È “improbabile” che le scelte di Roma contraddicano i suoi partner transatlantici. Ma lo è anche l’interruzione delle relazioni con Mosca e Pechino. Ecco cosa scrivono Pantucci e Tafuro Ambrosetti
È “improbabile” che le scelte dell’Italia contraddicano totalmente i suoi partner transatlantici. Ma allo stesso tempo è altrettanto “improbabile” che l’Italia cerchi di interrompere completamente le relazioni con la Cina e la Russia. Una decisione “guidata principalmente” dal pensiero strategico nazionale e non da influenze o interferenze esterne. Sono le conclusioni contenute in “Russian and Chinese Influence in Italy”, rapporto di Raffaello Pantucci e Eleonora Tafuro Ambrosetti per il Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, uno dei principali centri studi del Regno Unito, che esamina i legami politici, culturali, storici ed economici dell’Italia con le due potenze.
Il documento sottolinea come l’Italia sia uno dei principali sostenitori nell’Unione europea del dialogo e della cooperazione sia con la Russia sia con la Cina e ricorda la tradizione politica italiana di “cercare di stare nel mezzo”, a prescindere dai partiti al governo vista l’instabilità che segna la politica italiana. Inoltre, evidenzia la capacità dell’Italia di far progredire le relazioni. Tuttavia, “è chiaro che i tentativi di interferenza e le connessioni economiche esistenti tra le tre potenze giocano un ruolo nell’influenzare la pianificazione italiana”.
Mosca e Pechino vedono l’Italia come “una potenza utile a sostenerle, dato il suo ruolo di primo piano nel G7 e come membro centrale della Nato e dell’Unione europea”, scrivono gli esperti. Ma con delle differenze. “La Russia sembra vedere l’Italia come un partner più importante di quanto non faccia la Cina”, continuano. Infatti, “se da un lato Pechino apprezza il ruolo utile di Roma nel cercare di indebolire le alleanze transatlantiche contro la Cina, dall’altro il Politburo sembra relativamente disinteressato all’Italia, come testimonia il numero limitato di visite dei principali leader cinesi in Italia”.
Gli esperti ricordano i primi giorni della pandemia Covid-19, a inizio 2020, quando c’è stata una certa attenzione da parte della Cina e della sua diplomazia pubblica nei confronti dell’Italia, primo e unico Paese del G7 a firmare il memorandum d’intesa sulla Via della Seta nel marzo 2019. “Ma ciò è sembrato pragmatico e alla fine non ha portato a un grande cambiamento di prospettive. Le relazioni economiche sembrano guidate da interessi industriali, che rispondono a obiettivi governativi più ampi di miglioramento della base industriale e tecnologica cinese nell’ambito della visione economica nazionale Made in China 2025 e, più semplicemente, di buone opportunità economiche per le imprese cinesi ricche di liquidità. Al contrario, [Vladimir] Putin ha cercato spesso e apertamente di usare Roma per dimostrare la mancanza di uniformità delle opinioni europee (o transatlantiche) nei confronti della Russia”.
Il documento è stato redatto prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e, dunque, anche prima dello scioglimento delle Camere. Ma i due autori sottolineano comunque come durante la breve esperienza di Mario Draghi come presidente del Consiglio, l’Italia abbia “in gran parte consolidato i suoi legami transatlantici ed europei nella politica russa. Se da un lato Roma ha condannato duramente l’invasione, dall’altro la successiva spinta dell’Italia a sostenere le posizioni della Nato, degli Stati Uniti e dell’Europa a favore dell’Ucraina ha evidenziato l’importanza delle relazioni transatlantiche per Roma e ha minato la narrativa secondo cui l’Italia sarebbe in balia della Russia. Naturalmente, resta da vedere come l’Italia (come altre potenze) affronterà la guerra e la Russia nel lungo periodo”, concludono.