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Pechino prova a tappare il buco nero dello shadow banking cinese

Il National Audit Office ispezionerà venti società fiduciarie che gestiscono e movimentano 3 mila miliardi di dollari. E che prestano denaro ai giganti del mattone, sfuggendo però al controllo del partito. Una mossa con la quale prevenire una nuova bolla di debito

 

Sarà stata la paura di una crisi finanziaria fuori controllo e per giunta dal perimetro poco chiaro. O forse il timore che dietro il collasso del mattone ci fosse qualcosa di molto più grosso. Fatto sta che la Cina ha deciso di dichiarare guerra allo shadow banking. Una parola non certo sconosciuta agli addetti ai lavori, che riporta direttamente a quel mondo in parte sommerso, in parte no, fatto di prestiti e attività bancarie nel merito ma non soggette alla regolamentazione ufficiale.

Il che ha ovviamente i suoi rischi, perché lo Stato di turno, in questo caso quello cinese, non sa chi presta denaro a chi e soprattutto quanto ne presta. Ora, forse anche sull’onda emotiva dei disastri di Evergrande e, più recentemente, del gestore di sofferenze Huarong, Pechino ha deciso di dire basta e di mettere il naso dentro i libri di 20 società fiduciarie, dentro le quali si annidano i capitali di società spesso destinatarie di finanziamenti poco limpidi agli occhi dei regolatori.

E che non siano bazzecole, lo dimostra la cifra messa sotto la lente: circa 3 mila miliardi di dollari, miliardo più, miliardo meno. La principale autorità di revisione dei conti in Cina, il National Audit Office, ha deciso infatti di avviare un’analisi approfondita del settore fiduciario (trust industry) che vale nel Paese vale per l’appunto 3 miliardi miliardi di dollari. La decisione è stata appresa non senza una certa sorpresa dal mercato e dagli operatori del settore trust. Come ha scritto Bloomberg, infatti, non c’era aria di blitz nelle società fiduciarie.

Per la cronaca, il National Audit Office è la stessa autorità che ha condotto nei mesi scorsi un esame delle esposizioni bancarie al gruppo Ant, il braccio finanziario di Alibaba e di cui il suo fondatore, Jack Ma, vorrebbe cedere il controllo. Alle società fiduciarie sarebbe stato chiesto di riferire circa i prestiti concessi ai giganti del mattone da soggetti finanziari non regolamentati. Questo, per valutare l’eventuale sussistenza di un debito ombra.

Non bisogna poi dimenticare che la stessa industria fiduciaria presta denaro all’economia reale, spesso però con finanziamenti scudati agli occhi dei regolatori, mettendo insieme le caratteristiche delle banche commerciali e di investimento, del private equity e della gestione patrimoniale. I trust erano una volta una popolare via di finanziamento per il settore immobiliare. E poi, fino a poco tempo fa, i prodotti fiduciari erano visti da ricchi individui come un luogo sicuro dove parcheggiare i propri soldi. Ora forse meno.

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