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È possibile deviare un asteroide? Dart e LiciaCube lo scopriranno stanotte

Questa notte, alle 1:14 italiane, la sonda della Nasa Dart colpirà l’asteroide Dimorphos per provare a deviarne la traiettoria. Un esperimento spaziale senza precedenti volto a valutare la capacità umana di deviare un possibile asteroide in dirittura di collisione contro la Terra. A documentare l’impatto e i detriti prodotti ci sarà il cubesat dell’Asi LiciaCube, prodotto dall’italiana Argotec

L’essere umano è in grado di deviare un asteroide diretto verso la Terra? Il primo test di difesa planetaria sta per avvenire nello spazio profondo per cercare di dare una risposta a questo interrogativo. La sonda della missione Dart (Double asteroid redirection test) della Nasa, grande quanto un autobus e del valore di circa 325 milioni di dollari, è infatti pronta a entrare in collisione con Dimorphos, la luna della dimensione della piramide di Giza (diametro di circa 160 metri) orbitante attorno al più grande corpo roccioso Didymos. Il sistema di asteroidi non rappresenta di per sé una minaccia per la Terra dal momento che il test avverrà a circa undici milioni di chilometri, ma Dart è pronta a dimostrare la capacità umana di modificare l’orbita di un asteroide, sperimentando così per la prima volta la tecnica dell’impatto cinetico. La collisione avverrà questa notte, il 27 settembre alle 1:14 italiane.

A fare da testimone oculare dell’impatto, per monitorarne lo svolgimento, sarà il cubesat LiciaCube finanziato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) – unico partner internazionale della missione – e realizzato dall’azienda torinese Argotec. Il minisatellite è già in posizione e dopo aver rilasciato le sue prime immagini dello spazio, si prepara a documentare l’impatto. Sarà il team scientifico coordinato dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) a studiare le immagini acquisiste dalle due camere di LiciaCube, Luke e Leia, in particolare in riferimento alla deviazione della traiettoria dell’asteroide e alla conseguente nube di detriti spaziali prodotti dalla collisione, con lo scopo di ricavare informazioni finora inedite sulla natura fisica del bersaglio della missione.

Ad oggi, infatti, si sa ancora molto poco di Dimorphos e della sua struttura interna, vi è solo un’idea di quale possa essere la sua composizione. Niente paura, se il test dovesse fallire la sonda Dart disporrebbe ancora di sufficiente carburante per un altro tentativo tra un paio d’anni, quando si ripresenterà una situazione favorevole. D’altra parte, se la missione dovesse avere successo, sarebbe un primo passo importante per la difesa planetaria, così che la Terra possa farsi trovare pronta nel caso in cui un asteroide la minacciasse.

La missione Dart

Lanciata dalla California lo scorso novembre, la sonda Dart si sta rapidamente avvicinando al suo obiettivo. Sarà infatti lanciata a una velocità di circa 22mila chilometri orari contro l’asteroide Dimorphos, che orbita attorno a Didymos in 11 ore e 55 minuti. La missione mira a deviare questo periodo orbitale di circa 10 minuti. Dart è una sonda di 550 chili che colpendo l’asteroide scaverà un cratere che espellerà detriti in direzione opposta alla direzione di arrivo, più forte sarà l’impatto, maggiore sarà la frammentazione dei materiali. Dopo l’ultima correzione della traiettoria avvenuta ieri, la sonda della Nasa è ora pronta a guidarsi autonomamente nello spazio verso la collisione, senza alcun intervento umano e basandosi solamente sulle immagini. A interessare particolarmente gli scienziati della Nasa, però, è il diametro dell’orbita descritta da Dimorphos intorno a Didymos, di appena un chilometro. La distanza, sufficientemente contenuta, permetterà di misurare e valutare con più precisione gli effetti di Dart.

LiciaCube

LiciaCube, acronimo di “Light italian cubesat for imaging of asteroids”, è l’oggetto italiano a essersi spinto finora più lontano nello spazio, un precedente importante per il made in Italy che sta facendo della Space economy uno dei suoi cavalli di battaglia. Sarà infatti il cubesat prodotto da Argotec a restituire gli scatti dell’impatto della sonda della Nasa con Dimorphos nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Ma non sarà da solo, ci saranno anche una serie di telescopi sia sulla Terra sia nello spazio che osserveranno l’evento, tra cui il potente telescopio James Webb. Oltre a Hera, la missione dell’Agenzia spaziale europea (Esa) che arriverà tra quattro anni a esaminare ancor più a fondo il cratere d’impatto e i danni causati all’asteroide, rimandando poi sulla Terra i dati sulla sua composizione.

Circa dieci giorni prima dell’impatto, il nanosatellite italiano si è distaccato da Dart, per raggiungere la posizione da cui documentare la collisione e ha già rilasciato le prime immagini (come quella sottostante), che hanno il primato di essere le più lontane mai catturate da una sonda italiana nello spazio profondo, a 14 milioni di km di distanza. A bordo di LiciaCube c’è un concentrato di eccellenza italiana. Il piccolo satellite utilizzerà un’ottica potente e un software basato sull’intelligenza artificiale, in grado di effettuare il riconoscimento degli oggetti celesti nel campo di vista della camera, di attuare in modo autonomo manovre orbitali e di catturare immagini e dati scientifici che saranno indispensabili nella validazione di questa tecnica per la difesa della Terra da potenziali minacce esterne come gli asteroidi.

L’impegno europeo

La missione americana rientra nell’iniziativa “Asteroid impact & deflection assessment”, frutto della collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico per scoprire le possibilità di una difesa interplanetaria. Lo scorso settembre, l’Esa ha avviato i lavori per Hera che verrà lanciata nel 2026, per verificare i risultati di Dart dopo diversi anni dalla sua missione. C’è tanta Italia anche qui. Al consorzio guidato dalla tedesca OHB (che ha ricevuto un contratto da 129,4 milioni di euro) partecipano tra gli altri Avio, OHB Italia e Thales Alenia Space. Intorno al 2026, Hera dovrebbe avvicinarsi a Didymos, per un rendez-vous con l’asteroide e sei mesi di studi ravvicinati sul “cratere sostanzioso” che la sonda americana dovrebbe essere riuscita a produrre su Dimorphos.

(Immagine: Asi)

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