La nuova leader del Partito conservatore riceverà domani l’investitura dalla regina Elisabetta. Assieme a lei al governo ci saranno i fedelissimi Kwarteng (cancelliere), Cleverly (Esteri) e Lord Frost (Cabinet Office). Sicuro della conferma anche Wallace alla Difesa. Un esecutivo molto thatcheriano, alla ricerca di idee davanti alla sfida dell’inflazione a doppia cifra
Dopo l’incoronazione di oggi come nuovo leader del Partito conservatore, Liz Truss volerà nell’Aberdeenshire, in Scozia, per essere ricevuta domani dalla regina Elisabetta II ed essere nominata nuovo primo ministro del Regno Unito. Prima di lei sarà Boris Johnson, che dovrebbe tenere il profilo basso per ora coltivando ancora il sogno di tornare un giorno alla guida del Paese forte dei consensi della base del partito, a incontrare la sovrana per un veloce faccia a faccia prima di lasciare le chiavi del numero 10 di Downing Street all’attuale ministra degli Esteri. Come previsto dalla prassi, suggerirà al primo ministro uscente di formalizzare la designazione del successore neoeletto come leader del Partito conservatore di maggioranza.
È la prima volta in oltre 70 anni di regno e 14, quasi 15, primi ministri che la cerimonia si svolge nella residenza estiva degli Windsor e non a Londra. I medici, si era appreso nei giorni scorsi, avevano sconsigliato alla sovrana di viaggiare fino alla capitale per la designazione.
Truss, 47 anni, è la terza donna a guidare il governo britannico dopo Margaret Thatcher e più recentemente Theresa May. È il terzo primo ministro dopo la vittoria del Leave nelle urne del giugno 2016, il secondo da quando la Brexit si è conclusa il 31 gennaio del 2020.
Truss, cresciuta tra Oxford, Scozia e Canada, è passata dalla sinistra al centro in gioventù per scriversi al Partito conservatore nel 1996 venendo candidata nella cosiddetta “A List”, l’elenco dei fedelissimi del primo ministro David Cameron eletto nel 2010. Da allora ha sempre difeso il suo seggio per South West Norfolk, un feudo tory. Ha anche fatto un’inversione di rotta sulla Brexit, diventando una convinta sostenitrice dopo aver inizialmente fatto campagna per la permanenza del Paese nell’Unione europea. Le sue oscillazioni su questioni politiche centrali nel corso del tempo ha portato numerosi osservatori a chiedersi se le sue convinzioni siano sincere o semplicemente ciò che conviene al momento.
Come raccontato su Formiche.net un anno fa in occasione della sua nomina a ministro degli Esteri, Truss è al governo nel 2012. Prima da ministro junior. Poi da secretary, l’equivalente anglosassone dell’italiano ministro. Prima di assumere l’incarico più importante al Foreign Office (prima donna tory, seconda nella storia dopo la laburista Margaret Beckett), ha guidato Ambiente, Giustizia, Tesoro, infine Commercio internazionale. Era il 2019: il suo passo indietro dalla candidatura alla successione di Theresa May è stato premiato da Johnson con quel dicastero da cui ha coordinato i lavori per il primo accordo commerciale di libero scambio post Brexit, quello con il Giappone.
Centrale nel confronto con Rishi Sunak per la leadership tory e prima sfida per Truss al numero 10 di Downing Street è l’inflazione ormai in doppia cifra, ai massimi da quattro decenni a questa parte, spinta dall’impennata delle bollette energetiche per le famiglie. Lo spettro della recessione è stato agitato anche dalla Banca d’Inghilterra. Truss, che non ha presentato un suo programma di governo, ha spiegato che una recessione “non è inevitabile”. Servono tagli fiscali per contenere la corsa dei prezzi e rilanciare la crescita, ha detto alimentando critiche dal rivale e da diversi economisti. L’aumento della domanda aggraverà l’inflazione, è la loro replica che guarda anche alla crescita della spesa pubblica legata alla promessa di un incremento delle spese militari. Il rischio è che a lungo termine il governo debba tagliare le spese o aumentare nuovamente le tasse per pagare eventuali tagli fiscali introdotti.
In questo senso, dopo anni di divergenze tra il numero 10 e il numero 11 di Downing Street, dovrebbe tornare la sintonia che ha segnato il governo Cameron con il fidato George Osborne a tenere i conti. Cancelliere, infatti, dovrebbe essere Kwasi Kwarteng, promosso dall’attuale posizione di segretario agli Affari, un liberista da tempo vicino a Truss. I due abitano vicini nel quartiere di Greenwich, un feudo laburista, e assieme hanno scritto nel 2012, con altri tre deputati tory, il libro Britannia Unchained sostenendo la necessità di un’economia basata su tasse basse, scarsa regolamentazione e in generale un governo “più piccolo”. “Un governo di Liz Truss sarebbe apertamente a favore della crescita” è titolato il suo intervento odierno sul Financial Times.
