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Occhio a sfondare il tetto del deficit. Sulle bollette il piano b di Messori

Ricorrere a un nuovo scostamento di bilancio non solo è quasi impossibile a causa delle imminenti strette monetarie della Bce ma anche sconsigliabile, perché le alternative ci sono a cominciare dalla fissazione di un price cap. L’Italia per il momento non tema un attacco al debito, si preoccupi semmai del Pnrr, perché la stagflazione è dietro l’angolo

Niente è scontato quando si è in guerra. E l’Italia, almeno sul terreno dell’energia, lo è. Se c’è una domanda che in questi giorni va rimpallandosi tra Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia è: come evitare di ricorrere a un nuovo scostamento di bilancio, alias deficit, per finanziare il decreto, in gestazione, con cui raffreddare le bollette? Mario Draghi, non è un mistero, di mettere sotto stress ancora i conti non ne vuol sapere. Bisogna trovare altre strade e allora ecco che prende corpo l’ipotesi di tassare, nuovamente, gli extra-profitti delle imprese energetiche (ma non solo) al 50%, tenendo bene a mente i rischi del caso, per esempio affossarne i titoli in Borsa.

Per Marcello Messori, economista della Luiss e saggista e che i conti pubblici li conosce fin troppo bene, il deficit non andrebbe toccato, meglio provare altre strade, la soluzione c’è. E poi c’è anche una buona notizia: un attacco al debito sovrano italiano è per il momento più una suggestione che altro.

Il governo sta cercando di reperire le risorse necessarie a finanziare il nuovo intervento sulle bollette. E c’è chi propone un nuovo scostamento di bilancio, dell’ordine di 20-30 miliardi, nonostante la contrarietà del premier. Non crede che possa essere un errore mettere nuovamente sotto stress i conti, ipotecando la crescita e rischiando una vendetta dei mercati. Oppure il gioco vale la candela?

L’emergenza energetica è pesante anche perché le interruzioni nell’offerta russa del gas e la volatilità dei prezzi correnti alimentano l’incertezza. E vi è una parte delle imprese e delle famiglie italiane che rischiano di trovarsi in situazioni di grave sofferenza. Credo però che la via degli scostamenti di bilancio per una generalizzata, anche se parziale, sterilizzazione delle impennate nei prezzi energetici sia impraticabile.

Se non si può fare nuovo deficit i soldi da qualche parte bisogna prenderli, però…

L’intonazione ormai restrittiva della politica monetaria della Bce toglie spazio per ulteriori aumenti nel rapporto debito pubblico/Pil di Paesi come l’Italia. Ne consegue la necessità di utilizzare una varietà di strumenti per interventi selettivi di breve e di lungo termine. Nel breve termine, è inevitabile cercare nelle pieghe del bilancio nazionale risorse per alleviare le difficoltà di imprese efficienti ma particolarmente vulnerabili rispetto ai costi dell’energia o rispetto alla carenza di input colpiti dai vincoli energetici, famiglie a reddito basso o sulla soglia della povertà che non sono in grado di far fronte agli incrementi nelle bollette. Ed è poi necessario eliminare, a livello europeo e nazionale, quelle distorsioni regolamentari e di mercato che aggravano l’impatto degli aumenti nei prezzi dell’energia tradizionale (gas e petrolio).

Per esempio l’accoppiamento del prezzo del gas a quello dell’elettricità di fonte rinnovabili?

L’ovvio esempio è dato dal legame troppo meccanico fra l’andamento di tali prezzi e il prezzo dell’elettricità che dipende da un paniere più ampio di fonti anche sostenibili. Ma non è tutto, è infine opportuno definire una strategia europea per il contenimento della domanda di gas e per la conseguente fissazione di prezzi massimi di acquisto sui mercati internazionali, che sia però calibrata sulla capacità di mettere in comune gli stock disponibili e di diversificare in modo cooperativo le fonti di approvvigionamento.

Torniamo allo scostamento di bilancio…

Ecco, nel lungo periodo, si tratta di accelerare il passaggio alle innovazioni verdi e di rafforzare la cooperazione fra Stati membri mediante l’accentramento delle decisioni nella difficile fase di transizione. Sono convinto che, combinando questo insieme di strumenti elencati, diventi possibile superare l’emergenza senza drammatici squilibri nei bilanci pubblici nazionali.

In questi giorni si è spesso allungata sull’Italia l’ombra della speculazione sui nostri titoli. Lo spread è risalito, certo, ma forse non sarà eccessivo aspettarsi quella tempesta perfetta già vista nel 2011?

Non credo che siamo alla vigilia di una scommessa speculativa contro la capacità dell’Italia di rimanere nell’euro area. Nonostante tutto, i tassi di interesse di policy rimangono largamente negativi in termini reali, la realizzazione del Pnrr garantisce ingenti afflussi di risorse europee, il nostro apparato produttivo ha dimostrato una buona capacità di adattamento al difficile quadro economico internazionale.

Allora possiamo dormire sonni tranquilli…

Alt. Sull’altro piatto della bilancia, resta però il fatto che siamo ormai alla vigilia di una stagflazione europea e che i margini per incrementi di spesa pubblica si stanno esaurendo. In questo contesto, è facile per un Paese fragile come il nostro compiere mosse avventate e attizzare incendi inattesi. Se la dinamica della spesa pubblica sfuggisse al controllo, se le partite sull’evoluzione di grandi società pubbliche e private rimanessero prigioniere di calcoli nazionalistici di breve termine, se il Paese si mostrasse incapace di realizzare gli impegni del Pnrr, l’Italia si collocherebbe in una posizione conflittuale con le istituzioni europee e con le prospettive del mercato unico. E questo esporrebbe il Paese a fortissime tensioni.

Poi ci sono le elezioni politiche, che sui mercati fanno sempre un certo effetto…

L’incertezza politico-istituzionale legata all’esito elettorale, che pure è una componente di un irrinunciabile presidio democratico, costituisce un fattore di appesantimento di breve termine.

La Bce con ogni probabilità tornerà ad alzare il costo del denaro. Una misura per tentare di frenare un’inflazione a tratti ingovernabile. Servirà? E non crede che collateralmente, rimanendo nel campo d’azione europeo e sempre in chiave di controllo dei prezzi, occorra fissare un price cap sul gas?

Mi pare che sia ineluttabile una progressiva stretta monetaria da parte della Bce. Si potrebbe discutere a lungo se sarebbe stato possibile evitare un processo di inflazione così alto e una minaccia di recessione così pesante per l’euro area. Resta il fatto che, oggi, questo è il quadro macroeconomico che dobbiamo fronteggiare. Sul complesso problema del prezzo del gas si è già detto. Ciò che va chiarito è che, se anche la Ue fosse in grado di affrontare nel modo più efficiente il problema, ciò non eviterebbe una restrizione monetaria.

Il che non è una manna per la crescita.

La vera sfida rimane, tuttavia, quella di evitare che la politica monetaria restrittiva non sia compensata da politiche fiscali di sostegno alla crescita di medio periodo. E, dati i crescenti vincoli alle politiche fiscali nazionali cui si è sopra accennato, queste politiche fiscali non possono che essere iniziative centralizzate a livello europeo secondo la metodologia tracciata da Next Generation Eu.

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