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Putin vuole annettere il Donbas per cambiare volto alla guerra

Putin pensa all’annessione del Donbas. Sarebbe una mossa per cambiare completamente il corso della guerra, trovando una soluzione politica ai rallentamenti sul campo

Se si potesse affrontare la guerra russa in Ucraina solo con la freddezza scientifica dell’analisi – senza la scioccante tristezza della distruzione e della morte – i piani di annessione di ampie zone dell’Ucraina meridionale e orientale a cui, secondo la Casa Bianca, il Cremlino sta pensando, sarebbero da leggere come un passaggio logico e conseguente. Una mossa per portarsi in vantaggio.

A questo punto, con le regioni di Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Luhansk praticamente controllate dalle forze d’invasione, Mosca prospetta un cambio, potenzialmente radicale, dello scenario. Se, come dice il portavoce della Casa Bianca stando alle informazioni di intelligence in mano agli Stati Uniti, Mosca sta “rivedendo piani dettagliati” per annettere quei territori, allora una soluzione negoziale sarà molto complicata se pensata nei termini del recupero dello status quo ante 24 febbraio (impossibile proprio tornare a prima dell’annessione crimeana del 2014).

Se il Cremlino seguirà questo schema annunciato da Washington, allora potrà avanzare una pretesa estrema: i combattimenti si sposterebbero su quello che verrebbe considerato suolo russo, e dunque i rinforzi militari inviati dai Paesi NATO a Kiev diventerebbero aiuti armati che gli ucraini userebbero su un territorio di cui la Russia ne riconosce — anche solo per narrazione — sovranità. La deterrenza sarebbe immediata: Mosca potrebbe dire di essere minacciata nell’intimo della sua nuova integrità e sicurezza nazionale. Un rovesciamento di scena in cui l’azione nucleare – l’uso di un ordigno tattico come strumento – potrebbe finire collegata.

Anche se i Paesi occidentali non riconosceranno mai questa annessione, le dinamiche collegate alla guerra potrebbero cambiare. Per esempio, alcuni governi europei potrebbero essere portati a riconsiderare la loro politica sulle forniture militari a Kiev – già messa in discussione e oggetto di critiche interne.

Automaticamente, è chiaro che quanto evocato dalla Casa Bianca diventa un incentivo per procedere con maggiore vigore e rapidità sull’assistenza ucraina. Kiev teme la divisione e la destabilizzazione conseguente – il Cremlino continua a evocare l’esistenza stessa della statualità ucraina – e potrebbe essere portata a spingere il contrattacco.

L’annessione dei quattro oblast creerebbe continuità territoriale tra il mainland russo e la Crimea. A questo vanno aggiunte le parole del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, secondo cui le ambizioni militari della Russia si estendono oltre il Donbas, a Kherson, Zaporizhzhia e “una serie di altri territori”. C’è una volontà di allargarsi a tutto il territorio potenzialmente controllato dall’Ucraina a ovest. E se l’avanzata dovesse sfondare? Fino a dove arriverà la Russia a quel punto?

È possibile che Mosca possa proceda in avanti, ma è altrettanto possibile che decida di fermarsi. L’obiettivo di aver completamente destabilizzato l’Ucraina, indebolendola al punto di disarticolarne la forma di stato, sarebbe raggiunto comunque. Vladimir Putin avrebbe creato un cuneo (offensivo, dal valore strategico) al centro del territorio nemico, producendo una condizione che nel medio termine potrebbe portare a una sorta di armistizio con una soluzione di equilibrio instabile (simile a quella coreana per esempio?).

Si tratta di una “fase di transizione”, come la definisce Michael Kofman, uno dei maggiori esperti di esercito russo presso la CNA. “Penso che stiano per esaurire la loro forza”, ha detto oggi il direttore dell’MI6, Richard Moore, intervenendo all’Aspen Security Forum: “La nostra valutazione è che nelle prossime settimane i russi avranno sempre più difficoltà a fornire uomini e materiali”.

Se è vero che nei conflitti le evoluzioni sul campo guidano i procedimenti politici e negoziali collegati, in questo caso potrebbe verificarsi anche l’opposto. La mossa (assolutamente politica) di annettere quelle regioni potrebbe essere un modo per dare una svolta a un conflitto che sta mettendo i russi in difficoltà. Secondo il capo della CIA, Bill Burns, la Russia ha perso qualcosa come 15.000 soldati e 45.000 sono rimasti feriti nella guerra. Per l’intelligence americana (che ha da sempre informazioni ottime sul procedere del conflitto, e a queste dovrebbero essere incluse quelle sulle annessioni) le perdite di Kiev sono probabilmente “un po’ meno”, ma comprendono alcune delle truppe ucraine meglio addestrate.

Sul campo il conflitto è in attesa. Sembra essere in arrivo una controffensiva ucraina, anche per bruciare i tempi del referendum di cui parla la Casa Bianca. Per ragioni simile, la Russia ha tutte gli interessi di mantenere le posizioni, per consolidarle prima del passo politico.

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha giurato di non voler firmare un accordo che ceda un territorio alla Russia, figurarsi come potrà mai accettare di retrocedere su quasi un quinto del Paese. Per Kiev, la fase attuale è determinante chiaramente, per tale ragione spinge sulle richieste di aiuti militari via via più consistenti. Ottenerli potrebbe permettergli quel contrattacco ed evitare (o allontanare) lo spettro della decisione politico-militare russa delle annessioni.



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