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Chiunque vinca alle urne, la cultura ha già perso

Ciò che emerge dalla lettura dei vari programmi dedicati alla cultura è l’evidenza che ognuno dei programmi riflette una visione della cultura strumentale al proprio “elettorato” e, per questo, un po’ distante dalla realtà. L’analisi di Stefano Monti, partner di Monti&Taft

Stando a recenti sondaggi, come prevedibile, le intenzioni di voto degli italiani sono più o meno concentrate in pochi soggetti: da un lato il centrodestra (che unisce Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Noi moderati), il Partito democratico, il Movimento 5 Stelle, e Azione-Italia Viva.

In un contesto come quello italiano, che istituzionalmente attribuisce alla “cultura” un ruolo centrale, quantomeno nelle dichiarazioni ufficiali, può essere dunque opportuno analizzare quali siano le azioni rivolte alla cultura che i distinti gruppi politici hanno inserito nei propri rispettivi programmi.

Prima di proseguire in questo senso, è opportuno chiarire alcune premesse di base: la prima è che spesso è impossibile leggere il contenuto di un programma politico senza interpretarlo attraverso la propria visione. È dunque utile chiarire sin dall’inizio l’estraneità a ogni partito, e, in generale, una generalizzata insoddisfazione verso tutti i programmi, rivolti al settore, per motivi differenti a seconda del programma (in alcuni casi una tendenziale disattenzione alla cultura come “comparto produttivo”, in altri una visione statalizzata della cultura, in altri ancora il fondato sospetto di una lista della spesa troppo lunga da poter essere realizzata, eccetera).

Chiarita la questione “politica”, un’altra premessa è necessaria: la forma dei programmi politici varia molto. Ciò cambia anche il numero di “dettagli” che i programmi condividono. Andando nello specifico, il programma Azione-Italia Viva è di 68 pagine, 37 per il Partito democratico, 17 per il centrodestra, 13 per il Movimento 5 Stelle. È dunque chiaro che i primi due offrano maggiori spunti e contenuti degli altri.

Terminate le doverose premesse, quello che emerge dalla lettura dei singoli programmi è una visione di cultura molto diversificata. Il Partito democratico propone una visione culturale fortemente partecipata dalla dimensione pubblica. È in questo senso che vanno interpretate le proposte contenute nella sezione “Conoscere è potere: istruzione cultura, socializzazione”. Tale sezione, dopo aver trattato il comparto dell’istruzione e dell’università, avvia la propria programmazione legata al comparto culturale in senso stretto in questo modo: “È imprescindibile ribadire il ruolo e la funzione della dimensione pubblica della cultura, ridefinire nuove e virtuose forme di coinvolgimento dei privati, valutare le implicazioni e le ricadute che l’approccio imprenditoriale ha sulla gestione culturale e lavorare per una perequazione territoriale dell’offerta culturale. Se la cultura rappresenta uno strumento di condivisione del patrimonio cognitivo e creativo, i luoghi della cultura si configurano come sistema di base della comunità che alimenta una coscienza culturale collettiva e riattiva costantemente dinamiche di aggregazione ed inclusione implementando contestualmente la capacità attrattiva del nostro Paese, con le inevitabili e positive ricadute in ambito turistico”.

