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Invasione di Taiwan entro il 2024? Gli Usa: “Non cederemo a provocazioni”

Taiwan avvia le sue esercitazioni militari per testare le proprie capacità di difendere l’isola. Una risposta anche alle manovre che Pechino continua a condurre intorno alle sue acque. Intanto il Pentagono minimizza la minaccia della Repubblica Popolare, considerata una provocazione per alterare lo status quo, “ma non abboccheremo”

Mentre proseguono per il sesto giorno consecutivo le esercitazioni militari avviate da Pechino intorno alle acque di Taiwan, le autorità della Difesa dell’isola hanno effettuato una propria esercitazione per testare le capacità delle Forze armate di Taipei di difendersi da un possibile attacco cinese. L’isola è da giorni letteralmente circondata dall’Esercito di liberazione popolare che sta conducendo una serie massiccia di manovre militari a seguito della visita a Taiwan della speaker della Camera rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, manovre definite “irresponsabili” da Taipei. Le forze armate cinesi hanno anche fatto sapere attraverso il social network Weibo che continueranno “a organizzare manovre congiunte orientate al combattimento via mare e via aerea”, concentrandosi su “operazioni di contenimento e sicurezza congiunta”. Di fronte alla minaccia di Pechino, dunque, Taiwan ha deciso di proseguire con lo svolgimento delle proprie esercitazioni militari, pianificate già prima della crisi.

La reazione di Taiwan

Le manovre delle forze armate taiwanesi hanno previsto una serie di esercitazioni con munizioni vere (live-fire), e si sono svolte a Pingtung, regione meridionale dell’isola. Taipei ha inoltre confermato le sue prossime attività addestrative per i prossimi giorni, con una esercitazione di artiglieria che vedrà il coinvolgimento di centinaia di militari e circa quaranta obici. A settembre, inoltre, Taiwan condurrà le sue annuali esercitazioni che coinvolgeranno tutte le Forze armate, sempre a Pingtung. Come ribadito da un portavoce dell’Ottavo corpo d’armata dell’Esercito taiwanese, queste attività erano già state tutte programmate e non costituiscono una risposta diretta alle manovre di Pechino.

Provocazioni cinesi

Nonostante i toni distensivi adottati da Taipei, una nota del ministero degli Esteri di Taiwan ha condannato la decisione di Pechino di allungare i tempi delle manovre militari, accusando Pechino di stare “deliberatamente aprendo una crisi, continuando a provocare” Taiwan. La difesa della Repubblica Popolare è arrivata per bocca del capo della diplomazia di Pechino, Wang Wenbin, che in conferenza stampa ha sottolineato come l’Esercito di liberazione popolare stia conducendo “normali” esercitazioni militari in maniera “aperta, trasparente e professionale”, annunciate in maniera tempestiva dal governo cinese, coerentemente con la legge nazionale e il diritto internazionale.

Le esercitazioni di Pechino

Lanciata il giorno immediatamente successivo alla visita di Pelosi, la gigantesca esercitazione militare cinese si è configurata come una vera e propria dimostrazione di forza che ha letteralmente circondato l’isola, con la partecipazione di oltre cento aerei militari e oltre una dozzina di unità della marina di Pechino, che nel corso delle operazioni hanno anche effettuato dei tiri con munizioni vere (live-fire). Le esercitazioni avrebbero dovuto concludersi domenica, ma il governo cinese ha annunciato l’intenzione di proseguire con attività di addestramento “regolari”, “in condizioni di guerra reale, concentrato sull’organizzazione delle operazioni di guerra anti-sottomarino e sugli attacchi navali” lungo il braccio di mare che la separa dall’isola, anche oltre la linea mediana.

La linea mediana

Nel fine settimana, tra l’altro, Una decina di unità militari delle due Cine hanno navigato a breve distanza nello stretto, e una delle imbarcazioni cinesi avrebbe anche attraversato per un tratto la linea che segna il confine de facto tra Repubblica Popolare Cinese e Repubblica di Cina. Non è la prima volta che accade durante le attività militari di Pechino. Nel corso della sola ultima giornata ufficiale delle manovre, il ministero della Difesa di Taiwan ha rivelato di aver intercettato 66 aerei e quattordici navi da guerra cinesi impegnate nelle operazioni intorno al suo spazio aeronavale, costantemente monitorate dalle forze armate dell’isola. Inoltre, 22 aerei hanno sorvolato la linea mediana lambendo il limite sud-occidentale della Zona d’identificazione della difesa aerea taiwanese.

Comando e controllo

Le esercitazioni sono servite a Pechino soprattutto per testare le proprie capacità interforze e di comando e controllo. Per tutta la durata delle attività, coordinate dal Comando orientale dell’Esercito di liberazione popolare, le forze armate cinesi hanno condotto delle operazioni articolate e complesse, con il coinvolgimento contemporaneo e coordinato di missili balistici, caccia e droni in regioni diverse. Soprattutto i droni sono stati utilizzati con attenzione e in sinergia con le altre capacità, come dimostrato nell’area di Kinmen, un piccolo arcipelago controllato da Taiwan, dove due droni militari cinesi hanno sorvolato le isole due volte prima di venire dispersi dalla reazione delle forze armate di Taipei con il lancio di bengala.

Il Pentagono non abbocca

Intanto, però, il Pentagono minimizza la minaccia cinese su Taiwan, smentendo le notizie secondo cui gli Stati Uniti riterrebbero possibile un’invasione dell’isola entro il 2024. “È chiaro che la Repubblica Popolare sta cercando di forzare la mano a Taiwan e alla comunità internazionale. Non abboccheremo all’amo e non funzionerà”, ha dichiarato il sottosegretario alla politica di Difesa degli Stati Uniti, Colin Kahl, in conferenza stampa. “È una crisi costruita – ha proseguito il Kahl – ma questo non significa che dobbiamo partecipare. Credo che questo andrebbe solo a vantaggio di Pechino. Continueremo invece a volare, a navigare e a operare ovunque il diritto internazionale ci consenta di farlo, anche nello Stretto di Taiwan, e continueremo a stare al fianco dei nostri alleati e partner nella regione”.

Impatti a lungo termine

Il Pentagono, comunque, continua ad osservare attentamente le dimostrazioni militari di Pechino. “È chiaro che stanno cercando di farsi largo verso un nuovo status quo” ha proseguito l’alto funzionario del dipartimento della Difesa, registrando però come le attività della Cina non sembrino aver avuto per ora un grande impatto sull’economia globale. “Ovviamente – ha specificato Kahl – potrebbe esserci un momento in cui la Cina potrebbe decidersi a impegnarsi in attività che avrebbero conseguenze economiche” soprattutto vista la dipendenza globale del mercato dei semiconduttori dalla produzione di Taiwan.

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