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Così si può riformare la Costituzione. Guzzetta sulle proposte FdI

“La questione della primazia del diritto europeo su quello italiano? Secondo me è una tempesta in un bicchier d’acqua”. Il costituzionalista di Tor Vergata parla di semipresidenzialismo alla francese (si può fare) e anche della proposta FdI di tornare ai presidenti delle province eletti dai cittadini

La polemica sulla primizia del diritto nazionale rispetto al diritto comunitario è una tempesta in un bicchier d’acqua, dice a Formiche.net il costituzionalista Giovanni Guzzetta, ordinario di diritto pubblico all’Università di Roma Tor Vergata. E indica la via maestra per riformare il sistema paese: il semipresidezialismo alla francese.

Oltre a quello dei totoministri uno dei temi più significativi all’ordine del giorno da subito è quello della riforma della seconda parte della Carta annunciata da FdI, a cui Renzi ha subito detto un mezzo sì. Cosa si può fare e come?

Intanto mi consenta di dire che questo tema della riforma è fondamentale perché noi siamo nella fase in cui il sistema elettorale ha “funzionato”. Ma sappiamo per esperienza storica che, anche quando c’è un meccanismo ancora più maggioritario, si creano maggioranze nette. Il problema poi è la sopravvivenza dei governi e il rischio di instabilità. Quindi illudersi che questo risultato possa di per sé risolvere i problemi dell’instabilità italiana è un grave errore. E sono certo che innanzitutto Giorgia Meloni e gli altri sostenitori della riforma ne siano perfettamente consapevoli. Ci sono delle strade che sono già state percorse.

Quali?

Bicamerali, riforme parlamentari e poi referendum. Il problema di queste strade è che sono risultate sempre fallimentari. Al dunque, si arriva al referendum finale, in una situazione in cui i partiti e nei partiti scatta la logica elettoralistica per cui non si schierano sul merito della riforma, ma si schierano con l’obiettivo di trarre un dividendo politico dall’insuccesso dell’avversario. Questo è un problema che continuerà a esistere.

Quale soluzione preferirebbe?

Io da tempo sostengo la tesi che la soluzione che più assicurerebbe il risultato, sarebbe quella di fare come fecero i nostri costituenti, cioè che su un tema divisivo come quello tra monarchia e repubblica fecero precedere da un referendum la scelta dell’Assemblea costituente, disinnescando così i conflitti e consentendo all’Assemblea Costituente di lavorare con maggiore tranquillità. Questa è la strada secondo me anche oggi. Dopodiché, se strada maestra non si volesse o non si potesse imboccare, è chiaro che tutto si giocherà sulla capacità di tenuta politica e sulla capacità di presentare la misura ai cittadini anche per disinnescare uno scontro ideologico sul referendum che necessariamente a questo punto, dati i numeri, sembrerebbe doversi fare.

Il Presidenzialismo senza preclusioni, ha annunciato Ignazio La Russa, mettendo dei contrappesi: quale modello può servire all’Italia?

Su questo non ho dubbi: il modello è il semipresidenzialismo alla francese, per varie ragioni, la prima delle quali è per l’esclusione degli altri. Il modello americano è un modello di separazione netta che quindi aumenta le situazione di stallo. E se c’è una cosa di cui l’Italia non ha bisogno, sono ulteriori elementi di stallo nei processi politici. Il sistema francese è secondo me di gran lunga preferibile, anche perché il sistema politico francese, prima della riforma, somigliava moltissimo nelle sue dinamiche a quello italiano attuale, cioè frammentazione partitica, instabilità dei governi, polarizzazione delle forze politiche, etc. Peraltro il sistema politico francese è nato in un contesto di grande contrapposizione.

Ovvero?

Ricordo che Mitterrand organizzò una manifestazione di più di un milione di persone contro la scelta di De Gaulle. Scrisse un libro che si intitolava “Il colpo di stato permanente”. Dopo di che fu il massimo beneficiario di quel sistema politico.

