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La flat tax è possibile, puntare tutto sulla Bce è impossibile. Parla Lombardi

L’economista, ex membro del board del Fmi: la tassa forfettaria semplifica e genera crescita allo stesso tempo, cosa che i bonus non fanno. Il governo che verrà dovrà partire dal fisco. L’inflazione? La Bce da sola non basta, altrimenti di tassi alti si muore. I prezzi energetici resteranno alti anche negli anni a venire

La flat tax è come un disco, una volta terminato, c’è sempre qualcuno pronto a rimetterlo. E lo stesso accade in questi giorni d’agosto, con i partiti al rush finale per la presentazione delle liste, in vista delle elezioni del prossimo 25 settembre. Eppure una tassa piatta, sotto forma di imposta unica in sostituzione dei quattro scaglioni Irpef compresi tra chi guadagna fino a 15 mila euro annui e chi oltre 50, potrebbe essere il primo vero passo verso quel riassetto fiscale da troppo tempo invocato da imprese, famiglie, professionisti.

Di questo almeno è convinto Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, che a Formiche.net spiega le ragioni a monte di un intervento tributario non così circoscritto come qualcuno crede. La Lega la vuole al 15% ed estesa ai dipendenti, Forza Italia al 23%, con costi oscillanti tra i 15 miliardi immaginati dal Carroccio e i 60 stimati da alcuni economisti. Ma sposta poco, la flat tax serve. O meglio, servirebbe.

La campagna elettorale è ripartita, ancora una volta sotto il segno della flat tax.

Facciamo una premessa. Il sistema fiscale attuale non ha agevolato la crescita dell’Italia fino ad oggi. Non lo dico io, ma le variabili di finanza pubblica. Detto questo, premessa nella premessa, la flat tax già esiste nel nostro ordinamento tributario, in casi circoscritti. Ma allargarne lo spettro vuol dire incentivare il Pil e dare al fisco italiano quell’assetto finalmente degno di un’economia avanzata.

Detta così, Lombardi, la tassa forfettaria sembra cosa buona e giusta. Eppure non ci siamo ancora arrivati…

Perché è mancato, finora, il punto di sintesi. Ho letto in questi giorni tante analisi sui costi della tassa piatta. Ma occorre sottolineare i benefici che tale misura può creare, se si guarda solo al costo allora non se ne esce. Voglio dire, i bonus che abbiamo conosciuto in questi anni costano e tanto. Ma generano crescita? Forse no. La flat tax costa, è vero, ma crea equità e Pil. Non mi pare la stessa cosa.

Allora, consiglio non richiesto al governo che verrà.

Lavorare per la crescita e combattere la povertà. E troppe tasse creano troppi poveri.

Qualunque esecutivo esca dalle prossime urne, non potrà non mettere la questione fiscale al centro dell’agenda. Volendo andare oltre l’imposta forfettaria, che cos’altro si può fare?

Tanto per cominciare occorre pensare al fiscal drag (il drenaggio fiscale, la situazione in cui si verifica un aumento della pressione fiscale sul reddito a causa di una inflazione in forte crescita, ndr). Con un’inflazione alta, come in questi mesi rischiamo di pagare tutti più tasse. Bisogna restituire risorse, per il solo fatto che si pagano più tasse a causa dell’inflazione. E poi c’è l’altro grande problema.

Vale a dire?

Il ceto medio, che oggi è schiacciato da un’imposizione fuori da ogni logica, con o senza flat tax. Serve una grande opera di semplificazione, di cui l’imposta unica è il primo mattone. E sa cosa aiuterebbe, oltre a una volontà politica di mettere mano al fisco? Il fatto che l’Agenzia delle Entrate recuperi i suoi crediti inesigibili. Se fosse una banca avrebbe già recuperato tali crediti. In questo senso sarebbe utile un approccio più cooperativo tra fisco e contribuente, che vada oltre l’accertamento, andando oltre la conflittualità. Evitando, insomma, le liti fiscali che intasano spesso i tribunali.

Lei ha citato l’inflazione, il nemico pubblico numero uno dei redditi fissi, ma non solo. Prospettive?

Direi che è probabile che l’inflazione nei prossimi mesi si stabilizzi, anche perché la Banca centrale europea ha cominciato a intervenire. Il mio timore è semmai che tale frenata venga raggiunta solo con le strette monetarie, il che vuol dire alti tassi. Non si può solo immaginare che la Bce risolva il problema, a suon di rialzi. Ma serve crescita e meno tasse.

Converrà che un’inflazione legata ai beni energetici e non alla domanda, come negli Usa, è molto più insidiosa e difficile da combattere.

Sì, ed è diverso anche dagli anni ’70, quando la crisi petrolifera generò un razionamento. Oggi la crisi energetica si sovrappone alla transizione, con le fonti rinnovabili che non riescono a soddisfare la domanda. I prezzi dell’energia rimarranno alti, non altissimi, ma alti. E a questo noi dobbiamo prepararci.

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