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La bioeconomia per un futuro a misura d’uomo

plastica

Una stima aggiornata al 2021 del valore della produzione e degli occupati in un settore che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, come input per la produzione di beni in alcuni Paesi europei. Ecco cosa dice l’ottavo Rapporto sulla Bioeconomia in Europa, realizzato e presentato nei giorni scorsi da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Cluster Spring e Assobiotec-Federchimica

“La pandemia causata dal Covid-19 e lo scoppio del conflitto in Ucraina hanno reso ancora più evidente la necessità di ripensare il modello di sviluppo economico in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale. In questo contesto, il ruolo della Bioeconomia, ovvero il sistema che utilizza le risorse biologiche per la produzione di beni ed energia, è molto rilevante: la sua natura fortemente connessa al territorio, la sua capacità di creare filiere multidisciplinari integrate nelle aree locali e di restituire, grazie a un approccio circolare, importanti nutrienti al terreno la pongono come uno dei pilastri del Green New Deal lanciato dall’Unione Europea, al centro anche di molti progetti del Pnrr Italiano”.

È questa l’idea dominante dell’ottavo Rapporto sulla Bioeconomia in Europa, realizzato e presentato nei giorni scorsi da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con Cluster Spring e Assobiotec-Federchimica. Il Rapporto presenta una stima aggiornata al 2021 del valore della produzione e degli occupati in un settore che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, come input per la produzione di beni in alcuni Paesi europei: In Francia, Germania, Italia e Spagna la bioeconomia ha generato risultati pari a 1500 miliardi di euro, occupando oltre 7 milioni di persone.

“In un contesto reso ancora più complesso dalla guerra in Ucraina – ha sottolineato Gregorio De Felice di Intesa Sanpaolo – occorre accelerare sul piano della sostenibilità ambientale. La Bioeconomia può rappresentare una risposta importante in questa direzione, in particolare per le regioni del Mezzogiorno, che possono contare su una buona specializzazione in questi settori e su un elevato potenziale innovativo”.

Per quanto riguarda l’Europa, la Germania si conferma leader nella produzione della bioeconomia con un valore stimato di oltre 463 miliardi di euro, seguita dalla Francia con poco più di 379 miliardi. Il nostro Paese si colloca al terzo posto con un valore di 364 miliardi di euro, prima della Spagna (251,5 miliardi). Per quanto riguarda l’occupazione l’Italia si pone al secondo posto con poco più di 2 milioni di addetti, subito dopo la Germania (2,3 milioni), prima di Francia (1,8 milioni) e Spagna (un milione e mezzo).

Già nel 2012, con l’adozione della Strategia europea sulla bioeconomia, si ponevano le basi per ripensare i modi di produrre e consumare le risorse naturali, attraverso cinque obiettivi: garantire la sicurezza alimentare e nutrizionale; gestire le risorse naturali in modo sostenibile; ridurre la dipendenza da risorse non rinnovabili; mitigare i cambiamenti climatici; creare nuovi posti di lavoro. Nella Strategia aggiornata nel 2018, è stata ampliata la sua diffusione a livello regionale, incoraggiando gli Stati membri a sviluppare proprie strategie nazionali di bioeconomia.

Il Piano d’Azione 2020-2025 della Strategia italiana per la Bioeconomia intende far sentire il proprio impatto sul sistema socio-economico attraverso lo sviluppo e l’adozione di un quadro normativo chiaro e stabile; lo sviluppo di investimenti pubblici e privati per sostenere la bioeconomia rurale e urbana; il ripristino degli ecosistemi danneggiati e la biodiversità persa; la creazione di nuove imprenditorialità. “Il contesto presente, si legge nel documento, ha messo in luce le fragilità degli attuali modelli economici lineari e la loro inadeguatezza ad affrontare le sfide presenti e future. Tornare al semplice “business as usual” sarebbe una palese contraddizione. La bioeconomia circolare può costituire un valido strumento per sostenere la fase di recupero postpandemica e una ripresa sostenibile, fondata su un’economia decarbonizzata e resiliente”.

Dopo un primo trimestre 2022 caratterizzato ancora da una buona evoluzione, la guerra in Ucraina ha reso lo scenario molto più complesso per il rincaro dei costi e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, in particolare quelle energetiche e agricole. Lo scenario che si sta delineando rende sempre più urgente accelerare sull’adozione di processi produttivi più efficienti sul piano energetico, sulla produzione energetica da fonti rinnovabili e sul riutilizzo della materie prime seconde.

Nel Rapporto si sottolinea come “la bioeconomia si conferma uno dei pilastri del Green Deal Europeo, con un ruolo importante nella Tassonomia Europea per la Finanza Sostenibile, e delle politiche nazionali, come la nuova programmazione del Fondo di Sviluppo e Coesione, rendendo ancora più cruciale la possibilità di identificare correttamente le attività bio-based nelle classificazioni settoriali”. Quattro i settori che attualmente sono ricompresi sia nella Tassonomia che nella Bioeconomia: silvicoltura; attività manifatturiere collegate alla bioplastiche e alla chimica bio-based; energia per la componente legate alle bioenergie; ciclo idrico e trattamento dei rifiuti.

Particolarmente importante appare il ruolo della bioeconomia nelle politiche nazionali e in particolare nel nuovo Fondo di Sviluppo e Coesione. La nuova programmazione 2021-2027 attribuisce un ruolo importante al settore e “prevede un insieme di interventi diversificati per la realizzazione di obiettivi di grande rilievo legati alla transizione verde e, in particolare, alla bioeconomia circolare, come nuova frontiera della crescita economica sostenibile del Paese e per la riduzione dei divari territoriali”.

“La bioeconomia circolare è oggi un paradigma imprescindibile per evitare sprechi e valorizzare gli scarti – ha commentato Elena Sgaravatti, vice presidente di Assobiotec-Federchimica – Dai cambiamenti climatici alla perdita della biodiversità, le crisi che stiamo affrontando sono le conseguenze dirette di un modello economico che è rimasto lo stesso dagli albori della rivoluzione industriale. Occorre ripensare profondamente il modo in cui si crea valore, allontanandosi dall’economia lineare per un’economia circolare e rigenerativa su larga scala”.

“In questo contesto di estrema vulnerabilità in cui la crisi del cambiamento climatico rischia di continuare ad alimentare la crisi energetica e delle materie prime – ha aggiunto Catia Bastioli, presidente di Cluster Spring – dobbiamo togliere ogni alibi e far scattare un’accelerazione senza precedenti verso una vera transizione ecologica. Si tratta di riconoscere il valore sistemico della bioeconomia circolare, il suo potenziale rigenerativo, i suoi bioprodotti come catalizzatori del cambiamento”.

L’innovazione, sottolinea il Rapporto, rappresenta un fattore strategico per le imprese della bioeconomia. La ricerca di processi industriali sostenibili, così come la necessità di utilizzare e sviluppare nuovi materiali o l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, richiedono investimenti in attività innovative, che si riflettono anche nella nascita di nuove realtà imprenditoriali. Tra queste la creazione di start-up, specializzate nelle attività professionali, scientifiche e tecniche.


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