Perché?

Fu l’unico presidente che si è fatto due mandati consecutivi per 14 anni. È stato presidente della Repubblica che ha dato alla sinistra francese una grande occasione storica di contare. Quindi non considero molto migliore la posizione di chi si oppone con argomenti, come dire, millenaristi, così come se stessimo alla vigilia del ritorno del fascismo, purtroppo in continuità con quello che fu la reazione della sinistra italiana alla riforma gollista. Perché ricordo che Togliatti scrisse sull’Unità un articolo che evocava lo spettro del fascismo in Francia. Mi pare che la storia abbia dimostrato che non c’è stata nessuna deriva e il sistema francese si è assestato bene. Oggi funziona bene anche nelle situazioni più complicate, come l’attuale in cui il governo non può contare su una maggioranza solida in Parlamento.

Quali analogie col sistema italiano?

Aggiungerei che nel nostro sistema politico, inevitabilmente, i poteri del presidente della Repubblica si sono nei fatti espansi proprio per la continua e cronica crisi del sistema. Per cui il passaggio non sarebbe un passaggio da un presidente notaio a un presidente in qualche modo governante. Ma sarebbe il naturale esito di questa rivoluzione italiana che che è nei fatti.

La sovranità del diritto Ue va rivista, ha detto a Repubblica il capogruppo di Fdi Francesco Lollobrigida: se si dovesse avere un’Italia che rivendica la primizia del diritto nazionale sul diritto comunitario cosa accadrebbe?

Vorrei disinnescare alcuni aspetti di questa polemica. Oggi in Italia la giurisprudenza della Corte Costituzionale è pacifica nel dire che il diritto europeo non prevale sempre. Cioè ci sono dei limiti al primato del diritto europeo: quando toccasse aspetti fondamentali e strutturali del nostro sistema o dal punto di vista dell’organizzazione democratica o della tutela dei diritti, già oggi il diritto europeo non prevarrebbe. E non ci sono dubbi che il sistema europeo è un sistema difettoso rispetto alla logica democratica. Detto questo, il tema principale è che questa scelta europea sia consolidata, considerando che l’Italia è l’unico dei grandi Paesi che rispetto alle scelte europee non ha modificato una sola riga della Costituzione, tranne l’articolo 117, primo comma. Nelle Carte di Spagna, Francia, Germania ci sono articoli che disciplinano esattamente i rapporti tra lo Stato e l’Unione europea.

Quali i rischi?

Secondo me su questo piano si può fare molto. E’ chiaro a tutti che il diritto europeo, nel momento in cui diventa come dire una normativa scelta democraticamente dalla comunità politica europea, ha bisogno di essere applicata omogeneamente. Ma non mi pare che questo sia il tema della discussione. La sovranità in Europa oggi continua ad appartenere agli Stati. L’ultima parola l’avranno gli Stati nel momento in cui vanno trattati i limiti del diritto europeo. Dire che il diritto europeo non debba prevalere sempre è un’affermazione che non può essere considerata così eversiva, perché fotografa lo stato delle cose. Dopodiché, secondo me l’Unione europea ha bisogno di fare molti passi avanti dal punto di vista della democratizzazione, prima di poter assorbire ulteriori fette di sovranità. Questo lo dice la Corte Costituzionale italiana e lo dice la Corte costituzionale tedesca. Quindi a me sembra una tempesta in un bicchier d’acqua.

Il ritorno all’elezione dei presidenti e delle assemblee provinciali, proposto da Lollobrigida, è una buona idea?

Tecnicamente è possibile. Politicamente non spetta a me dirlo. Secondo me questo tema va inserito in una complessiva riorganizzazione del modello di articolazione territoriale dello Stato. Noi abbiamo un regionalismo che è sempre stato applicato in modo diverso da come era stato concepito. Forse è giunto il momento di sedersi a tavolino e razionalizzare tutto questo sistema.

@FDepalo

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