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Luca Serianni, un vero maestro. Il ricordo di Ciccotti

Un filologo e linguista di valore internazionale. Amato e stimato da centinaia di studenti per la sua gentilezza e umiltà. Il prof. Serianni non sapeva di essere una star dell’università già a trent’anni. Un esempio morale per noi universitari degli anni bui del terrorismo. Il ricordo dello storico del cinema Eusebio Ciccotti

Non era caldo come quest’anno ma sicuramente si sudava a far la fila. Ad attendere il turno. Come in tutti gli esami. Me lo ricordo bene. Sono andato a cercare il giorno sul certificato di laurea “con riepilogo esami”. Era infatti il 16 luglio 1980. Esame di Storia della lingua italiana, cattedra del prof. Ignazio Baldelli. La prima parte dell’esame, “Grammatica storica” si sosteneva con un giovane docente, avrà avuto trent’anni.  Magro nella persona e nel volto, incorniciato da una folta barba nera alla Sandokan, si era occupato, nel suo corso-seminario, della evoluzione storica della lingua italiana, dal punto di vista filologico e linguistico. Era Luca Serianni. Nell’ “aula tre” della Facoltà di Lettere e Filosofia della “Sapienza” lo seguivano centinaia di ragazze e decine di ragazzi. Il suo modo pacato di spiegare, la chiarezza nell’esposizione, la padronanza del metodo comparativo, la ricchezza di esempi, un velato umorismo al momento giusto, il muovere pausato delle braccia come un direttore d’orchestra davanti al Danubio Blu di Strauss, faceva di quel giovane professore un’autentica star. E le ragazze ne erano affascinate, diverse innamorate, originando in noi maschietti una inespressa gelosia.

L’università usciva dalle occupazioni, volevamo dimenticare il terrorismo (due anni prima la barbara uccisione di Aldo Moro aveva scioccato noi studenti universitari), e sempre più giovani, per paura o per stanchezza, si mettevano all’ombra dell’albero del disimpegno. Intanto era giunta la valigetta 24 ore, i primi computer sostituivano le macchine da scrivere elettriche, Michelangelo Antonioni sperimentava il cinema digitale, i film non si noleggiavano solo su pellicola ma ora anche in VHS, si entrava nell’era piena della tecnologia, seppur ancora in gran parte analogica. Ricordo che inviavo gli ultimi articoli “via dimafono” dalla Mostra del Cinema di Venezia al quotidiano con cui collaboravo (Il lavoro, Genova).

Avevamo, noi ventenni, sete di cultura, di conoscere, di ascoltare docenti che sapevano insegnare, di imparare da buoni maestri. Luca Serianni, a trent’anni, era un vero, autentico, buon maestro.

Quel pomeriggio di calura di luglio di quarant’anni fa sostenni, dunque, la prima parte dell’esame con Serianni e la seconda parte con Baldelli, ottenendo il massimo. Dopo alcuni anni incontrai il prof. Serianni in biblioteca Alessandrina. Mi presentai ricordandogli che ero stato uno dei suoi migliaia di studenti. Sorridendo mi corresse, “magari centinaia”. Ora, continuai, sono assistente volontario del prof. Mario Verdone, mi sono specializzato in studi sul cinema, sin dalla tesi. Si complimentò con me, e mi disse di portare i saluti al collega e amico Verdone.

Altri anni passarono e, agli inizi del nuovo millennio, lo incontrai di nuovo. Ero nella basilica del Sacro Cuore, quella inaugurata da Giovanni Bosco nel maggio del 1887, in via Marsala. La chiesa era deserta. Il solito barbone che dormiva al fresco, dalle parti dell’immagine di Don Bosco e Domenico Savio. Solo quando, alzato dal banco, mi girai per uscire, lo vidi. Mi colpì ancora quel suo stare composto, quella sua figura sempre a proprio agio in qualunque contesto si trovasse: in aula, in biblioteca di fronte a uno schedario metallico a quattro zampe, in chiesa, seduto a un banco. Uscii e aspettai il prof. Luca Serianni. Quando scese i tre scalini del portone d’ingresso lo fermai e gli ricordai chi fossi. Stavolta si rammentava benissimo di me. Parlammo.

Ora non avrò più la possibilità di incontrarlo al Sacro Cuore. Chissà quanti lassù si godranno le sue belle lezioni di “storia della lingua italiana”.

 


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