Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Sanzioni elettorali, a che gioco giocano i Conte e i Salvini? La riflessione di Sisci

Che cosa è la storia di togliere le sanzioni o che “le sanzioni non funzionano”? I Conte e i Salvini italiani cosa vogliono? Una resa condizionata o la fine della Russia? Inoltre, in questa situazione, è bizzarro che Giorgia Meloni a destra polemizzi con la Lega, ma Enrico Letta non attacchi M5S a sinistra

Infuria la polemica in Italia sulle sanzioni contro la Russia che “non funzionano”, che sono inutili e vanno cancellate, perché tanto la Russia non si è piegata. Esse in realtà paiono affermazioni apodittiche, difficili da confermare o negare a priori. Così forse prima di vedere se le sanzioni funzionano o non funzionano e che cosa significa che funzionino o meno, dobbiamo avere qualche riferimento storico.

Alla fine di ottobre del 1940 il tentativo tedesco di invadere il Regno Unito era fallito, con questo erano franate quindi anche le ambizioni di Adolf Hitler di raggiungere una pace in Europa perché Londra guidata da Winston Churchill rifiutava di arrendersi. Non solo: a quel punto era chiaro anche che il Regno Unito era collegato con il resto del suo impero, allora immenso, e che gli Stati Uniti avrebbero sostenuto Londra. Solo a marzo del 1939 i nazisti americani si erano mobilitati in una adunata oceanica a favore di Hitler, ma tutto questo 18 mesi dopo era scomparso. Tuttavia, Hitler non si diede per vinto e, bloccato a Occidente, cercò la vittoria a Oriente tentando l’invasione dell’Unione Sovietica nel giugno del 1941. I nazisti avanzarono fino ai sobborghi di Mosca, ma non raggiunsero la capitale e con il freddo furono costretti a ritirarsi. A dicembre di quell’anno il Giappone attaccò gli Stati Uniti a Pearl Harbor; Germania e Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti. Ma l’avanzata travolgente del Giappone nel Pacifico si fermò all’inizio di giugno con la sconfitta nella battaglia aereo navale delle Midway.

A che punto le potenze dell’Asse persero la Seconda guerra mondiale? Certamente nel 1942 dopo le Midway, ma già erano sconfitti nell’inverno del 1941 con la mancata resa sovietica, e lo erano già un anno prima, alla fine dell’ottobre del 1940, quando Londra vinse la battaglia d’Inghilterra, perché a quel punto la Germania era già isolata contro un impero che poteva trarre risorse da mezzo mondo. In ciascuno di questi tre momenti sarebbe stato saggio per la Germania e per il Giappone cercare una resa condizionata. Sarebbe stata una sconfitta ma controllata, trattata. Invece Hitler non si arrese e continuò a combattere per tre anni portando alla distruzione totale della Germania.

A che punto siamo con la guerra in Ucraina? La Russia aveva perso dopo le prime due settimane quando aveva fallito il suo obiettivo di conquistare Kyiv e le grandi città. Poteva essere sconfitta dopo avere fallito l’obiettivo di accerchiare le truppe ucraine nell’Est, o qualche settimana dopo quando non riusciva a sfondare la resistenza Ucraina sempre nella stessa zona. Il presidente russo Vladimir Putin potrebbe aspettare la sconfitta totale come fece la Germania hitleriana. È un problema di limitare o meno i danni per la Russia ma in realtà non è in questione la vittoria dell’Ucraina. Se l’Ucraina semplicemente non si arrende e il flusso di armi dagli Stati Uniti e dagli altri Paesi ex sovietici continua, la Russia non può ragionevolmente sperare di vincere.

Quindi qui arrivano le sanzioni. Esse stanno creando un grave danno all’economia e alle società russa, questo è certo. Non è certo però la lezione che la Russia trae da queste sanzioni. Ragionevolmente il mancato successo militare in Ucraina e le sanzioni occidentali avrebbero dovuto spingere Mosca a una resa condizionata. Ma evidentemente, come la Germania nazista dopo le sconfitte con il Regno Unito e con l’Unione sovietica, la Russia oggi rilancia continuamente la posta nella speranza che questo rilancio possa creare un miracolo. Ma i miracoli sono tali proprio perché rarissimi, quindi impossibili da computare in un calcolo razionale e ragionevole. Il problema allora non è se le sanzioni funzionano o meno. Certo, funzionano; certo, creano dei danni. La questione è invece che Putin non vuole arrendersi, perché spera in un miracolo e perché teme per la sua vita e il suo potere.

A questo punto è chiaro che invece se l’Europa sollevasse le sanzioni questo sarebbe usato da Putin come successo politico interno e prolungherebbe la guerra. Che cosa vogliono e cosa pensano quindi i Matteo Salvini (Lega) e i Giuseppe Conte (Movimento 5 stelle) d’Italia quando gridano contro le sanzioni? Non sono come i neonazisti che si adunavano a New York nel 1939 per chiedere che gli Stati Uniti si schierassero con Hitler? E comunque, al di là delle intenzioni, non è chiaro che togliere le sanzioni non darebbe la vittoria alla Russia, perché l’Ucraina non si arrenderebbe, ma allungherebbe la guerra e quindi tutte le complicazioni per la nostra vita? E il gas e le materie prime comunque tornerebbero ad aumentare, semplicemente per il protrarsi degli scontri militari.

Che cosa è allora la storia di togliere le sanzioni o che “le sanzioni non funzionano”? Forse le sanzioni non si sarebbero dovute applicare all’inizio, ma questo era un discorso di sei mesi fa e poi le sanzioni furono imposte per cercare di spingere la Russia a una resa condizionata, e evitare la distruzione stessa del paese, quella che invece è a rischio oggi.

Oggi ancora le sanzioni servono a questo, a cercare una vittoria ma limitata, per dire alla Russia: fermati e avrai dei benefici, cioè la fine delle sanzioni. Se l’obiettivo diventa invece la distruzione della Russia (visto che sempre ucraini ed ex sovietici non mollano e sono più di tutti russi) le sanzioni non contano, perché il fine sarebbe invece portare i carri armati ucraini a Mosca.

I Conte e i Salvini italiani cosa vogliono? Una resa condizionata o la fine della Russia? O giocano all’adunata neonazista di New York del 1939?

Inoltre, in questa situazione, è bizzarro che Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) a destra polemizzi con Salvini, ma Enrico Letta (Partito democratico) non attacchi Conte a sinistra. Certo si mischiano le varie tattiche elettorali, ma in questo contesto internazionale complicato il fatto che Conte non abbia avversari a sinistra confonde le acque e oggettivamente indebolisce il Partito democratico.

Tutto contribuisce a un’eventualità che pare sempre più probabile. Il garbuglio di veti incrociati interni (sinistra-destra) e esterni (Russia-Ucraina) più un risultato forse non decisivo portano a pensare il 25 settembre dalle urne non uscirà una maggioranza di governo chiara e si dovrà invece lavorare di fino per cucire qualcosa ad hoc intorno al perno oggettivamente più importante – il mantenimento delle sanzioni contro la Russia e la ricerca di una fine della guerra il più velocemente possibile.

×

Iscriviti alla newsletter