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Lezioni dall’attentato alle Torri Gemelle. Scrive l’amb. Castellaneta

Una vicenda che ha un lato positivo: noi occidentali abbiamo capito che non potevamo più solamente coltivare il nostro lato di Venere ma che dovevamo anche fare i conti con la nostra parte di Marte. Il commento dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta

Penso che non sarà mai superfluo ricordare gli eventi dell’11 settembre 2001 scomparsi in questi giorni dalla attenzione dei media. Anche se sono passati ormai più di vent’anni da quella giornata che ancora oggi sembra incredibile, ripensare a quei terribili attentati è importante per comprendere come è cambiato il mondo durante questi primi decenni del XXI secolo.

Sembra scontato dire che mi ricordavo perfettamente dove mi trovassi e cosa stessi facendo quel giorno, ma credo che sia una sensazione comune a tutti: chi non ricorda dove fosse intorno alle 14 dell’11 settembre? A maggior ragione nel mio caso, dato che si trattava del mio compleanno (e da allora ho deciso di anticipare ogni festeggiamento al giorno prima). Stavo camminando nei pressi di Palazzo Chigi (ai tempi infatti ero il consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei ministri), quando ricevetti una telefonata da Gianni Letta (allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) che mi chiese di tornare immediatamente in ufficio. Ricordo che restammo incollati alla televisione, mentre mi mettevo in contatto con la situation room alla Casa Bianca: dall’altro capo della linea l’ufficio di Condoleezza Rice, che era nei fatti il mio omologo anche se in Italia non esiste la figura del Consigliere per la sicurezza nazionale (e invece sarebbe molto importante pur tenendo conto delle nostre tradizioni e sistema politico diverso). Rice mi confermò che si trattava di un attentato e organizzammo dunque una riunione d’urgenza convocando tutti i ministri competenti per coordinare la risposta del governo. Devo dire che il nostro Paese rispose in maniera abbastanza pronta ed efficace, anche se la nostra amministrazione non era ancora preparata per fronteggiare eventi di quel tipo.

Ventuno anni dopo, che lezioni possiamo trarre da quel tragico evento? È chiaro che “9/11” è stata una data spartiacque nella storia delle relazioni internazionali e nel modo con cui si conduce la politica estera. Gli Stati Uniti non erano pronti – ma qualunque altra potenza occidentale lo sarebbe stata – a fronteggiare un’azione terroristica così eclatante e in larga scala, preparata con una minuziosità impareggiabile, persino nell’orario scelto: la prima mattinata negli Stati Uniti ha consentito che in tutti i principali fusi orari la gente fosse sveglia e in grado di assistere a quel tragico spettacolo in quella che fu forse la prima, vera diretta globale in un’epoca in cui peraltro non esistevano ancora smartphone e social media.

Fu un momento in cui l’Occidente si scoprì inaspettatamente vulnerabile e la risposta che ne seguì ha contribuito a cambiare la geografia delle relazioni internazionali, purtroppo in maniera più instabile. Due decenni dopo, è evidente che le missioni in Afghanistan e in Iraq non siano state un successo, contribuendo ad alzare l’incertezza in tutta la regione mediorientale e agendo da detonatore per un mondo che oggi è sempre più frammentato: dell’euforia che regnava negli anni Novanta in seguito alla fine della Guerra Fredda non è rimasto più nulla.

Se però possiamo cercare di vedere il lato positivo di tutta questa situazione, pensiamo al fatto che, dopo l’11 settembre, noi occidentali e con l’indispensabile guida del Paese più forte, gli Stati Uniti, abbiamo capito che non potevamo più solamente coltivare il nostro lato di Venere ma che dovevamo anche fare i conti con la nostra parte di Marte, considerando che le esigenze di difesa e Sicurezza nazionali sono ineludibili. Un monito che del resto si è rifatto vivo pochi mesi fa in seguito all’invasione russa dell’Ucraina e al quale abbiamo saputo rispondere con rapidità ed efficacia, ricompattando la Nato e dimostrandoci disponibili a difendere i valori della democrazia e della libertà.

La politica estera si vive nell’oggi guardando al futuro come nelle nostre vite personali. Difendere i valori sui quali si basa la nostra civiltà impone anche di ricorrere alla forza se attaccati, ma utilizzando prima tutti i mezzi pacifici a disposizione e in primo luogo la diplomazia, che è e rimane il più antico strumento di composizione delle controversie internazionali. L’11 settembre è stato un avvenimento doloroso ed epocale ma almeno ha fatto chiarezza nei rapporti internazionali e ci ha indicato a supporto delle politiche dei governi occidentali, chi sono gli amici e chi i nemici.


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