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Spunti per il futuro ministro della Difesa. Scrive Nones (Iai)

Di fronte a una scarsa attenzione verso la Difesa, la speranza è che il nuovo governo mantenga gli impegni presi e riorganizzi lo strumento militare. Da una maggiore fiducia nelle Forze armate a una politica industriale adeguata, fino a rendere più trasparente la collaborazione parlamentare. Sono solo alcuni degli obiettivi delineati da Michele Nones, vicepresidente dell’Istituto affari internazionali (Iai), per il prossimo ministro della Difesa

Ci sono, purtroppo, alcune costanti negative nel dibattito politico italiano: una riguarda la scarsa attenzione per il tema della Difesa che è l’inevitabile risultato della mancanza di una cultura della difesa che, invece, in altri Paesi avanzati costituisce una delle basi dell’identificazione nella propria nazione e dell’attaccamento alle sue istituzioni. Non si può, quindi, rimanere particolarmente sorpresi se nei programmi elettorali delle coalizioni e dei partiti il tema della Difesa è assente (a parte quello di Azione), a parte il doveroso riferimento alla guerra in corso in Ucraina e qualche demagogico richiamo a usi impropri delle Forze armate (per contrastare l’arrivo dei profughi e la diffusione della criminalità o per sostituirsi, reintroducendo una qualche forma di leva, a famiglie e scuole nel formare il carattere dei nostri giovani).

Un silenzio assordante

Nonostante le preoccupazioni esplose con l’attacco russo del 24 febbraio e l’unanime richiesta parlamentare di rafforzare le nostre capacità di Difesa anche aumentandone il finanziamento, l’inizio della campagna elettorale ha visto un fuggi fuggi generale dal senso di responsabilità che sembrava essersi diffuso. Qualcuno si è rimangiato spudoratamente gli impegni presi e la maggior parte ha, comunque, preferito evitare di parlarne. La speranza è che questo assordante silenzio mascheri la consapevolezza che il nuovo governo e la sua maggioranza, proprio per non aver preso impegni con gli elettori, mantengano la posizione assunta dall’attuale governo, puntando a rispettare l’obiettivo del 2% del Pil destinato alla Difesa entro il 2028 (niente impedisce, peraltro, che, anche se con quattro anni di ritardo rispetto alle decisioni condivise in ambito Nato, ci si possa arrivare vicini anche prima) e ad avviare una nuova riorganizzazione dello strumento militare entro un anno come previsto dalla legge approvata quasi all’unanimità lo scorso agosto.

Serve più consapevolezza

Primo obiettivo della nuova legislatura dovrebbe, quindi, essere quello di far crescere la consapevolezza che dobbiamo tutelare meglio la nostra Difesa e sicurezza e, di conseguenza, formare la nostra opinione pubblica assumendo posizioni responsabili e chiare sui sacrifici che il Paese deve compiere. Il quadro internazionale è preoccupante e mette a rischio tutti i Paesi democratici: dalla nostra risposta, insieme a quella di alleati e amici, dipenderà il nostro futuro.

Più fiducia nelle Forze armate

Secondo obiettivo dovrebbe essere quello di riconoscere alle Forze armate tutta la fiducia che meritano. Il ministro ha due principali consiglieri: il capo di Stato maggiore della Difesa e il segretario generale della Difesa. Insieme al comandante del Comando di vertice interforze e ai capi di Stato maggiore delle Forze armate, possono essere interlocutori leali ed efficaci per il ministro e il governo, fornendo tutta la loro competenza tecnica nel mettere a punto le decisioni politiche. È con questa impostazione che dovrebbero essere messi a punto i provvedimenti previsti dalla legge 119 del 5 agosto di quest’anno sulla revisione dello strumento militare nazionale per consentire al nostro Paese, nell’arco di dieci anni, di avere Forze armate più efficienti, preparate, equilibrate e con un’età media adeguata. Fondamentale, in quest’ottica, sarà anche la costituzione di una forza di riserva per far fronte ai momenti di necessità sostituendo i professionisti negli incarichi meno rischiosi.

Riorganizzare l’ufficio di Gabinetto del ministro

Terzo obiettivo dovrebbe essere la riorganizzazione del Gabinetto del ministro della Difesa. Deve essere un organismo snello ed efficace in grado di aiutare il ministro nel predisporre le sue direttive politiche e nel seguirne l’attuazione, garantendo ai vertici delle Forze armate la continuità del supporto politico in sede parlamentare, interministeriale e internazionale, ma anche nella costruzione di una collaborazione strutturata con l’industria dell’aerospazio, sicurezza e difesa e con il mondo della ricerca (compreso quello accademico) in modo da rafforzare le nostre capacità tecnologiche e industriali. Un sistema complesso, come quello militare, non può essere governato dal solo ministro. Altri ministeri possono contare su viceministri e sottosegretari con precise deleghe. Lo staff del ministro deve essere di limitate dimensioni e scelto su basi fiduciarie, senza vincoli burocratici o di divisa: tutte le attuali incombenze formali dovrebbero, invece, essere assegnate alle strutture militari.

Politica industriale adeguata

Quarto obiettivo dovrebbe essere l’attuazione di una politica industriale adeguata a un Paese che vanta importanti competenze tecnologiche e industriali che devono, però, continuamente lottare per superare gli scogli di una normativa arretrata (come nella contrattualistica e nel controllo delle esportazioni) e non possono sfruttare appieno il sostegno all’innovazione tecnologica e lo strumento degli accordi governo-governo a causa di vuoti e carenze burocratiche e regolamentari. Il sistema-Difesa si basa su un rapporto equilibrato tra le sue tre componenti: quella politica militare (con adeguati finanziamenti), lo strumento militare (con in primo luogo le Forze armate) e la base tecnologica e industriale (con le imprese grandi, medie e piccole e i centri di ricerca e le università). Per questo è soprattutto una responsabilità del ministro della Difesa assicurare un’efficace azione di politica industriale in questo settore.

Più approccio interforze

Quinto obiettivo dovrebbe essere quello di stimolare ancora di più l’approccio interforze, mettendo al primo posto, soprattutto nelle posizioni dirigenziali, una logica più meritocratica e meno basata sul colore della divisa. In quest’ottica dovrebbe essere radicalmente trasformata la componente civile della Difesa sviluppandone le competenze gestionali e tecniche in modo da lasciare la componente militare più libera di concentrarsi sul piano operativo.

Efficientare la collaborazione con il Parlamento

Sesto obiettivo dovrebbe essere quello di riorganizzare e rendere più efficiente e trasparente la collaborazione col Parlamento per quanto riguarda i programmi di investimento. Anticipando la presentazione del Dpp a marzo, tutti i programmi da avviare nell’anno dovrebbero essere presentati e discussi tutti insieme dalle commissioni parlamentari in una specifica sessione in contemporanea con un esame dello stato dei programmi in corso. Si uscirebbe, in questo modo, dall’assurdo approccio caso per caso e si potrebbe arrivare ad un dibattito complessivo sulle scelte del Governo, contribuendo a rafforzare quella cultura della Difesa e della sicurezza di cui il Paese ha bisogno.

Non sono, purtroppo, solo questi i problemi della Difesa. Ma se anche il prossimo governo e ministro riuscissero a risolverne alcuni, darebbero un grande contributo alla Difesa e alla sicurezza del nostro Paese.


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