Dovrebbe essere promosso anche James Cleverly, da luglio segretario all’Educazione, in passato minister of State (il nostro sottosegretario) al Foreign Office, in predicato di prendere il posto di Truss. Nei due anni in cui ha lavorato al fianco della nuova premier, si è occupato anche di Ucraina, in sintonia con la ministra e partecipando alle riunioni con internazionali a livello di numeri due della diplomazia, quelle che spesso traducono in pratica le decisioni dei vertici. Cleverly fa parte del cosiddetto “Greenwich set”, dal nome del quartiere a Sud-Est della capitale (ai tempi di Cameron andava di moda il “Notting Hill set”, in quelli di Tony Blair la politica era concentrata attorno a Islington). Con lui e Truss, a formare la gang di Greenwich, anche Kwarteng e l’ex negoziatore della Brexit Lord David Frost, a cui dovrebbe essere riservato un posto di prestigio nel Cabinet Office. Cleverly è un tenente colonnello delle forze armate di terra ed è stato presidente del Partito conservatore. Con il suo passato, potrebbe aiutare Truss nella pianificazione delle prossime elezioni generali, che si terranno prima del gennaio 2025. Al suo fianco dovrebbe esserci Tom Tugendhat, astro nascente tory e voce dei moderati dell’ala One Nation, oggi presidente della commissione Esteri della Camera dei Comuni. Le sue posizioni da “falco” sulla Cina, ribadite anche nelle ultime ore in un articolo sul Telegraph, potrebbero far al caso di Truss, decisa ad affrontare l’ascesa internazionale di Pechino con più durezza di quanta messa in campo dai predecessori. Potrebbe partire da una revisione della Integrated Review, la strategia Global Britain post Brexit presentata soltanto un anno e mezzo fa da Johnson.
Al ministero dell’Interno ci dovrebbe essere Suella Braverman, attuale procuratore generale e pronta sostenitrice di Truss dopo essere stata eliminata al secondo turno della corsa alla leadership. Popolare nell’ala destra del partito, è stata centrale nel gruppo “spartano” dei parlamentari tory che ha votato tre volte contro l’accordo sulla Brexit di May e ha portato successivamente alle sue dimissioni e alla cosiddetta “hard Brexit” di Johnson.
Ben Wallace è uno dei pochi attuali ministri del gabinetto che dovrebbe mantenere il suo incarico: ministro della Difesa. Piace ai membri del partito, tanto che a un certo punto sembrava il favorito per prendere il posto di Johnson, prima di decidere di non candidarsi. Si è duramente scontrato con Sunak sulle spese militari: l’allora cancelliere era contrario all’aumento al 3%, mentre la nuova leader sembra concordare con lui. È considerato come uno dei ministri più capaci dell’attuale gabinetto e potrebbe essere la scelta di Truss se dovesse decidere di avere un vice primo ministro. I due sono in forte sintonia sulla linea dura da mantenere nei confronti della Russia: da ministri degli Esteri e della Difesa hanno dato forma allo slancio di Johnson. Wallace è da sempre attento alla stabilità del Mediterraneo, ed in particolare del Mediterraneo Orientale. Per questo ha coltivato negli anni buone relazioni sia con l’Italia sia con la Turchia, alleati nella Nato. Al suo fianco dovrebbe essere Penny Mordaunt, attualmente ministra del Commercio, che è stata vicina a superare Truss per gli ultimi due posti nella corsa alla leadership tory. La sua popolarità tra i parlamentari dovrebbe garantirla un ruolo di gabinetto, in cui dovrebbe esserci anche Kemi Badenoch, che da giovane ministra delle Comunità ha impressionato Truss e buona parte del partito.
Con la gang di Greenwich al suo fianco, Truss cercherà uno stile meno presidenziale di quello di Johnson, dando ai ministri più libertà d’azione. Ciò significa una squadra di Downing Street più piccola, più simile rispetto ai vari team di Johnson. Il suo staff dice che lei vuole “fare meno cose meglio” e ha sempre pensato che ci siano troppe persone nel gabinetto. Anche in questo, Truss punterà a replicare il modello Thatcher, figura che ha ricordato anche tramite le scelte di abiti e fotografie in vari momenti della sua vita politica, compresi la risposta al presidente russo Vladimir Putin e alcuni momenti della sfida alla leadership tory contro l’ex cancelliere Rishi Sunak.
La rivista The Atlantic ha evidenziato come per i tory la risposta perfetta sia sempre Margaret Thatcher. Richiamarsi a una figura ancora nota, influente e ammirata può essere utile per mostrare aderenza ai valori del partito e convincere la base. Lo hanno fatto sia Truss sia Sunak in questa corsa alla leadership. Lo storico Anthony Seldon ha spiegato, citato da Politico, che la tendenza a richiamare Thatcher “c’è sempre stata, ma è accentuata in questo momento perché il partito non sa cosa sia o cosa voglia”. “Nei 32 anni trascorsi da quando si è dimessa, nessun leader conservatore le si è avvicinato”, ha evidenziato ancora. “Nessuno ha ottenuto tre vittorie elettorali, nessuno ha conquistato la destra, nessuno ha fatto sentire il Regno Unito di nuovo così forte come Paese”.
Thatcher e Truss sono, però, molto diverse. Alla seconda mancano il discorso e l’approccio “nazionale”, la prontezza e la chiarezza di idee della prima. E il paragone con la cosiddetta lady di ferro è già costato caro all’altra premier donna nella storia del Regno Unito, Theresa May, ribattezzata dai maligni la lady di latta.