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Gazprom minaccia, l’Europa saluta il price cap. Mentre le imprese traballano

Il tetto al prezzo del gas pare ormai naufragato, per colpa dei troppi veti incrociati. Ora si punta al gettito sui margini delle imprese energetiche e all’idrogeno. I dubbi dell’economista Benedettini e l’allarme di Confindustria. Mentre Gazprom…

L’Europa è ancora prigioniera dei veti incrociati e dunque ostaggio di se stessa. Alla fine pare proprio che il famigerato price cap, non ci sarà. Semmai, e qui Ursula von der Leyen è stata chiara (qui l’articolo relativo al discorso sullo stato dell’Unione), una tassa sugli extra-margini realizzati dalle imprese energetiche e con aliquota al 33%. Obiettivo un gettito da 140 miliardi da convertire in aiuti alle industrie che non riescono più a pagare la bolletta.

ADDIO AL TETTO AL GAS?

D’altronde, del tetto al prezzo del gas se ne parla da mesi. E da mesi si annunciano passi avanti, mediazioni possibili e frenate impreviste. Ma la sostanza, a oggi, è che il tetto Ue al prezzo del gas non c’è e difficilmente ci sarà. La proposta, avanzata prima dell’estate da Mario Draghi, è stata depotenziata dai veti incrociati e anche dal passare del tempo, che ha reso una misura potenzialmente dirompente un rimedio talmente parziale da rischiare di diventare irrilevante.

Ma non ci sono solo gli interessi nazionali, Ungheria e Olanda su tutti, a spiegare lo stop. Secondo la valutazione degli esperti della Commissione, il tetto al prezzo del gas naturale sul modello di quanto fatto in questi mesi da Spagna e Portogallo, avrebbe più costi, che benefici se attuato su scala Ue. Il tutto mentre da Gazprom arriva l’ennesima minaccia, per bocca di Oleg Aksyutin, numero due del colosso russo. “Per l’Europa non c’è alternativa al gas russo”.

GLI ERRORI DI BRUXELLES

E proprio sulla questione della tassazione sui margini extra ha detto la sua a Formiche.net Simona Benedettini, economista della Fondazione Einaudi ed esperta di energia. Partendo proprio dalla questione dei profitti, “stiamo parlando di una misura che va a colpire i profitti realizzati nei primi mesi del 2022 rispetto al 2021. Difficile però capire perché quel margine deve essere considerato come straordinario e non semplicemente giusto, visto che magari l’azienda ha performato meglio per suo merito. Questo meccanismo appare un po’ ambiguo”, spiega Benedettini.

Altra questione, la banca per l’idrogeno che l’Europa vuole dotare di 3 miliardi, per creare il primo mercato dell’idrogeno comunitario.  “Non abbiamo soldi per supportare famiglie e imprese nel pagare le bollette ma la presidente della Commissione Europea pensa a creare la Banca europea per l’idrogeno. Credo che le priorità siano ben altre, per produrre l’idrogeno, ci vorranno anni, forse decenni, direi che qui il problema delle imprese e delle famiglie è arrivare a fine mese”.

IL CONTO DELLA CRISI

Alla fine, però, sul campo rimangono solo le imprese e le famiglie, a combattere ogni giorno con bollette sempre più pesanti. Confindustria non ci ha pensato due volte a fare due conti, spiegando nel rapporto dedicato alle pmi, in collaborazione con Cerved e Sole 24 Ore, come le tensioni geopolitiche, economiche e commerciali associate al conflitto in Ucraina “si stanno trasmettendo al nostro sistema produttivo attraverso una serie di effetti”.

Due gli scenari elaborati su diverse ipotesi legate, in particolare all’evoluzione della congiuntura geopolitica, alla dinamica dei rincari delle materie prime, ai mutamenti dell’approccio di politica monetaria seguito dalla Bce e agli effetti di stimolo derivanti dalle risorse previste dal Pnrr. Nello scenario base, i livelli pre-Covid saranno recuperati in tutte le aree già a partire dal 2022, nonostante una decelerazione su base annua del tasso di crescita dei ricavi (+2,4% nel 2022 e +2,0% nel 2023). Al termine del periodo di previsione, l’area che crescerà maggiormente rispetto ai livelli pre-Covid e’ il Mezzogiorno (+3,8%), mentre il Nord-Ovest farà registrare il rimbalzo più contenuto (+2,4%).

Nello scenario worst la dinamica di ripresa dei ricavi delle pmi potrebbe subire invece un netto arresto, per effetto di una scarsa crescita nel 2022 (+0,6%) e di una contrazione nel 2023 (-0,5%), che allontanerebbero il recupero dei valori persi durante la pandemia (-1,5% rispetto al 2019). Il Centro ritornerebbe ad essere l’area della Penisola più colpita (-1,9%), soprattutto per effetto della marcata contrazione osservata in Toscana (-3,0%), ma forti ripercussioni si registrerebbero anche nel Nord-Ovest (-1,8%), rallentato dalle performance negative del Piemonte (-2,2%). Nel Nord-Est (-1,3%), e soprattutto nel Mezzogiorno (-0,8%), gli impatti della nuova congiuntura risulterebbero più attenuati, nulli o quasi in Friuli Venezia-Giulia (0,0%), Molise (0,0%) e Campania (-0,1%) che mostrano la migliore tenuta.

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