Alle Officine Farneto l’inaugurazione di Impegno civico, il nuovo rassemblement guidato da Luigi Di Maio con il Centro democratico di Bruno Tabacci. Agenda Draghi e patto anti-destre, l’orizzonte guarda al Nazareno. In aula risate e veleni per Carlo Calenda, che mette chilometri con Enrico Letta
Sulle note di David Bowie prende forma l’Impegno civico di Luigi Di Maio. We can be heroes, oltre il 25 settembre. Nelle Officine Farneto, area convegni a pochi metri dalla sua Farnesina, il leader della nuova formazione inaugura il rassemblement con il Centro Democratico di Bruno Tabacci.
In sala è seduto tutto lo stato maggiore della pattuglia che lo scorso 22 giugno ha lasciato il Movimento Cinque Stelle dandosi il nome provvisorio di Insieme per il Futuro (Ipif). I capigruppo alla Camera e al Senato, Iolanda Di Stasio e Primo Di Nicola, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano e il fedelissimo Vincenzo Spadafora, la viceministra al Mef uscente Laura Castelli, la presidente della Commissione Banche Carla Ruocco, l’ex ministra all’Istruzione Lucia Azzolina.
Sul palco, a condurre il tam tam di interventi, Emilio Carelli, giornalista e parlamentare uscito un anno e mezzo fa dal Movimento e ora ricongiunto al leader di Pomigliano D’Arco. Volti noti del mondo grillino con cui si è creata, vanno ripetendo, “una frattura insanabile”. E lo dimostra l’ultimo post del Garante pentastellato Beppe Grillo, che sul suo blog, con l’ennesimo ritorno a effetto sulle scene, ha paragonato il gruppo scissionista a un esercito di zombie, con tanto di foto di un album “in regalo in edicola” twittata.
Di Maio non risponde alla stoccata e va avanti. Sale sul palco per ultimo dopo aver ascoltato uno ad uno gli interventi dei nuovi compagni di avventura. Tra questi, c’è chi come Spadafora non aggira “gli errori e le sottovalutazioni” del passato né lesina colpi al Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte e a quelle scelte “rivendicate oggi da chi di quella storia non ha mai davvero fatto parte”. Applausi a singhiozzo, a dimostrazione che il divorzio dalla casa madre ancora brucia, crea qualche imbarazzo. Perché della storia del Movimento, che è anche una storia di governo, i colonnelli in sala sono stati protagonisti. A partire da Di Maio, che infatti non rinnega del tutto “un percorso iniziato dieci anni fa” con l’obiettivo, dice, “di raccogliere le istanze sociali della popolazione, di andare al governo per fare le riforme e cambiare il Paese”. E però “qualcosa si è rotto”, aggiunge, parlando di una “frattura incolmabile”.
Il ministro degli Esteri si riprende i riflettori all’indomani di una giornata di polemiche. Quelle che hanno accompagnato i rumors – poi smentiti dal diretto interessato – di una candidatura “blindata” dal Pd nell’uninominale di Modena. A pochi chilometri da quella Bibbiano degli scandali, veri o presunti, su cui l’ex capo politico del Movimento Cinque Stelle ha costruito una crociata politica proprio contro il Nazareno.
Al Pd invece Di Maio tende oggi una mano. Lo fa invocando un’alleanza del “fronte riformista” contro “le destre”, perché “il governo Draghi è stato fatto cadere da estremisti, da persone che hanno messo al centro Putin” e “contro di loro serve unità”. Il ministro rivendica in toto l’agenda Draghi che il segretario dem Enrico Letta ha detto di voler difendere in campagna elettorale. Un’agenda ancora viva, dice Di Maio, perché il governo Draghi, in carica per gli affari correnti, non ha ancora finito la sua missione. C’è ad esempio la battaglia europea del price-cap, il tetto al prezzo del gas che il presidente del Consiglio ha lanciato per primo nel consesso dei leader europei. Un antidoto al ricatto energetico russo che ora va difeso da tutti i partiti in campagna elettorale, è l’appello del leader di Impegno civico. Di qui l’annuncio di una lettera aperta a tutte le forze politiche per sostenere il premier nella trattativa europea prima della sfida alle urne.
Nessun riferimento esplicito a Carlo Calenda, il leader di Azione intento a tessere il terzo polo centrista. Fatta salvo un passaggio su “ligiti, ironie e veti” da “lasciare agli estremisti”, Di Maio non risponde ai continui colpi che l’ex ministro dello Sviluppo economico gli scaglia contro in queste ore. Nel salone però non si parla d’altro dell’intervista di Calenda al Corriere della Sera con un aut-aut a Letta: o con noi, “o con Di Maio, Fratoianni e Bonelli”.
“Questa legge elettorale parla chiaro, Calenda si prenderà le sue responsabilità”, riflette ad alta voce un big del neonato partito presagendo un tonfo nella corsa solitaria di Calenda alle urne (insieme a Più Europa). In un altro capannello si commenta un sondaggio interno che gira tra i calendiani e dà il blocco solitario, senza alleanze pre-voto, oltre il 20%. Seguono risate. A bastonare il leader di Azione ci pensa il democristiano Tabacci, che grazie al simbolo di Centro Democratico permetterà al progetto di Di Maio di presentarsi alle urne. “Leggo di polemiche. Chiedete a Calenda che simbolo utilizza. Ha fatto una raccolta firme? No, usa il simbolo di Più Europa, senza di noi non si sarebbe mai potuto candidare”, è l’affondo dell’ex governatore della Lombardia che vince l’applausometro.
È sempre l’ex Dc a sciorinare il Dna del nuovo partito. Addio ai tempi del vaffa, perché “credere di fare un governo sommando polemiche è stato un errore”. E l’olimpo dei riferimenti del tandem Di Maio-Tabacci richiamati nella convention inaugurale dà il polso del cambio di fase: De Gasperi, Sturzo, papa Francesco.
A fine mattinata alle spalle di Di Maio compare il nuovo logo. Su un cerchio verde acqua e arancione, diviso da una fascia tricolore, spiccano le scritte “Impegno civico” e “Di Maio”. Accanto, la figura stilizzata di un’ape, simbolo della transizione ecologica, dice il leader (anche se in sala e fuori si sprecano battute sull’ “Ape Maio”). Il progetto ha preso forma, il percorso un po’ meno. Metà politica italiana attende ora un segnale da Letta che in giornata scioglierà la riserva. La direzione nazionale convocata dal segretario dirà una volta per tutte quanto largo sarà il campo progressista.