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Quirinale e Credo, così Salvini e Berlusconi si complicano la vita da soli

Oltre all’imbarazzo c’è preoccupazione nel centrodestra per l’emorragia di voti già registrata dai sondaggi per le ultime tafazzate di Berlusconi e Salvini sul Colle e sul simil Credo. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Cornetti rossi e salmi religiosi. Non per superstizione e neanche per fede, ma nel centro destra sta comunque crescendo il timore per la doppia maledizione del Quirinale e dell’emulazione politica del Credo cattolico. Sondaggi alla mano e constatazione diretta fra la gente e sui social dello sdegno suscitato, a Fratelli d’Italia è scattato l’allarme per la valanga di autogol elettorali che stanno collezionando Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

Oltre alla gravità istituzionale del coinvolgimento personale e della delegittimazione del ruolo di garante della Costituzione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, le affermazioni al limite della mala fede del leader di Forza Italia su un presidenzialismo ancora tutto da definire, incardinare e varare, stanno scuotendo in profondità l’opinione pubblica.

Analogo lo smarrimento, l’incredulità e la condanna per lo “smorfiamento“ da parte del segretario della Lega della preghiera del Credo, sintesi profonda e insieme manifesto vissuto della religione cristiana.

Difficile valutare quali dei due giganteschi harakiri politici determinerà più crolli di voti. Quella che potrebbe definirsi la maledizione del Quirinale, in realtà si sarebbe già manifestata nei confronti di Berlusconi, Salvini e del centro destra, usciti pesantemente sconfitti e profondamente divisi dalle elezioni presidenziali di inizio anno che determinarono la mortificante ritirata del Cavaliere, la netta bocciatura di tutti i candidati di area e la rielezione a furor di popolo di Mattarella.

Evocare senza alcun fondamento, e per di più con uno sfacciato ed anche ridicolo interesse personale, le dimissioni del Capo dello Stato significa mettersi contro il vastissimo e sincero consenso popolare di Mattarella, applaudito e acclamato a lungo dovunque e considerato dalla stragrande maggioranza degli italiani l’imparziale baricentro che in questi drammatici anni ha assicurato la stabilità democratica del Paese. Dopo Draghi, mettere in discussione Mattarella sarebbe davvero troppo.

Il berlusconi-pensiero fa scattare inoltre più di un sospetto che Lega e Forza Italia si muovano su un livello alternativo a quello di Giorgia Meloni. Un livello populista. Punto. O Putin? fanno capire con molto imbarazzo e preoccupazione nel centrodestra, latitudine Fd’I.

Ombre russe confermate anche dalla strana assonanza del credo leghista in incenso salviniano, col termine credo ripetuto 22 volte, con i recenti deliri pseudo religiosi, e invece molto propagandistico-politici, del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill.

In attesa delle eventuali valutazioni vaticane, quanto meno della Conferenza Episcopale italiana, gli ambienti cattolici ribollono di anatemi per quella che considerano una iniziativa “fuori dalla grazia di Dio”, afferma un parroco alzando gli occhi al cielo.

A parte la reiterazione della strumentalizzazione dei simboli religiosi, allo sconcerto si aggiunge la domanda: ma a chi bisognerebbe credere? A Salvini?

Insomma elezioni a perdere in progress, con una campagna elettorale caratterizzata da un festival di autogol e colpi di scena che fanno apparire Tafazzi un dilettante dell’autoflagellazione.

Difficile scegliere il primatista dell’autogol più clamoroso fra il leader della Lega quello di Forza Italia. Dopo il golpe politico antiDraghi e il repentino taglio seguito da precipitosa ricrescita della barba, Salvini ha toccato i vertici del precipizio dei consensi con le immagini in costume e le mani sui fianchi a Lampedusa.

Facile immaginare che, visto il contesto da neurodeliri, che Giorgia Meloni non veda l’ora di presentare le liste dei propri candidati e andare a votare, prima che una tafazzata di troppo degli alleati comprometta quel che resta delle già molto complicate prospettive politiche per il dopo 25 settembre.

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