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Alla Difesa servono professionisti, non coscritti. Il gen. Tricarico sulla leva

Salvini torna a invocare il ripristino della coscrizione obbligatoria, proposta prontamente bocciata dal ministro della Difesa Guerini. Ma la “naja” è davvero ciò di cui le nostre Forze armate hanno bisogno? Il commento del generale Tricarico, già comandante dell’Aeronautica

Torna nel discorso per la campagna elettorale il tema del servizio militare obbligatorio, la cosiddetta naja, evocata dal leader della Lega, Matteo Salvini, come strumento per arginare il fenomeno delle baby gang nelle città. “Reintrodurre un annetto di servizio militare per i nostri ragazzi e per le nostre ragazze potrebbe essere molto utile”, ha sostenuto il leader leghista, ipotizzando però una leva diversa da quella sospesa nel 2005 “su base regionale”. Netta la reazione del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che ha bollato l’ipotesi come una “estemporaneità da campagna elettorale senza consapevolezza”. Per fare luce sulla questione, Airpress ha intervistato il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare

Generale, c’è davvero la possibilità che l’Italia reintroduca la leva?

Ritengo che la possibilità di reintrodurre la leva in Italia sia definitivamente tramontata, soprattutto perché ormai è socialmente improponibile. Già quando è stata abolita c’era una forte contrarietà diffusa tra i giovani verso il servizio obbligatorio, e proseguire sarebbe stato veramente un atto di imperio, che confliggeva anche con la necessità di avere delle giovani reclute motivate e disposte a fare il servizio che cui erano chiamati a prestare. In altre parole, e forse questa è la cosa principale, obbligare il servizio militare oggi sarebbe offensivo nei confronti dei giovani italiani, dal momento che le Forze armate sarebbero costrette a impiegarli per i lavori più umili. Tutte le Forze armate, e l’Aeronautica dalla quale provengo in particolare, hanno ormai raggiunto un livello di professionalità tale per cui non sarebbe possibile, anche volendo, preparare in poco tempo quelle specializzazioni richieste per un utile inserimento delle reclute nello strumento militare.

Il modello professionale delle Forze armate si è ormai imposto quale mezzo cardine per assicurare il buon funzionamento dell’apparato militare. Reintrodurre la leva non sarebbe una sorta di passo indietro?

Assolutamente sì. Senza contare, poi, che ormai mancano le strutture adeguate a ricevere le eventuali classi di leva. Andrebbero riattivate, tra le altre cose, le organizzazioni e gli enti preposti, oltre a prevedere una professionalizzazione ad hoc per il personale addetto al reclutamento e alla formazione dei coscritti. Insomma, andrebbe rimessa in piedi tutta quella organizzazione che oggi non esiste più. Più proficuo della leva obbligatoria sarebbe, a mio avviso, pensare di allargare il bacino di reclutamento volontario.

In che modo?

Credo che sia ora di riflettere e di prendere in seria considerazione la possibilità di reclutare gli extracomunitari residenti nel nostro Paese. Ovviamente non c’è dubbio che questo tipo di iniziative vadano fatte con grande cautela, e ovviamente effettuando tutte le scansioni previste sotto il profilo della sicurezza e con i necessari accorgimenti. Tuttavia ritengo che questo, magari con la previsione dell’ottenimento della cittadinanza italiana dopo un periodo di servizio, possa portare ad una maggiore efficienza delle Forze armate, soprattutto se consideriamo che una volta terminata la tempesta nell’Est Europa, sperando che la Nato rivolga finalmente il suo sguardo al Sud, ci si accorgerà che l’Africa sarà il nostro prossimo scenario di intervento. In tutte le sue declinazioni, non soltanto militari, ma anche di lotta alla criminalità e al terrorismo. Vale la pena ricordare il grande supporto dato dai collaboratori afghani negli anni della nostra presenza nel Paese asiatico, e le difficoltà che sono state affrontate per poterli sottrarre alle vendette dei talebani, ammesso che ci siamo riusciti per intero. Avere allora mediatori culturali già pronti, interpreti e soldati in grado di inserirsi in contesti a loro conosciuti, e dove possono agire meglio di chiunque altro, sarà sicuramente un elemento di vantaggio per chi ne potrà disporre.

Non è la prima volta che il leader del Carroccio propone la reintroduzione della cosiddetta naja, evocata nel 2018 come misura contro il terrorismo e oggi come strumento per arginare il fenomeno delle baby gang. Una visione forse troppo securitaria delle Forze armate?

Ritengo che ci sia da augurarsi che il prossimo governo prenda in seria considerazione la riallocazione nelle giuste sedi istituzionali di certe funzioni attualmente svolte dalle Forze armate e concepibili soltanto in tempi di emergenza. In altre parole, è importante che riguardo a questi temi il ministero dell’Interno rediga un proprio progetto di adeguamento delle sue capacità, quali appunto garantire la sicurezza delle strade, nel cui contesto ricondurrei anche il fenomeno delle baby gang, e ogni altra forma di rischio, per cui impropriamente si fa uso dei militari da oltre trent’anni.


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