La visione di cultura è quella che interpreta la cultura come spazio di emancipazione ed è in coerenza con tale visione che il programma propone poi il potenziamento dell’offerta culturale nelle periferie delle città metropolitane. Con riferimento agli aspetti organizzativi, il programma mira a potenziare il nostro sistema museale, andando a incrementare gli istituti autonomi, valorizzare i musei delle aree interne, favorire l’internazionalizzazione del nostro patrimonio e la sua completa digitalizzazione. Sullo spettacolo dal vivo e l’audiovisivo si propone il rafforzamento del finanziamento pubblico, il potenziamento del tax-credit, il rilancio delle sale cinematografiche e teatrali, il riconoscimento della funzione culturale dei locali di musica live e l’estensione (strano trovarla qui) dell’Art Bonus. In merito agli incentivi c’è poi il potenziamento degli incentivi alla domanda di cultura confermando la 18App, proponendo di inserire altre misure analoghe. Si propone la reintroduzione strutturale del 2X1000. Si rileva poi, una grande attenzione ai “piani”: il potenziamento del Piano Nazionale di Promozione della lettura, il potenziamento del Centro per il Libro e la lettura e l’investimento sulla Capitale Italiana del libro. Tra le proposte, anche la costituzione di un Fondo nazionale per il pluralismo, l’informazione di qualità e il contrasto alla disinformazione (da finanziarsi tramite un prelievo sui ricavi da pubblicità online per le grandi piattaforme digitali). Tornando ai piani, c’è il potenziamento del Piano per l’Arte contemporanea, e un Piano nazionale per l’architettura contemporanea, la promozione di un Erasmus nazionale e il sostegno a un Piano nazionale per il recupero e il rilancio dei Borghi italiani.

Di differente stampo è ovviamente l’interpretazione della cultura fornita dal centrodestra: la visione che emerge è una cultura fatta principalmente da imprese e, in generale, dall’iniziativa privata. Pur se coerente con lo stampo liberale, tuttavia, le proposte inserite nel programma tendono a declinare questo binomio “cultura – impresa” in una logica principalmente turistica e comunicativa. I punti inseriti nella sezione propongono tale visione attraverso azioni differenziate: da “valorizzare la Bellezza dell’Italia, alla tutela e promozione del Made in Italy, dalla costituzione di reti d’impresa del comparto turistico, al sostegno alla presenza dell’Italia nei circuiti dei grandi eventi internazionali. Sono inoltre segnalati la tutela della nautica (unica forza politica a fare riferimento esplicito a questo comparto) e delle imprese balneari. Il riferimento alla “cultura” così come generalmente percepita è contenuto nel settimo dei dieci punti dedicati al comparto, allorquando il programma si impegna per “la tutela e promozione del patrimonio culturale, artistico, archeologico, materiale e immateriale, e valorizzazione delle professionalità culturali che costituiscono il volano economico e identitario italiano.

Si ritorna poi alla valorizzazione e promozione di un’offerta turistica diversificata, e, con riferimento alla cultura, il supporto alla digitalizzazione dell’intera filiera, non solo culturale ma anche turistica, e il contrasto all’esercizio abusivo delle professioni e delle attività del turismo e della cultura.

Il programma Azione-Italia Viva, introduce la cultura all’interno della sezione “Cultura, Turismo e Sport”. Le azioni proposte riflettono una visione della cultura ibrida, in cui il settore pubblico intende favorire, a volte attraverso la logica del pungolo, anche la partecipazione privata. In questo senso le azioni di “raddoppiare ogni donazione per la cultura effettuata dai privati con fondi pubblici”, “semplificare l’Art Bonus”, “potenziare il Tax credit” per il settore audiovisivo, “avviare una politica di detrazioni fiscali per gli under40 che puntano a creare nuove realtà imprenditoriali nel comparto”. Accanto a tali azioni, c’è poi una più forte presenza di finanziamenti pubblici, come quelli volti a fornire un carnet di 10 ingressi gratuiti a persone con Isee inferiore ai 15000 euro, regalare un viaggio a Roma per tutti gli under25 (vincolato alla visita di siti archeologici, musei e gallerie d’arte), finanziare le librerie che organizzano corsi di avvio alla lettura per bambini, destinare la quota del Canone Rai trattenuta dal Ministero dell’Economia alla costituzione di un Fondo per il finanziamento della carta stampata, potenziare il FUS. Seguono poi alcune iniziative come quella che propone di gemellare ogni istituto scolastico a un istituto culturale, il potenziamento degli istituti italiani di cultura all’estero, e l’impulso alle realtà imprenditoriali che si occupano della rigenerazione delle aree interne e rurali, e dei soggetti culturali che operano nelle carceri. Di interesse, sebbene nel concreto risulti alquanto “spaventosa”, è poi la proposta di creare un “fondone”, per il “pubblico del domani”, che viene qui riportata per intero al fine di evitare incomprensioni: “Per potenziare il consumo culturale, oltre a una politica di sostegno che si concentri sull’offerta, è necessario favorire alla base lo sviluppo di una domanda. Le politiche di promozione della cultura sono a oggi frammentarie. Per favorire l’accesso alla cultura da parte dei più giovani, proponiamo di istituire un fondo unico che raccolga tutti i capitoli di finanziamento già esistenti (per la promozione della lettura, del cinema, dell’arte, della musica e degli spettacoli dal vivo), con l’obiettivo di garantire iniziative programmatiche, in modo da ridurre le differenze fra le realtà scolastiche dei territori e arricchire strutturalmente l’offerta formativa”. Sul turismo c’è invece la previsione di una riduzione del cuneo fiscale per le imprese del settore, l’attribuzione della competenza sul turismo allo Stato (situazione ante-2001), l’investimento sul turismo ferroviario, la gestione delle emergenze e il potenziamento dell’offerta formativa turistica.

