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Putin fa tremare gli elettori G7. Gli italiani un po’ meno

Un rapporto della Munich Security Conference (Msc) svela cosa toglie il sonno alle opinioni pubbliche dei Paesi G7. La minaccia russa svetta in cima ovunque, tranne che in Italia. Da noi si registra la principale contrarietà all’invio di armi e l’idea che un negoziato sia la strada principale, ma in tre mesi i rapporti con Mosca e Pechino sono crollati

C’erano una volta le diseguaglianze, il terrorismo, il cambiamento climatico. Ci sono ancora, ma non fanno più paura come prima. La guerra di Vladimir Putin in Ucraina ha invertito ordini e priorità nelle opinioni pubbliche occidentali. Un rapporto della Munich Security Conference (Msc) e di Kekst Cnc accende un faro sull’altra guerra di Mosca, quella psicologica, con un sondaggio sui Paesi membri del G7.

Dalla notte del 24 febbraio il quadro si è ribaltato. A quattro mesi dall’invasione sono altri gli incubi a togliere il sonno ai grandi del mondo occidentale. Tra questi, “i rischi legati alla Russia, l’uso di armi di distruzione di massa, come le armi chimiche o nucleari, o le dirette conseguenze della guerra come la mancanza di cibo o la distruzione dei rifornimenti energetici”.

Il Cremlino e le sue ambizioni revisionistiche svettano in cima alle preoccupazioni di tutti i Paesi G7. O meglio, quasi tutti. Sì perché, si legge nel documento, oggi l’aggressività russa è considerata “il rischio principale in tutti i Paesi, tranne l’Italia”. Nel Belpaese la percezione della minaccia russa è aumentata notevolmente rispetto all’ultimo sondaggio della Msc, quattordici punti percentuali dallo scorso novembre.

Non basta però a dare la percezione di un’Italia decisa, senza esitazioni, a fermare la Russia e la sua campagna militare. Se infatti i cittadini dei Paesi G7 sono concordi nel nominare Boris Johnson e il Regno Unito come il leader e il Paese che “hanno fatto meglio” nella gestione della crisi, diversa è l’immagine italiana. “I ratings netti negativi sono stati registrati soprattutto in Italia, una chiara anomalia – spiegano gli analisti – probabilmente perché diversi italiani sondati si sono detti critici dell’invio di armi all’Ucraina e dunque si oppongono alle risposte dei loro alleati”.

Nonostante il cambio radicale delle percezioni anche qui, l’opinione pubblica italiana rimane la più scettica sulle modalità per frenare i piani di Putin e aiutare l’Ucraina, “l’Italia potrebbe essere meno d’accordo di altri” ad accettare il rischio di uno scontro non solo economico con Mosca, fa sapere il rapporto, anche se “nel maggio del 2022 il pubblico italiano è evidentemente più disposto a opporsi alla Russia di quanto non lo fosse il pubblico inglese nel novembre del 2021”.

La soluzione diplomatica rimane comunque un pallino fisso nell’opinione pubblica italiana, più contraria all’escalation delle altre sondate. Alla domanda “i membri della Nato dovrebbero respingere più duramente la Russia anche se aumentasse il rischio di un’escalation militare tra Nato e Russia?”, gli unici due Paesi che vedono una consistente levata di scudi sono Italia (27% contrari) e Germania (26%).

In una parola, “enough”. Gli italiani ne hanno abbastanza della guerra. E infatti alla domanda se si possa fare di più sul fronte delle sanzioni russe, l’aumento della spesa per la Difesa, l’invio di armi leggere e pesanti Kiev l’opinione pubblica italiana è di gran lunga la più restia a dire sì tra i Paesi G7.

Se con la Russia gli italiani vogliono tenere aperto un canale di comunicazione, sia pure presentando il conto per la guerra in Ucraina, diversa è oggi la percezione di un altro Stato illiberale notoriamente vicino a Roma: la Cina. Sono già lontani i tempi dei memorandum sulla Via della Seta e le foto di gruppo con Xi Jinping. Quasi tutti i Paesi G7, spiega il rapporto Msc, “vedono oggi nella Cina una minaccia più di quanto non facessero nel novembre 2021”. Complice lo spalleggiamento continuo di Pechino a Mosca, la fascinazione cinese ha perso punti in Italia, 21 per la precisione, in linea con il calo di fiducia negli altri Paesi alleati.

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