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Maria Adela e le altre spie di Putin in Italia

È la più clamorosa operazione d’intelligence russa nel nostro Paese. Ma non è l’unica. Basti pensare a Biot e Korshunov. I precedenti e il ruolo dell’ambasciata a Roma

Maria Adela Kuhfeldt Rivera è “la protagonista della più clamorosa operazione d’intelligence” realizzata dalla Russia in Italia. La donna, nata in Perù da padre tedesco e inseritasi nei circoli mondani di Napoli per riuscire poi a infiltrarsi tra il personale della base Nato e della VI Flotta statunitense, è stata al centro di un’inchiesta condotta per dieci mesi dal quotidiano Repubblica insieme al sito investigativo Bellingcat, al settimanale tedesco Der Spiegel e a The Insider.

La traccia principale che la collega ai servizi segreti di Mosca è il passaporto russo usato per entrare in Italia: appartiene alla stessa serie speciale utilizzata dagli uomini del GRU, l’intelligence militare russa. L’inchiesta, come spiegano gli autori, non è riuscita a ricostruire quali informazioni siano state ottenute dalla spia, né se sia stata capace di seminare virus informatici nei telefoni e nei computer dei suoi amici. È però entrata in contatto con figure chiave della Nato e della Marina statunitense: nessun agente russo era mai riuscito a penetrare così in profondità il vertice dell’Alleanza atlantica.

Ma non è l’unico caso.

C’è quello di Walter Biot, l’ufficiale della Marina arrestato a fine marzo dell’anno scorso (cioè nella fase in cui Mosca stava movimentando migliaia di soldati pronti al combattimento in Ucraina) che aveva passato a un diplomatico russo segreti Nato in cambio di 5.000 euro. È costretto a difendersi in due diversi procedimenti e rischia un doppio ergastolo.

Ma c’è anche quello di Alexander Korshunov, magnate russo formatosi nell’Svr (i servizi segreti russi per l’estero), accusato di spionaggio industriale ai danni di Avio Aero (GE Aviation) con la complicità dell’ex dirigente italiano Maurizio Paolo Bianchi: era stato arrestato in Italia nel 2019 su mandato dell’FBI ma l’estate successiva l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (governo giallorosso) aveva deciso di “restituirlo” alla Russia.

Inoltre, quello di un ufficiale francese, un tenente colonnello di cui non si è mai conosciuta l’identità, di stanza nella base Nato di Napoli, prelevato nell’estate del 2020 dalla Dgsi, l’intelligence interna francese a cui è affidato il controspionaggio, durante gli ultimi giorni di vacanza, prima di rientrare in Italia, dove teneva i rapporti con l’ufficiale del GRU che l’aveva reclutato.

Infine, il 5 aprile scorso, il governo Draghi ha annunciato l’espulsione di 30 diplomatici russi per ragioni di sicurezza nazionale. Una misura che, come spiegato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, è stata assunta “in accordo con altri partner europei e atlantici” nel contesto della situazione di “crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa”. Si stima che un terzo della rappresentanza russa in Italia sia composta da operativi di tutte e tre le principali agenzie russe, cioè GRU (intelligence militare), SVR (spionaggio) e FSB (controspionaggio).

Fatti recenti, avvenuti tutti durante il mandato di Sergey Razov come ambasciatore russo in Italia. E non è la prima volta che sotto il mandato di Razov si verificano episodi di diplomatici accusati di spionaggio. Come ricordato su Formiche.net, il 20 gennaio 2000 il diplomatico, allora ambasciatore a Varsavia, è stato convocato al ministero degli Esteri polacco per la notifica dell’espulsione di nove membri dello staff diplomatico russo accusati di essere coinvolti in “operazioni di spionaggio attivo” contro il Paese ospitante. È stata la prima espulsione di diplomatici russi dal 1993 da parte della Polonia, Paese alleato dell’Unione Sovietica (è sufficiente citare il Patto di Varsavia, appunto). È avvenuta neppure un anno dopo l’ingresso della Polonia nella Nato.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’ambasciata russa a Roma si è trovata davanti alla difficoltà di raccontare a Mosca un’Italia diversa, quella in cui il governo di Mario Draghi ha scelto la linea dell’intransigenza europeista e atlantista. L’ambasciatore Razov è rimasto spiazzato, in difficoltà come dimostrano dichiarazioni aggressive che non rispecchiano il suo spirito, come hanno raccontato persone che lo conoscono. I suoi uomini, intanto, hanno continuato a lavorare. Il caso più clamoroso è quello di Oleg Kostyukov, funzionario d’ambasciata e figlio del direttore dell’intelligence militare russa Igor Kostyukov. Il diplomatico, in Italia dal 2019, è l’uomo che ha acquistato i biglietti aerei per la missione di Matteo Salvini, leader della Lega a Mosca, poi saltata dopo che la notizia del viaggio è stata resa nota. C’è poi Daria Pushkova, la cui attività è stata raccontata dal quotidiano Domani. È una giornalista, figlia di Aleksej Puskov, esponente del partito Russia unita di cui dirige il comitato sull’informazione. In Italia lavora come direttrice del centro di scienza e cultura dell’ambasciata ma è stata spesso ospite sui media italiani per portare il punto di vista della Russia.

Come dimenticare, infine, lo Scheherazade, il favoloso yacht di 140 metri che si trova in un cantiere navale di Carrara. Ora è sequestrato dalla Guardia di Finanza che sospettano che dietro una fitta rete di società e prestanome si nasconderebbe il vero proprietario: il presidente Vladimir Putin. Come raccontato da Repubblica, durante gli accertamenti la Finanza ha compiuto un blitz a sorpresa a bordo del panfilo identificando l’equipaggio: i nomi sono tutti quelli di funzionari del GRU, noti all’intelligence italiana. La mattina dopo, al loro ritorno a bordo, i finanzieri non trovano che un paio di marinai con passaporto inglese. Gli altri erano già spariti nel nulla.

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