L’epoca post ideologica di Francesco è un’epoca evangelica, radicalmente moderata perché non propone di partire lancia in resta contro i prepotenti, ma di addolcirli, senza blandizie ma neanche con l’olio di ricino obbligatorio. Il commento di Riccardo Cristiano
Chi ricorda il dipartimento di Stato di Mike Pompeo ha un ottimo punto di riferimento per capire come non funziona la diplomazia della Santa Sede, sempre ma a maggior ragione ora, al tempo di Francesco e Parolin. Se si apre una ferita profonda come il processo al cardinale Zen, non sarà certo il Vaticano a far sentire il clangore delle sciabole.
Il punto infatti non è affermare la propria verità, ma risolvere i problemi, avviare processi di riconciliazione, costruire e garantire diritti. Bearsi della propria condizione di vessati aggrava i problemi, allontana le parti, riduce i diritti acquisiti. Si spiega così la possibilità che davvero il vaticano abbia pensato a un incontro tra il papa e Xi durante le loro visite contemporanee in Kazakistan. Cosa risolverebbe il Vaticano puntando l’indice? Si sentirebbe soddisfatto di cosa? Di una prospettiva diversa per i cinesi, le loro libertà, i loro diritti? O di potersi presentare come paladino della giustizia? E poi?
Tutto sommato è quello che fece Giovanni Paolo II quando invitò gli ambasciatori del Patto di Varsavia a tornare in Vaticano, appena cominciò il suo pontificato. Questo fa la diplomazia e soprattutto quella della Santa Sede, consapevole che anche in casi peggiori, come le invasioni militari, il dialogo puzza ma si deve fare. Evitare che il mondo si strappi è un presupposto per conseguire la riconciliazione nei tempi e nei modi possibili, fermo restando che poi la storia si incaricherà di distribuire i giusti dividendi e che il vero risultato sarà migliorare le libertà dei cinesi, non poter dire “noi siamo dalla parte della giustizia, abbiamo ragione”.
Ovvio così venire alle armi, all’Ucraina, visto che nessuno ha chiesto al papa cosa pensi della scelta di Mosca di costruirne di nuove e terribili. Questo sembra scontato, banale, naturale a pacifisti e bellicisti. Forse non lo è. Mentre di normale c’è quello che ha detto il papa sulle armi per Kiev. La difesa è un diritto, una manifestazione di amore alla partita, mentre pensare di ammodernare gli arsenali o offendere il nemico non va, è immorale.
Finalmente deve finire, se si è onesti, l’oscena equazione tra offesa e difesa, tra aggressione e tutela. Questo è il punto drammatico che per mesi ci siamo portati dietro e che ha quasi fatto coinvolgere Francesco con i pifferai di un anti atlantismo ideologico, totale, che se in molti casi dice la verità sulle colpe imperiali della Nato non può mai giustificare la sua indifferenza alle sofferenze degli ucraini solo con l’ostilità preconcetta verso Washington.
Questo dunque è un balsamo per molti, perché essendo Francesco sudamericano ed essendo il suo continente una vittima di numerose condotte esecrabili da parte di Washington, alcuni hanno dato per assodato che il loro pregiudizio ideologico fosse anche il suo. Non è così. Francesco piuttosto ha dimostrato di essere stato prudente sul tema delle armi per non benedirle come se fosse una crociata, e per non essere percepito o rappresentato come il papa dell’Occidente, quello che non è e non sarà. Questo è il punto. Quella di Francesco è una Chiesa globale, universale, nella quale russi, vietnamiti, italiani hanno pari cittadinanza.
Non parla nessun dialetto la sua Chiesa globale, è la Chiesa della fratellanza globale. Dunque sta con le sofferenze degli ucraini non perché contro la Russia, non perché “occidentale”. E per lo stesso motivo non è antioccidentale, come tanti che ritengono che la pace sia resa ai nemici della Nato, il male “assoluto”. La pace non è mai resa al sopruso, alla prevaricazione, ma non è neanche rinuncia alla riconciliazione. Anzi, non cedere al sopruso è proprio questo, preparare la riconciliazione anche con l’invasore, come si potrà, a partire ovviamente dalla propriamente difesa.
Francesco non punta il dito contro Pechino come avrebbe fatto Mike Pompeo e quindi non lo fa neanche contro Mosca, nonostante il suo torto sia enorme verso Kiev. L’epoca post ideologica di Francesco è un’epoca evangelica, radicalmente moderata. Sì, radicalmente moderata perché non propone di partire lancia in resta contro i prepotenti, ma di addolcirli, senza blandizie ma neanche con l’olio di ricino obbligatorio.
Questa moderazione vuole essere contagiosa, punta sulla moral suasion, senza deflettere dalla tutela dei diritti di ognuno, a partire da quello a difendersi. Parlando di questa materia il papa lo ha fatto spesso in maniera estemporanea, con brevi incisi inserirti a braccio in discorsi complessi. E, capiti non benissimo, hanno fatto quasi “nuova dottrina politica”, o geopolitica. Ora è a dir poco curioso che il suo discorso pronunciato in aereo con i giornalisti tornando dal Kazakistan appaia ad alcuni troppo informale per costituire un riferimento solido. Lo è, e molto chiaro e importante a mio avviso.