Musk parte in svantaggio nella battaglia legale, che sarà difficile da vincere. Ma per il board del social network la vittoria non è scontata. Tutto ciò amplifica il danno alla società, con il titolo a piccolo, dipendenti che scappano o vengono licenziati e l’allontanamento di potenziali cavalieri bianchi
Come due sposi ai ferri corti, Elon Musk e Twitter finiranno in tribunale. Il problema è che i due si erano solo promessi il sì, senza mai indossare le fedi al dito. Colpa di Twitter, sostiene Musk, visto che la società non vuole rivelargli il numero esatto di account fake; colpa di Musk, ribatte Twitter, che incolpa l’imprenditore di non voler rispettare i patti dell’accordo. Di quella che, sulla carta, poteva essere una delle acquisizioni più importanti della storia recente, rimangono invece solo le macerie.
Venerdì si è consumato l’ultimo capitolo – che sia quello definitivo è presto per dirlo – con il capo di Tesla che ha deciso di non voler più continuare nella trattativa e il social network che è pronto a portarlo in giudizio. La partita verrà quindi giocata nel tribunale della Delaware Chancery Group, nello Stato dove ha sede legale la maggior parte delle aziende americane quotate in borsa come Twitter. Una schiera di avvocati, per entrambi, si sta preparando a quella che sarà certamente una delle cause legali più seguite. Secondo Bloomberg, Twitter si sarebbe già rivolta a studi legali specializzati in fusioni societarie, come Wachtell, Lipton, Rosen & Katz. È difficile immaginare chi potrà spuntarla e non solo, ovviamente, perché sia l’una che l’altra parte in causa sono certe di vincere. Musk riteneva il numero dei bot essenziale per definire l’acquisizione mentre il board della piattaforma ritiene di aver soddisfatto al meglio le richieste dell’acquirente che, quindi, non può bloccare una operazione da 44 miliardi di dollari. E non si accontenta del miliardo di penale che da contratto consentirebbe alle parti di svincolarsi: la società è convinta di avere in mano gli elementi giuridici per costringere il miliardario a completare l’acquisizione (e pure per chiedergli qualche altro miliardo di danni). Mentre lo scontro va in atto, però, a rimetterci è proprio Twitter.
Come scrive Axios, infatti, in tutta questa storia nessuno sembrerebbe preoccuparsi delle ripercussioni che può avere la società. Ad iniziare dai suoi dipendenti, che potrebbero farsi prendere dall’evoluzione della trattativa e quindi disperdere le proprie energie su temi che non dovrebbero interessarli direttamente. Peggio ancora, visto il futuro incerto, i talenti che avrebbero voluto ottenere un posto da Twitter ora ci penseranno una volta di più. Anche per via dell’attrattività del titolo in questo momento, sempre più in picchiata. Da quando Musk ha lanciato la sua offerta a fine aprile, il valore delle azioni è sceso drasticamente: ieri è arrivato a perdere il 7,8% dopo il 9% registrato nel trading post di chiusura di venerdì, giorno dell’annuncio dell’abbandono della trattativa. Per calcolare meglio il danno, un’azione oggi vale 33,93 dollari contro i 54,20 dollari offerti da Musk. Anche se c’è chi prefigura uno scenario sotto i 30 dollari, non tutti gli azionisti ritengono che sia il momento di vendere. Il ragionamento che li spinge a non abbandonare la nave sta proprio nel fatto che confidano in una ripresa del valore delle azioni, auspicando che Musk perda in tribunale e sia costretto a sganciare una somma anche superiore alla sua offerta.
Il problema è che le azioni legali e la propensione a non vendere le azioni sono elementi che allontanano eventuali “cavalieri bianchi” interessati a rilevare la compagnia. Ovviamente a prezzi ben inferiori. Analisti ed esperti del settore sono ormai concordi: Musk si è reso conto che la sua offerta era nettamente al di sopra del valore reale del social network. A confermarlo è il fatto che la società, nel momento in cui l’imprenditore era entrato con prima una quota azionaria, lo aveva avvertito che non avrebbe potuto spingersi al di là del 15%. Qualche giorno dopo, invece, la proposta di prendere il 100% pagando 44 miliardi di dollari cash delle quote è stata accolta a braccia aperte.
Contanti che, tuttavia, Musk non aveva. Così si è dovuto rivolgere a più persone e mettere sul piatto parte delle sue azioni Tesla, che rappresentano il nocciolo principale del suo patrimonio, vendendone fino a un valore di 8,5 miliardi di dollari per finanziare l’accordo. Per questo, una strada poteva esser e il pagamento del miliardo di dollari pattuito come penalità, l’uscita dall’accordo e un ritorno fra qualche tempo con un’offerta molto più bassa. Ma non è stato così.
Tutto è ancora incerto, pertanto. Ma soprattutto non è ancora chiaro a chi convenga davvero finire in tribunale. Non a Musk, come scrive il Financial Times. “Penso che finalmente vedremo se Elon Musk è al di sopra della legge”, ha dichiarato al giornale statunitense John Coffee, della Columbia Law School. “Ritengo che nei tribunali del Delaware la risposta sia ‘no’. La legge è piuttosto chiara sul fatto che non puoi tirarti fuori da un accordo nel modo in cui lo sta cercando di fare”. Il patron di SpaceX punta la sua accusa su tre basi: l’omissione di Twitter delle informazioni sugli account falsi; l’imprecisione volontaria di quelle fornite; la fuga dei dipendenti più talentuosi, che dimostrerebbe come la società si stia comportando in modo anomalo e contro il proprio interesse. Per convincere i giudici dovrà però dimostrare che si tratta di violazioni vere e proprie che inficiano l’accordo e il suo modus operandi adottato finora potrebbe giocargli contro. A tutti, non a caso, ha dato l’impressione di voler trovare delle scuse per svincolarsi. Tradotto: Musk deve dimostrarsi credibile agli occhi di chi dovrà giudicarlo.
A Twitter va un po’ meglio. Parte certamente avvantaggiata, ma non ha la vittoria in tasca. C’è un precedente (isolato) che va a favore di Musk: il caso della coreana Mirae, cui la Delaware Chancery Group ha riconosciuto il diritto di recedere dall’acquisto di una serie di hotel di lusso visto che la cinese Anbang non aveva gestito l’attività in linea con la prassi del passato. In ogni caso, anche vincendo in tribunale potrebbe non arrivare mai ad un accordo se un giudice non lo dovesse imporre.
L’unica certezza è che la battaglia legale sarà lunga, dura e costosa per tutte e due le parti in causa. La soluzione più logica è quella di mettersi d’accordo su una nuova cifra che possa andar bene per entrambi. Specie se le azioni di Tesla continueranno a salire (proprio in virtù della fine dell’accordo) garantendo a Musk maggiore liquidità. Ma al momento sembra un’ipotesi lontana, con i due promessi sposi che intendono umiliarsi a vicenda senza interessarsi del bene della loro creatura.