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Libia, Libano e Afghanistan. Perché i tre dossier (dimenticati) restano centrali

Mentre Teheran invia carburante in Libano, dopo aver rifornito Hezbollah, la Turchia membro Nato partecipa allo Sco summit e prova a dire la sua in Libia e Afghanistan. Dove la Cina punta alla ricostruzione e inizia a mandare i suoi treni della Via della Seta

La presenza del presidente turco Recep Tayyip Erdogan alla Shanghai Cooperation Organisation rappresenta un segnale preciso anche all’Occidente di come il Bosforo vuole essere centrale nelle partite “parallele” alla guerra in Ucraina che si stanno giocando tra i super player. Tre dossier come Libia, Libano e Afghanistan restano centrali anche per come verranno trattati dalle due fazioni di alleati.

Lo scenario nel Libano

Quattro libanesi su cinque vivono in povertà, secondo le stime delle Nazioni Unite: numeri da brivido. Entro un mese le riforme chieste dal Fondo Monetario Internazionale potrebbero vedere la luce, non fosse altro perché alternative potabili non ve ne sono. Il Pil del Libano è crollato in maniera verticale dal 2018, passando da 55 miliardi di dollari ai 20,5 fatti segnare nel 2021. Crisi e Covid, con nel mezzo la tragica esplosione al porto di Beirut nell’agosto 2020 che ha causato danni per miliardi di dollari, hanno impattato sulla vita quotidiana caratterizzata dai peggiori tassi di inflazione alimentare in tutto il mondo.

Un quadro su cui la crisi del grano ucraino ha inflitto il colpo di grazia. Per tutte queste ragioni Amin Salam, ministro dell’economia, ha annunciato la “volontà politica” di adottare le riforme chiave richieste dal Fondo monetario internazionale per un salvataggio necessario entro la fine del prossimo mese. Sul piatto ci sono 4 miliardi di dollari subito e la possibilità di sbloccarne altrettanti da governi e istituzioni internazionali. Ma secondo il governatore della banca centrale libanese il fabbisogno del paese è di almeno 12 miliardi di dollari per far ripartire la sua economia.

Cattive notizie anche dalla moneta locale, scesa a un nuovo minimo nei confronti del dollaro Usa, a 38.600 contro il biglietto verde, a causa di una grave recessione economica che ha innescato blocchi bancari da parte dei depositanti e proteste anti-governative. Persone armate hanno rapinato alcune banche per chiedere l’accesso ai loro risparmi congelati, e nei giorni scorsi molti istituti hanno chiuso le porte “per un tempo indefinito”, perché il rischio per dipendenti e clienti è troppo alto.

L’offerta dell’Iran sul gas

Nel mezzo, la crisi sociale in atto con sacche di povertà e fame che sono propellente per le mire dei jihadisti che offrono uno stipendio sicuro a giovani (e meno giovani) padri di famiglia libanesi. Ma non è tutto, perché anche la geopolitica presenta i suoi effetti: l’Iran ha intenzione di offrire al Libano 600.000 tonnellate di carburante per alleviare la sua carenza di energia. Si tratterebbe, se l’offerta si concretizzasse, della prima fornitura di carburante dell’Iran direttamente allo Stato libanese dopo averne inviato al suo alleato, Hezbollah. Una mossa che avrebbe degli effetti politici precisi.

La chiave di volta potrebbe essere allora il sito di Karish: Israele infatti è pronta ad attivare un giacimento di gas offshore vicino al confine marittimo conteso con il Libano. Ma da un lato Tel Aviv sostiene che Karish, concessa in licenza alla Energean, è interamente all’interno della sua zona economica esclusiva; dall’altro Beirut sostiene che invece una parte del giacimento è nelle sue stesse acque. Due mesi fa Hezbollah ha lanciato droni disarmati verso Karish dopo che Energean ha portato sul campo una nave di produzione. Ecco il filo che torna anche con Teheran.

Le tensioni in Libia

Pochi giorni fa in occasione dell’assemblea generale dell’Onu, il capo del Consiglio presidenziale libico, Mohammed Menfi, ha incontrato il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Al centro del colloquio non solo la pace e la stabilità nel Paese dilaniato dalle contrapposizioni fra tribù e fra le mire sull’energia, ma anche la possibilità che Ankara svolta il ruolo di cuscinetto nel prevenire una guerra civile.

La contrapposizione tra i due contendenti, Bachagha e Dbeibah, sfociata negli ultimi disordini a Tripoli, vorrebbe essere placata dalla Turchia. Ma nei fatti è un problema la presenza militare turca in loco, come dimostra il mandato militare in Libia di Ankara prorogato dal parlamento turco. Alcuni media libici sostengono che anche i turchi avrebbero recitato un ruolo negli scontri del 27 agosto scorso (32 morti e oltre 150 feriti).

Dualismo francoturco

Uno scenario in cui emerge anche il dualismo tra Francia e Turchia: Parigi, dicono alcuni media libici, sostiene Bachagha anche per stracciare gli accordi diplomatici ed economici firmati con la Turchia. Bashagha è stato nominato nuovo primo ministro dal Parlamento con sede a Tobruk a marzo scorso e ha formato il suo governo a Sirte, ma Dbeibah ha rifiutato di cedere il potere. Per cui, anche al fine di immaginare un cronoprogramma in vista delle elezioni, venti giorni fa a Istanbul il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, il ministro della Difesa Hulusi Akar e il capo dell’intelligence Hakan Fidan hanno incontrato i due premier libici rivali accompagnati dal governatore della Banca centrale libica Siddiq al Kabeer.

Afghanistan

Nel Paese che da un anno ha vietato alle donne di andare a scuola, come ha ricordato in un tweet il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, serpeggia la soddisfazione sia di Mosca che di Pechino per il ritiro delle forze statunitensi. Cina e Russia puntano a rimarcare il loro ruolo speciale in loco, mentre la Turchia non disdegnerebbe di prendere parte al ricco buffet della ricostruzione del paese. Nel nord dell’Afghanistan la guerra in corso non si ferma mentre a Vienna è stato annunciato il piano per la formazione di un nuovo movimento militare e politico, che spacchetterebbe il paese in cinque sezioni.

Bri

Ma è la Cina a giocare di anticipo, visto che lo scorso 13 settembre ha inaugurato un nuovo corridoio ferroviario, con i treni merci cinesi che consegnano merci all’Afghanistan attraverso il Kirghizistan e l’Uzbekistan. Le esportazioni di merci afghane seguiranno la stessa rotta verso la Cina. L’accordo, siglato lo scorso 11 settembre dai rappresentanti delle autorità ferroviarie nazionali di Uzbekistan, Afghanistan e Kirghizistan con Zhejiang Union of Railway International Logistics Co Ltd, una società privata Azienda di logistica cinese, prevede un flusso pari a 5.000 container di merci commerciali trasportato in sole due settimane. Fino a ieri servivano due mesi.

@FDepalo

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