente ad ala rotante sia dal punto di vista tecnico che operativo e strategico. Sikorsky partecipa ad entrambi i programmi del Fvl: il Future long-range assault aircraft (Flraa), insieme a Boeing, pensato per sviluppare un successore dell’elicottero d’assalto UH-60 Black Hawk, e Future attack reconnaissance aircraft (Fara) per un elicottero da ricognizione e attacco. Entrambi i modelli proposti dalla controllata di Lockheed Martin, il Defiant X per il Flraa e il Raider X per il Fara, sono basati sulla tecnologia detta X2, basata su due rotori sovrapposti le cui pale ruotano in direzione opposta per il movimento verticale, mentre un propulsore di coda garantisce la spinta al velivolo, una combinazione che permette all’apparecchio di raggiungere velocità doppie rispetto ai velivoli ad ala rotante tradizionali, superando i 400 chilometri orari. Secondo il sottosegretario, i velivoli tradizionali e quelli di nuova generazione “hanno funzioni e ruoli diversi, dovranno coesistere a lungo”, ma “rimanere indietro e arroccarsi su posizioni difensive su questo dibattito può portare a conseguenze irreparabili”. Per il programma degli elicotteri a tecnologia X2, continua Mulé “dobbiamo cogliere subito questo treno. La produzione mondiale di settore farà un salto generazionale di portata epocale e senza precedenti”.

L’interesse della Difesa italiana

“Tutta la Difesa italiana vuole spostarsi sulle nuove tecnologie per motivi operativi”, ha ricordato ancora Mulè. L’impegno sul Next generation fast helicopter è inserito anche nell’ultimo Documento programmatico pluriennale 2022-2024 firmato da Lorenzo Guerini, con 129 milioni di euro complessivi stanziati per il programma, che punta a “soddisfare l’interesse e il coinvolgimento nazionale nello studio delle emergenti tecnologie nel comparto elicotteristico, valorizzando al contempo le capacità industriali nazionali di settore, attraverso lo sviluppo di un Next generation fast helicopter”. Sono pronte all’avvio le attività della seconda fase, a valle della finalizzazione degli studi di fattibilità, anche “ricercando opportune sinergie con programmi internazionali”, un potenziale riferimento all’interesse per il Future vertical lift della Lockheed Martin.

L’indirizzo dell’Arma azzurra

La necessità di dotarsi di questi strumenti era stata più volte ribadita dalle Forze armate, da ultimo lo stesso capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Luca Goretti, che intervistato da Airpress, ha ricordato come “quella del Future vertical lift sia la tecnologia del futuro” aggiungendo che “per il settore dell’elicottero propulso, l’Aeronautica militare italiana debba puntare su questo investimento”. La tecnologia Fvl risponde, per Goretti, ai requisiti operativi delle Forze armate “ne sono fermamente convinto, così come sono convinti i miei colleghi dell’Esercito e del Segretariato generale della Difesa”, auspicando a questo proposito che “la nostra industria nazionale si tolga qualche reticenza e investa quanto prima in questo settore”. Dello stesso avviso anche Mulè: “Lo scenario ci offre un’occasione, ripeto, eccezionale: possiamo diventare il capofila per l’Europa dell’elicottero di ultima generazione. Non possiamo perderla: nessuno, industria compresa, può permettersi di frenarla. Se riusciamo a vincere questa sfida, vinciamo tutti”.

Le altre opportunità per il nostro Paese

Per il sottosegretario, riuscire a inserirsi in questi progetti all’avanguardia “ha un valore straordinario per noi: in linea con il nostro atlantismo, le ricadute geopolitiche e geostrategiche, gli ammodernamenti indispensabili di Esercito, Marina e Aeronautica, gli effetti preziosi sul piano industriale e dell’occupazione”. La Difesa del nostro Paese, tra l’altro, ha un confronto continuo con l’americana Lockheed Martin, guidato dal segretario generale Luciano Portolano, anche per altri programmi, F-35 in primis. Oltre ad essere dotata dei caccia di quinta generazione, infatti, il nostro Paese ospita a Cameri uno dei due soli stabilimenti d’assemblaggio dell’F-35, le Final Assembly and Check-Out (Faco), fuori dagli Stati Uniti (l’altra è in Giappone), e l’unico in Europa, il centro di assemblaggio e verifica finale del programma del Joint strike fighter. Qui già vengono assemblati i velivoli destinati all’Olanda, e a marzo anche la Svizzera ha deciso di far assemblare i suoi F-35A presso lo stabilimento piemontese. L’adesione di Germania, Finlandia e Grecia potrebbe rappresentare per le industrie del nostro Paese coinvolte un ulteriore momento di partecipazione, trovandosi in una posizione privilegiata per inserirsi nella linea di produzione dei caccia destinati alle nazioni del Vecchio continente.



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