Taiwan sta organizzando le sue difese, e mentre aumentano le spese governative, crescono organizzazioni e gruppi privati che ricevono finanziamenti per preparare milizie civili e cyber guerriglia contro l’infowar e le ambizioni cinesi
La visita della Speaker della Camera statunitense, Nancy Pelosi, a Taiwan ha creato l’occasione per la Cina di spostare ancora lo status quo a proprio vantaggio. Ma ha anche scosso chi come Robert Tsao da tempo sta pensando a come poter aiutare il suo Paese. Il magnate titolare della United microelectronics corporation (UMC), seconda azienda al mondo nel cruciale comparto di fabbricazione e assemblaggio dei microchip, nei giorni successivi al viaggio della democratica americana – mentre tra i cieli e le acque taiwanesi i mezzi militari di Pechino mostravano i muscoli – ha deciso di donare 100 milioni di dollari per rafforzare la difesa di Taipei.
Vestendo un elmetto e un giubbotto antiproiettili, Tsao si era presentato in conferenza qualche giorno dopo il pranzo con Pelosi e aveva dichiarato: “Non vivrò mai per vedere Taiwan diventare un’altra Hong Kong”. Il capo di UMC — che con la più grande ancora TMSC è uno dei fattori che rende unico Taiwan — in quelle stesse settimane ha ripreso il passaporto taiwanese, un tempo accantonato per muoversi più agevolmente nel mondo degli affari e della politica della Repubblica popolare (CCP). Il 30 agosto ha annunciato un altro finanziamento per costruire una milizia civile. Una sorta di unità riservista di emergenza da usare se il Partito/Stato cinese dovesse decidere di invadere l’isola — che da dottrina del CCP è una provincia ribelle da conquistare anche con la forza per cancellare l’ambiguità delle due Cine.
Nei giorni scorsi Tsao ha messo sul piatto altri milioni con cui finanziare un nuovo corso di difesa informatica per i cittadini taiwanesi. L’obiettivo è combattere la disinformazione online e fare fronte alla guerra ibrida che potrebbe accompagnare un potenziale attacco militare cinese alla democrazia insulare autogovernata. A raccogliere i fondi sarà la Kuma Academy, una società creata lo scorso anno per aiutare i taiwanesi a prepararsi a un eventuale attacco cinese.
L’accademia prevede di fornire una formazione militare civile a tre milioni di persone nei prossimi tre anni. E parte dell’addestramento comprende corsi di base per l’identificazione e il debunking pubblico della disinformazione online. La Kuma inoltre prevede di lanciare corsi avanzati sulla raccolta di informazioni open-source (OSINT). L’OSINT può includere l’uso di immagini satellitari disponibili al pubblico per tracciare i movimenti delle truppe, l’analisi dei database e la valutazione dei post sui social media di persone che affermano di essere state testimoni di eventi importanti.
“Vogliamo espanderci”, ha detto Puma Shen, cofondatore di Kuma Academy, in un’intervista ad Axios, in cui ha aggiunto che non basterà muoversi in fase di emergenza, ma serve preparazione. Shen ha spiegato che intende formare i partecipanti su come adattare le pratiche generali di OSINT al contesto taiwanese, ad esempio compilando elenchi di parole tipicamente usate dai netizen di Taiwan ma non dalla Cina, che potrebbero aiutare a determinare l’identità degli utenti dei social media che pubblicano informazioni dichiarando di essere taiwanesi.
Anche in questo caso, il contesto ucraino crea una similitudine importante. Sia in questa fase di guerra aperta, che in quella dell’annessione a bassa intensità della Crimea, il mondo delle OSINT è stato cruciale per individuare i movimenti russi. Riconoscere le uniformi, incrociare i dati di alcuni dei soldati con i loro profili social, individuare tramite le georeferenziazioni i luoghi di alcune immagini, contribuisce ad avere un quadro di ciò che sta accadendo in tempo reale. Una situation awarness fondamentale se sommata alle informazioni di intelligence e militari, che spesso sfata narrazioni e fake news, e che permette contromosse sul nemico.
