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A Taranto la Cina va in porto. Dettagli (e dubbi) sull’accordo

Il Comune ha sottoscritto l’accordo di programma che darà attuazione all’insediamento nell’area “ex yard Belleli” di Ferretti Group, società controllata da Weichai, colosso nelle mani del governo di Pechino. Ecco perché, lungo la Via della Seta, lo scalo continua a fare gola a Xi

Il Comune di Taranto ha sottoscritto l’accordo di programma che darà attuazione all’insediamento di Ferretti Group, azienda leader nel mondo nella costruzione di barche di lusso e controllata dalla società statale cinese Weichai, nell’area “ex yard Belleli”. A metà aprile era stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la delibera del Cipess (il Comitato interministeriale per la Programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) che ha messo a disposizione 42 milioni dei fondi del Contratto istituzionale di sviluppo sbloccando di fatto il progetto di riqualificazione dell’area, un territorio sulla costa ionica, a ridosso della statale 106 e vicino al porto di Taranto. Qui Ferretti e la parte pubblica (Stato e Regione Puglia) porteranno avanti un progetto da più di 200 milioni di euro, per l’insediamento di un cantiere navale per la costruzione di scafi per yacht.

LE FIRME SULL’ACCORDO

Il documento, si legge in una nota diffusa dal Comune, ha in calce anche le firme di numerosi ministeri (Transizione ecologica, Sviluppo economico, Infrastrutture e mobilità sostenibili, Sud e coesione territoriale), dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, di Regione Puglia, Provincia di Taranto, Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, Invitalia e gruppo Ferretti ed è, formalmente, l’atto che avvia il complesso iter di realizzazione del progetto.

LE PAROLE DEL SINDACO

“Parliamo di un investimento di oltre 204 milioni di euro che farà crescere la cantieristica navale di qualità nel nostro porto”, ha dichiarato il sindaco Rinaldo Melucci. “Poniamo un punto fermo in questo percorso partito durante il governo Conte II, che ci ha visti partecipi e protagonisti nella prospettiva di offrire alla città un orizzonte economico diverso e indipendente dalla monocultura siderurgica. Ogni istituzione coinvolta ha ora ben chiari compiti e tempi da rispettare affinché, al più presto, quell’area torni a essere produttiva”.

Il progetto, si legge nella nota, si intreccia con il generale processo di transizione che sta vivendo Taranto, inoltre, poiché comprende anche il completamento delle attività di bonifica che interessano l’area “ex yard Belleli”. “La Regione ha destinato risorse specifiche per questa attività”, ha aggiunto il primo cittadino, “segnando la ferma volontà di contribuire alla riqualificazione del territorio e al graduale affrancamento dagli effetti di politiche industriali tutt’altro che improntate alla sostenibilità. Siamo certi che questa scommessa genererà entusiasmo nel settore, attirando altri investitori che vedono in Taranto un banco di prova per una buona e nuova economia”.

LA SVOLTA “CINESE” DEL 2019

Con la firma del memorandum d’intesa sulla Via della Seta tra Italia e Cina nel 2019, sono diventate ancor più evidenti le mire di Pechino sul porto di Taranto, sfruttando le fragilità economiche della città. Taranto, così, “ha uno scalo portuale rinnovato nella dotazione infrastrutturale e presto, grazie al terminalista Yilport, si assisterà alla ripresa dei traffici marittimi internazionali”, dichiarava allora Mario Turco, senatore tarantino del Movimento 5 stelle, di cui oggi è vicepresidente, e fedelissimo dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, oggi presidente del partito. “È importante aver maturato una serie di contatti istituzionali con le autorità portuali cinesi e il governo ha intenzione di sostenere tali progettualità anche in vista della futura inclusione del porto di Taranto nella Via della Seta”, aggiungeva.

IL RUOLO CRUCIALE DI TARANTO

Ma Taranto è uno porto strategico per l’Italia, e non soltanto. Infatti, ospita la base Nato che controlla una parte rilevante del Mar Mediterraneo. Ecco spiegati i fari accesi sia dal Copasir sia dalla diplomazia e l’intelligence statunitense. Anche perché il terminalista Yilport, che controlla il terminal container di Taranto tramite la spa San Cataldo Container Terminal, non troppo tempo fa si è ritrovato a dover smentire qualsiasi partnership con Cosco, un altro colosso statale cinese, dopo le rivelazioni sulla stampa italiana di un’informativa dell’Aise, il servizio italiano di intelligence estera, secondo cui il gruppo turco sarebbe socio di quello cinese, operativo invece nel settore dei container.

CHE COSA RIMANE DELLA VIA DELLA SETA

Nei giorni scorsi su Formiche.net raccontavamo le ultime mosse di Cosco a Trieste. Il colosso cinese ha inaugurato un collegamento ferroviario tra la città nell’Alto Adriatico e la Slovenia. Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, ha dichiarato che “la Via della Seta mi pare rientrare dalla finestra”.

L’accordo con Ferretti non ha alimentato preoccupazione per la sicurezza nazionale. Il 2019 sembra lontano – anche per via del fatto che,  come ha spiegato la vicesegretaria di Stato americana Wendy Sherman rispondendo a una domanda di Formiche.net, il governo di Mario Draghi “comprende molto bene come la Repubblica popolare cinese operi nel mondo”. Ma proprio per questo non si può abbassare la guardia.

(Foto: Porto di Taranto, Facebook)

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