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Auto elettrica, il problema del piano Usa tra adozione e reshoring

Auto elettrica

Biden ha firmato il maxi-pacchetto legge che si propone di favorire la diffusione di auto elettriche e contemporaneamente riportare la produzione di batterie nel Nord America. Due obiettivi che rischiano di cozzare e hanno già fatto insorgere automaker e Ue

Martedì è diventato legge il maxi-pacchetto statunitense che comprende la versione a stelle e strisce del Green Deal. La firma del presidente Joe Biden innescherà quello che lui ha definito “il più grande passo avanti sul clima di sempre”, con delle ricadute cruciali per il mondo delle tecnologie verdi negli Usa – tra cui una serie di regole mirate ad aumentare il reshoring delle catene di valore, che ha già causato lo sconcerto dell’industria automobilistica e degli alleati.

MADE IN THE USA

Negli Usa, i veicoli a combustione interna sono responsabili per il 28% della CO2 emessa. L’obiettivo dichiarato un anno fa è arrivare a 2030 con il 50% delle nuove auto vendute elettriche, rispetto al 2% del 2021. Per farcela sono previsti sgravi fiscali: 7.500 dollari di credito per chi acquista un’auto nuova e 4.000 per l’usato, entro certi limiti, più crediti d’imposta per elettrificare le flotte aziendali.

La gabola è che per sbloccare metà di questi sgravi, gli automaker dovranno garantire che almeno il 40% dei materiali delle batterie nuove dovranno provenire dagli Usa, o da un Paese con cui Washington ha un accordo di libero scambio, a partire dal 2024. Per l’altra metà occorre fabbricare il 50% delle batterie in Nord America; questo numero aumenterà fino a raggiungere il 100% alla fine del 2028.

I veicoli con minerali provenienti da “entità straniere di interesse” non potrebbero beneficiare di alcun credito d’imposta. Tra questi c’è la Cina, che è leader mondiale nella produzione di batterie per auto e ha una presa saldissima, praticamente monopolistica, sull’industria dei materiali per costruirle. Infine, sono previsti dei limiti sul prezzo delle auto vendute per penalizzare i prodotti più costosi (l’obiettivo della legge, infatti, è favorire l’adozione tra i meno abbienti).

I PROBLEMI E LE PROTESTE

Tutti questi limiti mettono già fuori gara la maggior parte delle auto elettriche in commercio, cosa che rischia di allontanare l’obiettivo di vendita del 50% concordato tra Biden e le case automobilistiche – che difatti sono insorte. John Bozzella, presidente di un’associazione industriale che comprende Volkswagen e Toyota, ha scritto che il 70% dei modelli attuali è tagliato fuori, e quella cifra salirà al 100% quando entreranno in vigore i requisiti ulteriori.

Bilanciare l’adozione di massa delle auto elettriche e il reshoring protezionista è una sfida a dir poco titanica. Due grandi criticità: le catene di approvvigionamento sono parecchio complesse e la tracciabilità della provenienza dei minerali è uno degli aspetti più difficili da decifrare. Inoltre i prezzi dei veicoli elettrici, che già sono in aumento, risentiranno del decoupling dall’industria cinese – che al momento fornisce le batterie più economiche, in virtù della sua presa sul settore. Per di più, Ford e GM hanno già approfittato della legge per aumentare i prezzi di alcuni modelli di una cifra grossomodo equivalente allo sgravo fiscale.

Dall’altra parte dell’Atlantico, le case automobilistiche sono ugualmente preoccupate. Settimana scorsa Bruxelles ha avvertito Washington che i crediti d’imposta potrebbero violare le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e ostacolare gli sforzi congiunti per contrastare il cambiamento climatico. Una portavoce della Commissione ha definito la misura “chiaramente discriminatoria, in quanto favorisce […] la produzione di batterie e l’assemblaggio di automobili in Nord America, a scapito dei prodotti dell’Ue esportati negli Stati Uniti”.



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