La nave Anatolian si chiamava Mavi Marmara, coinvolta nel 2010 nel tentativo di rompere il blocco israeliano di Gaza. Resta comunque solida l’intenzione di Erdogan di essere un protagonista in Libia
La guardia costiera greca ha sparato a una nave che si è rifiutata di fermarsi per un’ispezione al largo di Bozcaada (Tenedos), nell’Egeo settentrionale. L’ipotesi al vaglio degli investigatori è di contrabbando di armi sull’asse Turchia-Libia dopo che tra i due Paesi era stato firmato un memorandum sul gas. Ma l’episodio va in scia a un mese di fortissime tensioni tra Ankara e Atene.
Il fatto
La nave Anatolian battente bandiera delle Comore, secondo quanto ricostruito dalla guardia costiera greca, si era “mossa in modo sospetto all’interno delle acque territoriali nazionali”, mentre i funzionari turchi sostengono che stesse navigando in acque internazionali. Ha navigato dalla Somalia al porto turco di Kastamonu, nel Mar Nero, per una sosta tecnica, ha detto all’agenzia statale Anadolu Cengiz Oluç, un funzionario della compagnia proprietaria della nave.
Da tempo la Turchia è stata accusata di contrabbando di armi in Libia, in violazione di un embargo delle Nazioni Unite. Anche l’India ha sollevato preoccupazioni in occasione dell’ultima riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, lo scorso 30 agosto. Prima di chiamarsi Anatolian, la nave in questione si chiamava Mavi Marmara, coinvolta nel 2010 nel tentativo di rompere il blocco israeliano di Gaza. Quell’incidente provocò la morte di dieci cittadini turchi e 10 soldati israeliani rimasero feriti.
Attacchi
Non si tratta solo di un episodio in sé, ma dell’ennesimo fatto di cronaca che si inserisce in un periodo di relazioni a dir poco complesse tra le due sponde dell’Egeo: giorni fa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva minacciato i greci di poter “arrivare di notte”, alludendo alle isole contese affermando: “Grecia, guarda la storia, torna indietro nel tempo; se vai troppo lontano, il prezzo sarà alto. Abbiamo una cosa da dire alla Grecia: ricorda Smirne”. In risposta, Atene ha inviato lettere alla Nato, all’Unione Europea e alle Nazioni Unite in cui ha criticato quelle che ha definito le dichiarazioni “apertamente minacciose” e “infiammatorie” di Erdogan.
Oggi il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha raddoppiato la dose: “Il greco ha ancora prurito. Se inizi un’avventura per conto di altri ne subirai le conseguenze, come in passato. Questo è un avvertimento per la Grecia. Non diventate strumenti degli altri, non continuate le sfide. Perché l’amicizia della Turchia è buona, ma la sua inimicizia è tragica”.
Libia & Turchia
Le relazioni turco-libiche, al netto delle problematiche di tenuta interna in Libia, si stanno progressivamente rafforzando: nel Paese la presenza turca non è più percepita come ostile, anzi.
Lo dimostra la vicinanza di Ankara non solo a Dbeibah ma anche al maresciallo Khalifa Haftar. La diplomazia turca sta allacciando anche con Basaga, in orbita francese. Unica voce scettica nei confronti di Erdogan pare essere il presidente del Parlamento, Aguila Saleh, ma l’attuale crisi potrebbe essere superata e in caso di un nuovo governo, Erdogan è già pronto al dialogo tramite la consueta carta dell’assistenza logistica e finanziaria.
Gas
Il convitato di pietra di questi sommovimenti resta il gas: in risposta al memorandum turcolibico sulla Zee che di fatto taglia in verticale il Mediterraneo, “dimenticando” Creta, la Grecia ne ha firmato uno con l’Egitto per la demarcazione parziale delle loro zone economiche esclusive (Zee).
Le squadre in campo dunque procedono con intese e relazioni. Israele ha già siglato un accordo con l’Ue per vendergli a Bruxelles il gas attraverso l’Egitto, mentre è allo studio la possibilità di realizzare un gasdotto tra i giacimenti offshore di Israele e la costa turca e da lì esportarlo in Europa attraverso i gasdotti esistenti.
Anche per questa ragione Erdogan ha riallacciato le sue relazioni con Israele, il cui presidente Isaac Herzog ha visitato Ankara lo scorso marzo e ha incontrato Erdogan.
@FDepalo