L’ammiraglio Lee Hsi-ming, ex capo della Marina e capo dello Stato Maggiore, è tra coloro che sostiene la necessità che Taiwan crei una forza civile specializzata in operazioni di guerriglia hit-and-run, armata con equipaggiamenti leggeri (un esempio i sistemi anticarro Javelin usatissimi in Ucraina), e in grado di creare supremazia hyper-local come viene definita. Ossia resistenze e controffensive puntuali che possono rompere il fronte degli eventuali invasori. A questi poi andrebbe aggiunto il rafforzamento delle unità di protezione civile — e anche in questo sono in atto organizzazioni che forniscono corsi di formazioni volontari e privati.
C’è anche un fattore emotivo. I corsi mirano a promuovere un senso di speranza tra i taiwanesi, spiega Shen, mostrando loro come possono partecipare al destino della nazione e sottolineando i limiti che la Cina deve affrontare se dovesse tentare un’invasione. Il coinvolgimento popolare è un fattore determinante. L’invasione dell’Ucraina ha fornito una potente lezione ai cittadini di Taiwan: un Paese più piccolo può resistere e persino combattere contro una forza d’invasione più potente. E cresce il numero di coloro che chiedono al governo di Taipei di fare di più per difendersi. Già prima della guerra, un sondaggio del 2021 aveva comunque rilevato il sostegno pubblico per un migliore addestramento, un servizio nazionale più lungo e l’aumento delle volontà di arruolamento delle donne in tutti i gruppi demografici e politici.
Taiwan ha speso miliardi per acquistare armi dagli Stati Uniti e ha rafforzato le sue relazioni e partnership internazionali. Sta già riformando il suo programma di riservisti e a inizio aprile il ministero della Difesa ha annunciato il ritorno a un anno intero di leva per i giovani taiwanesi e l’abolizione del servizio pubblico non militare che molti avevano cercato come alternativa più facile. I sondaggi nazionali hanno rilevato che le proposte sono state accolte con favore dalla comunità, che ha anche mostrato una maggiore disponibilità a combattere per la difesa di Taiwan.
I gruppi e i corsi esistenti hanno registrato un aumento delle richieste da tre a dieci volte e nuove iniziative di base sono sorte in tutte le città. Enoch Wu, fondatore di uno dei corsi di formazione civile di più alto profilo e professionalità, ad aprile spiegava al Guardian che la domanda era già presente da tempo, ma “gli eventi in Ucraina ci hanno dato l’opportunità di esprimere questo desiderio con maggiore urgenza e hanno spinto più persone ad agire immediatamente”.
Uno dei lavoro di comunicazione che la Kuma Academy sta facendo è quello di cercare di contrastare la convinzione — comunque comune a Taiwan — che se la Cina dovesse invadere, Taiwan non avrebbe altra scelta che arrendersi immediatamente. È un fattore che influenza il morale, la risposta e la volontà di preparazione dei cittadini. C’è un effettivo sbilanciamento (le truppe taiwanesi sono inferiori di oltre il 60 per cento rispetto a quelle cinesi). Ma i fatti supportano il livello di complessità che Pechino si troverebbe davanti: la Cina avrebbe difficoltà di assalto anfibio (per ora, anche se si sta organizzando) e logistiche (attraverso lo Stretto di Taiwan le linee di rifornimento potrebbero essere facilmente tagliate).
I rumors possono “distruggere la nostra volontà di resistere”, ha detto Ho Cheng-hui, un altro cofondatore e della Kuma, durante una lezione. “La guerra è, nella sua natura più elementare, una gara di volontà. Le due parti usano una varietà di metodi per cercare di costringere l’altra a obbedire alla propria volontà. Il conflitto armato è solo una delle forme di guerra moderna”.
L’information warfare svolgerà un ruolo cruciale in un eventuale conflitto taiwanese. Ancora il caso ucraino come esempio: media, gruppi e organizzazioni online affiliati alla Russia hanno diffuso propaganda e disinformazione mirata, con l’obiettivo di indebolire la volontà e interrompere i processi decisionali di Kiev e degli alleati occidentali. I cittadini ucraini, così come i gruppi e gli individui di tutto il mondo, hanno però avviato rapidamente forme di collaborazione per combattere la disinformazione online russa. E le OSINT sono state fondamentali.