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TikTok ammette che in Cina leggono i dati degli utenti occidentali

Man using TikTok on iPhone

Dopo le tensioni degli ultimi giorni, l’ad Shou Zi Chew si è rivolto ai senatori americani per provare a tranquillizzarli in merito alle attività del social cinese, assicurando piena collaborazione. Nel farlo, tuttavia, ha spiegato chiaramente come i funzionari della piattaforma che operano in Cina avessero accesso alle informazioni degli utenti americani

Dopo la richiesta della Federal Communications Commission (FCC) comunicata a Google e Apple, dopo l’inchiesta di BuzzFeed sull’accesso ai dati e, ancora, dopo l’istanza di chiarimento da parte di nove senatori, è la stessa TikTok a voler tranquillizzare i funzionari americani. Con quale successo, è ancora da vedere. Questo perché nella lettera di risposta inviata giovedì ai senatori repubblicani, l’a.d. Shou Zi Chew  ha sì confermato la collaborazione con l’amministrazione di Joe Biden per un accordo che “proteggerebbe interamente i dati degli utenti e gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, ma ha anche ammesso come i dipendenti cinesi “possono avere accesso ai dati degli utenti” americani, seppur “soggetti a una serie di solidi controlli di sicurezza informatica e protocolli di approvazione per le autorizzazioni supervisionati dal nostro team negli Usa”.

La lettera è stata studiata da Reuters che ne riporta alcuni dettagli. “Non vediamo l’ora di entrare in contatto con i membri del Congresso per discuterne la sostanza”, ha affermato il portavoce di TikTok. E questo, c’è da crederci, farà sicuramente piacere a deputati e senatori a stelle e strisce, che da tempo chiedono a ByteDance, la società proprietaria di TikTok (che in Cina si chiama Douyin), di far luce su come vengono trattati i dati sensibili degli iscritti americani. Gliel’hanno ribadito a fine giugno anche alcuni senatori, tra cui i due repubblicani Marsha Blackburn (che ha accusato TikTok di “tenere nascoste le proprie attività”) e Ted Cruz. A loro, l’azienda ha provato a dare una risposta già lo scorso mese, affermando come la migrazione dei dati avvenisse sui server di Oracle, ma i backup avvenivano ancora a Singapore.

Nell’ultima missiva, la piattaforma si è spinta oltre, nella speranza di “eliminare i dati protetti degli utenti statunitensi e passare completamente ai server cloud di Oracle”, che si trovano in Texas. ByteDance avrebbe dovuto infatti vendere una parte di TikTok al gigante del cloud computing, ma quella che doveva essere la ricetta dell’ex presidente Donald Trump per la sicurezza nazionale non è mai stata finalizzata. L’obiettivo che TikTok si è detta di voler raggiungere è proprio una frammentazione della catena di condivisione dei dati. Lo sforzo che sta compiendo è quello di “ridurre al minimo l’accesso ai dati tra le regioni” nel mondo, così che vengano conservati all’interno dei confini nazionali. La pressione è aumentata ancor di più dopo l’inchiesta pubblicata da BuzzFeed, che confermerebbe le paure della politica americana riguardo uno spionaggio della Cina tramite il suo “cavallo di Troia”, avvenuto tra il 2021 e quest’anno.

Anche su questo punto, nella lettera inviata ai funzionari viene precisato come ByteDance ha sviluppato due algoritmi, uno valido per Douyin e uno per TikTok. Pertanto, è possibile come “alcuni degli stessi elementi costitutivi della tecnologia di base sono utilizzati da entrambi”. Come il codice del server che, per l’appunto, permette l’archiviazione dei dati, modera i contenuti e la gestione degli account.

Visto anche il pressing nei suoi confronti, di cui la stessa azienda è consapevole e per questo prova a spiegare come sarebbe un autogoal commettere certi illeciti, Shou Zi Chew ha spiegato di non aver parlato “pubblicamente di questi piani per rispetto della riservatezza dell’impegno con il governo degli Stati Uniti, ma le circostanze ora lo richiedono per chiarire gli errori e le idee sbagliate” che l’America si è costruita sulle attività di TikTok. Non quella sul possesso dei dati, a quanto pare. “Ci impegneremo a cancellare tutti i dati personali degli utenti americani dai nostri sistemi e a dirigerli ai server protetti da Oracle negli Stati Uniti”. Il modus operandi quindi cambierà, ma l’ammissione di colpevolezza, seppur parziale, resta.

 



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