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Il risanamento del calcio parte dalla sostenibilità finanziaria

È quanto emerge dal sondaggio Swg sul futuro del calcio, costruito sulla base di due cluster di domande: il primo relativo ad “un sistema nel pallone” e il secondo alla sostenibilità del calciomercato. Le ricette? Più investimenti nelle giovanili, salary cap, riduzione delle spese, gestione dei diritti tv e calcio femminile

Il pallone è sempre rotondo, ma se si sgonfia finisce per non rotolare più. In Italia, il gioco più bello del mondo è in crisi. Una conseguenza diretta dello stallo finanziario dei club, su cui pesano anni di bilanci negativi e fattori esogeni che hanno favorito il deterioramento degli utili, come la pandemia da Covid-19. Morale della favola: o si prende coscienza del problema e si cambia registro, sviluppando nuovi modelli e rendendo sostenibili quelli che per loro natura coesistono con il movimento calcistico nazionale (vedi il calciomercato), oppure si rischia di dover dire addio al pallone per come lo conosciamo oggi.

Questa l’indicazione principale emersa dal sondaggio Swg sul futuro del calcio, somministrato ad un campione eterogeneo di 800 cittadini e costruito sulla base di due cluster di domande: il primo relativo ad “un sistema nel pallone” e il secondo alla “sostenibilità” del calciomercato. Difatti, tra chi degli intervistati segue il pallone in maniera assidua, l’87% si dice contrario alla corsa delle squadre verso l’indebitamento, noncurante del campanilismo e delle ambizioni personali dettate dalla fede. Percentuale che sale al 90% tra i non appassionati, più inclini a sottolineare l’inappropriatezza della tendenza. Tra le evidenze più significative spunta anche la convergenza del 78% del campione sulla riduzione dei costi piuttosto che sulla ricerca di un maggior profitto. Sintomo di uno stato di sofferenza riconoscibile.

La crisi: più spese e meno profitti

Il calcio vive una condizione di difficoltà ormai permanente: basti pensare che negli ultimi 12 anni, secondo i report della Figc, i 100 club che militano nelle serie maggiori dei campionati italiani (serie A, serie B, Lega Pro), sono andati sotto di 4,1 miliardi. Di 7 miliardi se si prende in considerazione un arco temporale più ampio, fino a 15 anni. Con l’avvento della pandemia, poi, il pallone ha bruciato oltre 3 miliardi di euro in 3 anni: a partire dalla stagione 2019/20, infatti, ha registrato un ammanco di 829 milioni di euro, divenuti 1,3 miliardi alla fine del campionato successivo.

La stagione 2021/22, viceversa, ha visto i conti delle squadre scendere di 1 miliardo. Una combinazione già di per sé preoccupante, che unita ai mancati ristori e all’aumentare continuo degli ingaggi, ha allarmato istituzioni che operano al di fuori del perimetro dello sport. Tanto che il sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Federico Freni, ha dichiarato di essere al lavoro su “prodotti di gioco espressamente dedicati a quei comparti che possono avere bisogno di sostegno” – escludendo, però – “che il gioco possa essere ulteriormente tassato per finanziare altri comparti” come il calcio.

Soluzioni per la sostenibilità finanziaria

Una soluzione che si accosta alle tante emerse dal sondaggio Swg, attraverso cui il campione ha indicato le tappe per risanare il sistema. Tra i suggerimenti svetta la necessità di incrementare l’impegno nei confronti dei settori giovanili delle squadre, seguito dall’indicazione di un salary cap europeo per dare un tetto agli ingaggi dei calciatori. E ancora, tra le soluzioni più gettonate, la revisione del modello delle concessioni per i diritti televisivi – solo se attraverso vendite differenziate – e la necessità di dare un impulso maggiore allo sviluppo del calcio femminile.

Per il 90% degli intervistati tra appassionati e tifosi, inoltre, è fondamentale rendere più flessibili le procedure statali per la costruzione di stadi da parte delle aziende calcistiche. La survey mette in discussione anche l’attuale modello di calcio mercato, non sempre in linea con i bilanci delle società: solo per un appassionato su 5, corrispondente al 19% degli intervistati, la propria squadra spende troppo. Un’indicazione che raggiunge il 30% del campione se si prendono in considerazione anche le risposte degli occasionali e dei ceti fragili. Nel complesso, più di tre quarti degli intervistati sono convinti che per rendere sostenibile il calcio mercato si debba puntare su operazioni che sul piano finanziario non creino deficit per il club. Ciò nonostante, la fede tiene banco soprattutto tra i tifosi: tra questi, il 19% ritiene che la propria squadra possa spendere di più durante il calcio mercato.


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