La Russia potrebbe aver ottenuto un successo importante nel Donbas, il controllo dell’intera provincia di Lugansk. Oltre l’infowar, questa conquista potrebbe avere valori tattici e strategici
Leonid Pasechik, leader separatista ucraino dell’autoproclamata Repubblica di Lugansk, ha annunciato che il 3 luglio sarà una “Nuova Grande Giornata della Vittoria”. Come la “liberazione” di Mariupol, anche quella di Lugansk “si sta cristallizzando nella memoria storica russa, dice.
Le forze russe potrebbero aver stabilito il controllo territoriale della regione ucraina, segnando un passaggio importante dell’offensiva nel Donbas.
Determinante è la situazione a Lysychansk, città attorno alla quale si sono concentrati i combattimenti negli ultimi giorni. Per i russi è caduta, per gli ucraini no — e per questo l’oblast di Lugansk non è ancora andato al nemico secondo Kiev.
Al di là del confronto informativo — parte del conflitto su entrambi i fronti, per mandare messaggi all’avversario e per incoraggiare le proprie forze — i russi sembra siano effettivamente dentro alla città. Ci sono sacche di resistenza, ma sono gli stessi ucraini ad ammettere che la caduta è vicina— sarebbero i ceceni di Ramzan Kadyrov a condurre le operazioni per la Russia.
Video of Chechen Rosgvardia troops in front of the partially destroyed City administration building in Lysychansk. https://t.co/SPTDhmtfPz pic.twitter.com/dzI2xfGfne
— Rob Lee (@RALee85) July 2, 2022
Per l’Institute for the Study of War, il centro studi americano che ha seguito con costanza e affidabilità tutta l’evoluzione del conflitto, gli ucraini si sarebbero ritirati “deliberatamente” dalla città. La Guardia nazionale di Kiev sostiene che invece ci sono ancora possibilità di mantenerne il controllo. La bandiera russa (e quella della Vittoria) è stata innalzata anche sul municipio di Bilohorivka — poco a ovest di Lysychansk — sostituendo il bicolore ucraino).
L’interesse su Lysychansk è particolare perché la sua resistenza ha — o aveva — valore tattico e strategico. Se gli ucraini la perdono, allora l’intera valle del Siverskiy Donets finirà in mano ai russi, che da giugno controllano anche Severodonetsk — sulla sponda opposta del fiume.
Le due città erano gli ultimi due importanti centri abitati rimasti in mano all’Ucraina. Se tatticamente il successo russo segna la presa sull’intero oblast di Lugansk, strategicamente può significare che la Russia si sta avvicinando a ciò che è considerabile (e rivendibile all’opinione pubblica interna e internazionale) come un successo.
Ora il punto sta nel comprende cosa questo potrebbe significare. Mosca si fermerà a breve — magari assestando il proprio controllo sui territori conquistati — e avvierà dei negoziati? Oppure spingerà oltre, rinvigorita, la propria avanzata? Terza via, una spinta sull’avanzata per poi arrivare a trattare dopo altri potenziali successi per allargare la propria presa sul Donbas.
Secondo l’analisi della situazione fatta dall’Economist, anche se la Russia dovesse ottenere ciò che vuole da questa guerra di attrito — soprattutto dal punto di vista narrativo — non diminuirebbe comunque il suo livello di aggressività nei confronti dell’Europa. Questo è dovuto anche al fatto che al di là della propaganda e della narrazione, per Vladimir Putin la guerra in Ucraina non ha portato vantaggi specifici.
Ammessa (e non concessa) una conquista del Donbas, o di buona parte di esso, Mosca si troverebbe in mano una fetta di territorio in più, ma si porterebbe dietro una serie maggiore di problematiche.
A cominciare dall’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, scatenato dall’aggressione in Ucraina, che significa un potenziamento lungo il fianco settentrionale di contatto tra l’alleanza e la Russia. Questo comporterà anche un aumento delle difficoltà russe nell’Artico — regione che è parte delle strategie del Cremlino.
Inoltre, la situazione economica per Mosca è pessima. Secondo i dati pubblicati da RosStat, il servizio statistico federale russo, il confronto maggio 2021 con maggio 2022 è spietato. L’indice di produzione industriale di alcuni settori è crollato: auto -96,7%,camion -39,3; motori a scoppio -57, vagoni ferroviari -59,8 e vagoni merci -51,8, cavi in fibra di vetro -80,8, frigoriferi -58,1 e lavatrici -59,2; motori elettrici -49,9 , ascensori -34,7; escavatori -60%. Molti di queste drastiche diminuzioni sono legate agli effetti delle sanzioni occidentali.
Se il ragionamento economicista interessa solo parzialmente Putin e il suo orientamento imperiale, il contraccolpo interno potrebbe essere un problema. Il degradamento delle condizioni di vita potrebbe intaccare la tenuta sociale e via via diventare sempre più difficile da controllare con la narrazione.
Anche per questo Mosca si porta avanti su alcune questioni: politici russi come la senatrice Olga Kovitidi accusano Gran Bretagna, UE e Stati Uniti di aver fomentato gli attacchi ucraini contro città russe come Belgorod e Kursk — avvenuti anche negli ultimi giorni, probabilmente tramite missili tattici Tochka-U.
Si tratta di una retorica che, come fa notare il ricercatore di Oxford Sanuel Ramani, “sarà probabilmente ripetuta nelle narrazioni del Cremlino sulla Terza guerra mondiale in corso tra Russia e NATO in Ucraina”. Uno degli asset narrativi per far assorbire ai russi il peso del peggioramento delle vivibilità.
Nella mattina di oggi, domenica 3 luglio, anche l’aeroporto di Melitopol, nella città occupata di Zaporizhzhia, è finito sotto attacchi missilistici delle forze ucraine. Un deposito di carburante è stato colpito: questo genere di bombardamenti serve a complicare le attività offensive russe (che hanno ancora problemi di carattere logistico). A centrare il bersaglio potrebbero essere stati i sistemi Himars, lanciamissili multipli forniti agli ucraini dagli americani.