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Dall’Albania passa il ruolo italiano nei Balcani

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

La visita del presidente Mattarella in Albania e Macedonia del Nord a suggello dei negoziati con l’Ue ribadisce anche il potenziale ruolo di Roma nella regione

“Nel suo percorso euroatlantico l’Albania è fortunata ad aver trovato un Paese amico come l’Italia che ha avuto sempre come priorità l’integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione europea”. Sono le parole con cui il presidente albanese Bairam Begaj ha commentato con la stampa il colloquio con l’omologo italiano Sergio Mattarella, in visita a Tirana, prima tappa del suo viaggio nei Balcani occidentali (la seconda a Skopje) a suggello dell’avvio dei negoziati per l’ingresso di Albania e Macedonia del Nord nell’Unione europea.

Il presidente Mattarella ha evidenziato il legame accresciuto dalle comunità albanesi che vivono in Italia, come quelle italiane nel Paese delle Aquile, e spiegato che “ci sono tutte le condizioni per far crescere ulteriormente la cooperazione e gli investimenti italiani in Albania”. L’Italia è il principale partner commerciale dell’Albania. Ma non è tutto. Il presidente Begaj, dal canto suo, ha evidenziato la volontà di una “maggiore cooperazione economica”, il ruolo strategico del Tap per l’intera area nel campo della diversificazione dell’energia, il sostegno italiano al Kosovo, oltreché al percorso euro-atlantico dell’intera regione.

A giugno, in occasione della visita a Tirana del presidente del Consiglio Mario Draghi, Federico Niglia, professore di Storia delle relazioni internazionali all’Università per stranieri di Perugia, aveva evidenziato a Formiche.net come l’Albania rappresenti uno dei fondamentali della politica estera italiana. Il rapporto bilaterale, aveva spiegato, “nell’ultimo trentennio è stato coltivato da tutti i governi, a prescindere dal colore politico e l’Albania ha rappresentato per l’Italia, con la missione Alba, il primo momento dopo la Guerra fredda come Paese stabilizzatore della regione”. Oggi l’impegno italiano verso l’Albania riflette la ricerca della “meridionalizzazione dell’Unione europea, necessaria innanzitutto per motivi geografici e oggi possibile anche alla luce degli sviluppi dei Paesi della regione”, aveva aggiunto.

La Cina guarda all’Albania nel lungo termine con attività economiche pensate, come ha evidenziato un recente report Cepa, per aumentare la dipendenza economica del Paese balcanico. La Russia lavora sul breve-medio termine, per alimentare divisioni in Occidente. L’Iran, invece, ha ormai da diversi anni un conto aperto con l’Albania palesatosi nella giornata di mercoledì con la rottura delle relazione diplomatiche dopo un cyber-attacco iraniano contro le infrastrutture critiche albanesi. La Turchia è protagonista di attività politiche, militari, economiche in questa fascia di convergenza strategica, dove è allo stesso tempo partner e competitor – e pensa alla costruzione del proprio consensus e un proprio ruolo nella stabilità regionale.

In questo contesto, il soft power quanto lo hard power dell’Italia possono rappresentare elementi cruciali nell’assicurare il percorso euro-atlantico dell’Albania e della regione in generale. I Balcani sono individuati da settori importanti dell’amministrazione italiana come una regione cruciale per la proiezione internazionale di Roma.

“Nei Balcani incrementeremo il nostro sforzo e il consolidato sostegno all’azione della Comunità Internazionale volta a contenere le tensioni etnico/politiche e favorire l’inclusione della regione nello spazio di sicurezza europeo ed atlantico”, spiega il recente Concetto Strategico del Capo di Stato maggiore della Difesa. In quest’area di prioritario interesse nazionale l’obiettivo è quello di valorizzare gli sforzi per favorire lo sviluppo di cooperazioni multilaterali (per esempio, la Defence Cooperation Initiative-DECI con il suo risvolto NATO del Framework Nation Concept, l’Adriatic Ionian Initiative-ADRION nei Balcani occidentali e nella regione Adriatico Ionica) e bilaterali, condividendo visioni comuni su missioni e operazioni.

“In tal modo, saremo in grado di ricercare convergenza di vedute e strategie, veicolandole anche nei consessi internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite, dalla Nato e dall’Unione Europea”, prosegue il documento. La regione ha criticità e sensibilità in grado di attivarsi con estrema rapidità, data la persistenza di questioni annose e parzialmente irrisolte, all’interno delle quali si muovono anche attività di interferenza di attori rivali.

Un esempio è il riemergere delle tensioni tra Kosovo e Serbia, che toccano da vicino l’Italia (per l’impegno di primo piano nella missione missione di stabilità Kfor), la Nato (che quella missione coordina) e l’Albania (che da membro dell’alleanza sostiene il percorso di integrazione di Pristina). Come spiegava su queste colonne Matteo Bressan, docente di Studi strategici della Lumsa, l’Italia “deve sostenere gli sforzi dell’Unione europea nell’ambito del dialogo Belgrado-Pristina” e degli Stati Uniti, nella normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo per stabilizzare una regione, quella dei Balcani occidentali, che si pone come cerniera tra i fianchi Est e Sud della Nato.

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