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Gli effetti della debolezza politica sugli 007. Parla il prof. Giannuli

Il ricercatore dell’Università di Milano sulla novità delle operazioni sotto copertura per l’intelligence italiana: “Credete che i servizi segreti cinesi, per esempio, non stiano già preparando una risposta cercando di capire come infiltrare le nostre reti?”

Uno degli emendamenti al decreto Aiuti bis convertito in legge prevede che l’Aise possa “impiegare proprio personale” al fine di “attività di ricerca informativa e operazioni all’estero”. Il tutto deve essere previsto da un regolamento per disciplinare “il procedimento di autorizzazione all’impiego, del presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità delegata, ove istituita, nonché le relative modalità, condizioni e procedure, anche con riferimento alla specialità dei profili economici attinenti all’impiego del personale”. Inoltre, l’emendamento prevede che ogni sei mesi il presidente del Consiglio informi il Copasir di queste attività e operazioni condotte dall’Aise. Ne parliamo con Aldo Giannuli, ricercatore in Storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano, tra i massimi esperti d’intelligence in Italia.

Non crede che la novità delle operazioni sotto copertura per la nostra intelligence sia arrivata in ritardo?

Certamente. Abbiamo un sistema politico che per sua natura non è capace di decidere in tempi accettabili, non dico rapidi. Figuriamoci in un momento di questo tipo, per di più con l’idea geniale di tenere le elezioni anticipate con una guerra in corso e una crisi finanziaria in arrivo.

Da questo ritardo, chi ci guadagna?

Rispondo con una domanda. Credete che i servizi segreti cinesi, per esempio, non siano al corrente di quello che stiamo facendo e che non stiano già preparando una risposta cercando di capire come infiltrare le nostre reti? Con un sistema politico inceppato, questo è inevitabile. In Germania, la trasformazione dell’Organizzazione Gehlen nel Bundesnachrichtendienst negli anni Cinquanta fu concordata dal governo Adenauer con l’opposizione e poi semplicemente formalizzata. Se ci si muove nel mondo dell’intelligence bisogna farlo seguendo le regole del cono d’ombra. A me non piace molto, ma si fa così.

L’immaginario spesso evocato in Italia dei “servizi deviati” potrebbe aver rallentato il processo?

Credo che sia un motivo di serie C. Per esempio, il dibattito è molto più forte negli Stati Uniti con lo scontro tra l’FBI e l’ex presidente Donald Trump che ha indebolito l’intelligence. Il motivo principale è che si è inceppato il sistema con i partiti ormai incapaci di funzionare a dovere e produrre azione politica. Se prima c’erano i polli da batteria, ora ci sono polli da salotto.

Come si ripercuote questa debolezza sull’intelligence?

La debolezza politica produce la debolezza dell’intelligence, a iniziare dalla selezione del personale. Le radici sono non soltanto italiane ma più generali e profonde: in pochi anni abbiamo moltiplicato per otto la massa di informazioni che ci arriva ma allo stesso tempo sono crollati gli aspetti formativi. Risultato: abbiamo persone inondate da informazioni che però non sanno come organizzarle. Siamo alla politica del chiodo scaccia chiodo: prima la pandemia, poi la guerra, in futuro la crisi finanziaria. Ogni evento cancella il precedente e non si fa tesoro dell’esperienza.

Si è parlato molto del lavoro dell’intelligence nel contesto della guerra in Ucraina, anche prima dell’invasione russa. Qual è il suo giudizio?

I servizi occidentali sono stati bravi, di eccellenza nel settore operativo. Ma l’analisi, cioè la comprensione di dove possiamo infilare la lama per spaccare gli avversari, è stata un disastro. Basti pensare alle fesserie sulla malattia di Vladimir Putin di cui ormai non si parla più. Inoltre, c’erano più reti informative statunitensi nell’Unione Sovietica di quante non ce ne siano adesso nella Federazione Russa.

Come valuta i discorsi pubblici e i viaggi per mettere in guardia gli alleati prima dell’invasione?

Primo: sai che c’è invasione in arrivo e non prepari alcun contrasto? Secondo: sbagli tutte le valutazioni sul potenziale militare dei due contendenti. Non mi sembra una strategia di successo.

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