Il binomio “cultura + turismo” è confermato anche dal M5S, che si schiera “Dalla parte del turismo: per valorizzare il nostro patrimonio culturale e artistico”. Alla sezione del programma (anche questo sviluppato per “punti”), corrispondono i seguenti obiettivi: 1) Istituzione di una piattaforma per l’incontro tra i bisogni dei turisti e l’offerta del territorio italiano, utile a incrementare la capacità di vendita di prodotti e servizi anche delle PMI agricole e artigiane; Piano pubblico di assunzioni per superare il grave sottodimensionamento del ministero dei Beni culturali e delle sue istituzioni periferiche; 3) Il freno alle esternalizzazioni e contrasto all’uso distorto del volontariato e dei lavoratori della cultura; 4) Misure di protezioni e valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Un programma forse scarno e alquanto confuso (il ministero non è più dei Beni culturali ma della Cultura, la realizzazione di una piattaforma unica per favorire l’incontro tra domanda turistica e PMI pare essere troppo onerosa per un Paese che non ha saputo nemmeno realizzare un Sito turistico unitario; c’è una generalizzazione un po’ forte sulle esternalizzazioni).

Ciò che emerge dalla lettura dei vari programmi dedicati alla cultura è, in realtà, l’evidenza che ognuno dei programmi riflette una visione della cultura strumentale al proprio “elettorato” e, per questo, un po’ distante dalla realtà. Nessuno dei programmi riesce a inquadrare la cultura in tutte le dimensioni che essa rappresenta sul nostro territorio: accanto al ministero ci sono le imprese, che tuttavia non sono composte soltanto da imprese turistiche, ma coinvolgono numerosi altri settori (si veda al riguardo il comparto delle industrie culturali e creative). La potenza o meglio, la potenzialità della nostra cultura è proprio nel fatto che essa coinvolge, nei fatti, tutte le dimensioni della nostra società: l’imprenditoria, il benessere individuale e collettivo, la creazione di un sistema identitario forte, la creazione di comunità, la capacità di interpretare in modo circostanziato gli eventi e di avere un’opinione personale su ciò che si considera “giusto” o “sbagliato”, la possibilità di promuovere i consumi delle famiglie e dei turisti, la capacità di stimolare il dibattito, così come quella di stimolare lo sviluppo di abilità utili in tutti gli altri campi dell’agire civile.

Ridurre tutto a pubblico contro privato; a turismo contro “musei istituzionalizzati”, è forse un atteggiamento un po’ troppo semplicistico che non giova nessuna delle “fazioni” che ciascuna classe politica in questa tornata elettorale cerca di creare.

Chiunque vinca, insomma, la cultura ha già perso.


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