Da pietra angolare ad anello debole. Come cambia la fotografia europea dell’Italia con un semplice strappo di vanità a Palazzo Madama. E come brinda felice l’asse autoritario di Xi e Putin sulle macerie del governo Draghi. Il commento dell’ambasciatore Stefano Stefanini
Taipei, 21 luglio. Svegliarsi la mattina e spiegare qui la caduta del governo Draghi è mission impossible. Non perché Taiwan non sia avvezza a democrazia e cambi di governo. I taiwanesi li capiscono benissimo – dopo essere andati a votare. Non conoscono le fognature della politica italiana, intraducibili in ideogrammi.
Rinuncio e ascolto le loro reazioni. Si impara da chi ci guarda dall’estero. Anche se da lontano. La molto, molto vicina Cina è l’inevitabile chiave di lettura di tutte vicende internazionali. Qui si domandano come l’uscita di scena di un leader europeo fermo su valori e alleanze sia accolta a Pechino. I miei interlocutori hanno pochi dubbi: Xi Jinping non rimpiangerà Draghi, sperando in un successore più malleabile e sensibile alle lusinghe del Celeste Impero. Magari nuovo anello debole a Bruxelles e nella catena occidentale.
Se Xi non lo darà a vedere e non andrà oltre il sempiterno enigmatico sorriso, il sollievo di Vladimir è palpabile. La caduta di Draghi, che non non era andato in pellegrinaggio a Mosca, che non aveva tempestato di chiamate il centralino del Cremlino, che aveva convinto Macron e Scholz a dare via libera alla candidatura ucraina all’Ue, che soprattutto era stato un pilastro di fermezza sulle sanzioni, vale bene qualche bicchierino di vodka. Draghi era un problema. Per liberarsene Putin non ha avuto bisogno del polonio. Ci hanno pensato per lui Conte, Salvini e Berlusconi.
In politica estera, la caduta di Draghi, il miglior presidente del Consiglio che l’Italia abbia avuto da lungo tempo, è un assist a Putin proprio nel momento in cui il suo fido ministro degli Esteri annuncia che la Russia vuole prendersi un altro pezzo di Ucraina. Altro che pace. Altre macerie e vittime civili in arrivo. Ma dimentichiamo la Russia e la Cina. Sarà una coincidenza. Chi non ha votato la fiducia dice di pensare solo all’Italia.
Chissà a cosa pensava. Se Pechino sorride e Mosca ride, oggi l’Italia piange. Domani piangerà ancora di più. I mercati finanziari, mai sentimentali, tirano le somme dell’irresponsabile instabilità dell’Italia in cui gli sfiducianti hanno gratuitamente precipitato l’Italia. Dimentichiamo pure la Russia vincente. I veri perdenti dell’improvvido siluramento del buongoverno di Draghi sono gli italiani.
Torneremo a guardare ansiosamente i punti dello spread con un debito pubblico alle stelle e sempre più caro da pagare. Già, perché i tassi salgono. Godiamoci l’estate se la canicola ci darà tregua, se gli incendi si spengono, se la siccità non asseta troppo l’agricoltura. In autunno ci aspettano inflazione e stretta energetica grazie all’amico Vladimir. Ma avremo presto la gioia della campagna elettorale. E tanto sapremo con chi prendercela: daremo la colpa all’Europa..
L’autolesionismo è intraducibile in mandarino. O in qualsiasi lingua che non sia quella delle sedi di alcuni partiti italiani. Quindi rinuncio a spiegazioni sulla perdita secca che è l’uscita di scena di Draghi. Un amico inglese mi aveva subito mandato una email: adesso potete prestarcelo? Ha capito tutto ma non esistono piu’ i capitani di ventura. Draghi era la nostra grande risorsa che abbiamo appena malamente buttato via.