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Energia, debito sano e transizione (impossibile). Sapelli a tutto campo

L’economista dà la sua ricetta, che rimanda il  passaggio alle rinnovabili: “Proseguire sulla strada dell’approvvigionamento energetico, iniziare a scavare per estrarre gas e petrolio e riaprire le centrali a carbone. Altrimenti chiuderanno migliaia di imprese”. Per questo, e per aiutarle, “serve uno scostamento da 50 miliardi, un debito sano”

Il Parlamento è in procinto di votare il decreto Aiuti ter. Una misura che si è resa necessaria in particolare a causa dei rincari esorbitanti registrati dalle forniture energetiche. Le forze politiche faticano, nonostante gli sforzi, a trovare convergenze sebbene anche dalle parti del Movimento 5 Stelle ci sia stata una parziale apertura e una disponibilità ad avallare il provvedimento. A ben guardare, però, il nuovo decreto assume le sembianze di una “misura palliativa, che arriva in ritardo”. L’analisi è di Giulio Sapelli, economista e docente all’università Statale di Milano, presidente della fondazione Germozzi. 

Sapelli, il suo è un giudizio molto negativo. 

Non potrebbe essere altrimenti. Questo decreto è insufficiente in termini di risorse e intempestivo. D’altra parte è il frutto di una miopia imperdonabile che la politica italiana ha sul fronte energetico.

Una lettura superficiale dei riverberi del conflitto in Ucraina?

Avremmo dovuto capire sin da subito che le ostilità ingaggiate da Putin avrebbero assunto le fattezze di una guerra ‘balcanica’. E dunque occuparci fin dai primi giorni della questione energetica. Tanto più che si tratta di un shock esogeno al ciclo economico.

Poi ci sono i meccanismi speculativi della Borsa di Amsterdam. 

Questa è un’altra stortura, una follia. Il prezzo viene fissato dalle aspettative legate ai meccanismi della Borsa. Ma tutto ha un’origine. In Olanda esisteva fino a qualche anno fa il più grande giacimento di gas europeo. Le perforazioni sono state interrotte per scongiurare danni alle dighe. Il paradosso, tuttavia, è che il prezzo è rimasto legato alla borsa olandese.

Dunque come si dovrebbe impostare il mercato dell’energia?

Come si faceva fino a qualche anno fa: si deve fissare il prezzo del gas in ragione della quantità scambiata.

La politica come si deve muovere in ottica di una maggiore autosufficienza energetica, anche in prospettiva?

Proseguire sulla strada della diversificazione nell’approvvigionamento energetico, iniziare a scavare per estrarre gas e petrolio e riaprire le centrali a carbone, facendole lavorare. Anche perché il combustibile più ecologico è il diesel. Vanno invece implementate e sostenute le comunità energetiche.

Il prossimo Esecutivo, però, sarà chiamato a dare risposte nell’immediato a imprese e famiglie. 

Nell’immediato occorre pianificare uno scostamento di bilancio, facendo debito sano e restituendo ossigeno alle imprese e alle famiglie che vivono il dramma della povertà energetica con il rischio di vedersi tagliate le utenze fornite dalle multiutility non più municipalizzate ma privatizzate. Fermo rimanendo che l’ipotesi di porre un tetto europeo al prezzo del gas è percorribile ma richiede molto tempo.

Dunque ha ragione chi chiede un intervento da 30 miliardi?

Ne serviranno anche 50 di miliardi. Lo scostamento, se fatto in un contesto come questo e per queste ragioni, lo ribadisco, va bene. E’ evidente che, se si riuscissero a intercettare altre risorse nelle pieghe del bilancio dello Stato, sarebbe ancora meglio.

A proposito di leader. Tra il segretario della Lega e Giorgia Meloni ci sono visioni divergenti sulle sanzioni. Che idea ha lei?

La risoluzione del conflitto deve avvenire militarmente. Vanno forniti agli ucraini carri armati, aerei ed equipaggiamenti per sconfiggere Putin sul campo. Ma le sanzioni sono dannose.

Molti individuano la risoluzione dei problemi energetici nelle fonti rinnovabili e nella transizione. Lei come la vede?

La transizione, così come è stata concepita, ossia calata dall’alto mediante direttive europee, non ha i presupposti per avvenire. Anzi, per alcune imprese sarebbe dannosa. E questo governo, con il ministro dell’Ambiente, non se ne rende conto. Pensiamo alle aziende produttrici di farmaci, alle acciaierie, alla chimica di base. Senza contare che ci sono dei fattori climatici che vanno tenuti in considerazione. In Europa è crollato il vento nel Mare del Nord, che costituisce il 60% della forza eolica europea. E, la siccità di quest’estate, ha azzerato l’attività delle centrali idroelettriche.

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