Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Tre motivi per cui la flat tax di FdI non convince. Parla Morando

Intervista all’ex viceministro dell’Economia. La tassa piatta proposta dal partito vincitore delle elezioni non porterà maggior gettito e soprattutto potrebbe dare vita a forme di contabilità creativa. Dall’Europa più tempo per la manovra, ma in fin dei conti è quasi un atto dovuto

Attenzione a maneggiare la flat tax. C’è qualcosa che proprio non torna nella politica economica di Giorgia Meloni, ora che dall’Europa è arrivata una preziosa proroga affinché la manovra d’autunno possa essere scritta sia dai tecnici di Fratelli d’Italia, sia dal governo uscente di Mario Draghi, nella persona di Daniele Franco, ministro dell’Economia. Di questo è più che convinto Enrico Morando, che proprio al Tesoro è stato viceministro nei governi Gentiloni e Renzi.

Prima però, la sponda europea al futuro governo Meloni. “Si tratta di un atto dovuto, per consentire al nuovo governo di prendere in mano la situazione e a quello uscente di preparare tutto il lavoro da consegnare all’esecutivo che verrà, a partire dalla legge di Bilancio. Serve dunque tempo materiale per consentire l’inserimento delle iniziative di chi ha vinto le elezioni. Quindi mi pare tutto abbastanza normale, nella logica di un passaggio di consegne non certo banale”, spiega Morando. Che poi affronta nel merito la melonomics.

“Cosa non mi convince? Glielo dico subito, la flat tax incrementale (la tassa piatta sui redditi tarata sull’aumento del reddito rispetto all’anno precedente, ndr) che mi pare qualcosa di molto pericoloso per il Paese. E sa perché. Primo, tale proposta è solo di apparente buon senso, per il semplice motivo che non presenta oneri bassi o inesistenti, come si vuol far credere. La tassa piatta incrementale ignora il fatto che ci sia un’inflazione molto elevata in questo momento. Vede, l’incremento di reddito è misurato in termini nominali e non reali e dunque una proposta di questo tipo finirebbe con il creare i presupposti per una forte riduzione del gettito, a fronte di un aiuto effettivo alla crescita reale”, sottolinea l’ex viceministro dem.

“Questa è una prima osservazione. Poi ce ne sta un’altra. Mi rifiuto di pensare che sia una proposta una tantum, perché se così fosse altro non sarebbe che un bonus. Se fosse invece una misura strutturale, allora c’è un altro problema, della serie, l’anno di riferimento rimane sempre lo stesso? No, e allora a un certo punto bisognerà cambiare anno di riferimento relativamente al reddito. Come vede c’è anche un problema tecnico, che darebbe vita a forme di contabilità creativa, questo è certo: quale è l’anno di riferimento? Quando lo si sposta? Tutto questo va messo nel conto. Pensiamo all’accordo tra datore di lavoro e il dipendente, con il secondo che ha fatto lo straordinario a fine anno. Se viene pagato a gennaio dell’anno dopo, per esempio, ecco che il reddito base su cui calcolare la tassa cambia. Ma non è tutto”.

Morando infatti sviscera ancora la misura fortemente voluta da Fratelli d’Italia. “C’è un un terzo fattore di criticità. Questa tassa piatta incrementale non è in grado di fornire un effettivo contributo alla crescita. Non a Bruxelles e non alla Ragioneria generale, nessuno ha mai preso sul serio l’ipotesi di considerare una simile misura che comporterebbe nei fatti una rinuncia al maggior gettito. Qui, come detto, di entrate in più, non ce ne sarebbero. Credo che questa iniziativa sia stata valutata e calcolata male. Ripeto, se io introduco la flat tax incrementale, modifico la legislazione vigente, quindi debbo coprire integralmente tutti i soldi persi con il mancato maggior gettito, che debbono essere portati a copertura della misura stessa. Troppi hanno detto che è una proposta di buon senso, che mitiga la flat tax tradizionale, ma non è così”.

×

Iscriviti alla newsletter