Il co-fondatore di FdI: “Giorgia e Matteo? Sembrano fidanzatini quando si incontrano: c’è il massimo della sintonia”. E sull’autonomia: “Deve andare di pari passo con il presidenzialismo”
“Sull’Ungheria io mi fido dei nostri parlamentari europei. E poi c’è da dire una cosa: Orban è un leader che è stato democraticamente eletto dal suo popolo. Quella mozione era figlia del pregiudizio della sinistra”. Ignazio La Russa, meloniano di ferro, senatore e tra i fondatori di FdI, difende a spada tratta la linea assunta dal partito a livello europeo e rimarcata dalla leader Giorgia Meloni che, sui social, risponde puntuta agli attacchi che da più parti le stanno arrivando. “In nessuna democrazia evoluta – così oggi Meloni – l’unica opposizione al governo è oggetto di sistematici attacchi da parte di ministri, cariche istituzionali e grandi media”. E La Russa, su questo, concorda appieno.
La Russa di che ‘pregiudizio’ parla?
Quelli che ora vogliono stabilire attraverso una mozione quali sono o meno i Paesi democratici sono gli stessi che quando l’Ungheria veniva invasa nel 1956 dai carri armati sovietici erano dalla parte dell’Urss. Probabilmente questo pregiudizio anti-ungherese ancora serpeggia. Ma c’è un altro aspetto che va tenuto in considerazione.
A cosa si riferisce?
Il partito di Orban, in Europa, è stato a lungo parte del partito popolare europeo. Ossia il partito della sinistra.
Il voto espresso da FdI prefigura le direttrici che verranno seguite dal prossimo esecutivo in politica estera?
Non necessariamente. Nessuno in FdI ha mai detto che voterà più nulla in Europa. Abbiamo voluto semplicemente dare un segnale chiaro: l’Ue deve liberarsi dai pregiudizi di sinistra e coltivare il rapporto con l’Ungheria facendola sentire parte della comunità a pieno titolo.
Qualcuno dopo Pontida ha percepito velati attacchi ad alcuni punti programmatici di FdI. Come sono i rapporti in coalizione?
Matteo e Giorgia quando si vedono sembrano fidanzatini. Io che li vedo incontrarsi spesso posso smentire categoricamente tutte le voci che parlano di screzi e tensioni. Poi, certo, all’interno di una coalizione è giusto e sacrosanto che ci sia una dialettica interna. E magari qualche sfumatura differente. Sono sicuro però che, una volta al governo, questa dialettica si stempererà.
Il primo atto del prossimo governo di centrodestra?
Quello che dovrebbe già fare adesso questo esecutivo: affrontare il problema del caro energia che affligge famiglie e imprese.
Sul nucleare lei che idea ha?
Concettualmente non sono contrario. Il mio partito non si è espresso in questo senso ma senz’altro prima di assumere decisioni occorrerà fare un’attenta valutazione sul livello di sicurezza degli impianti. Ma, prioritariamente, occorrerà trasformare il Sud in un grande hub per le energie rinnovabili.
Il presidenzialismo resta una priorità?
Ma certo. È una battaglia che molti italiani sposano, ben oltre il perimetro del centrodestra. Certo, non è qualcosa che si mette in atto dall’oggi al domani.
E l’autonomia, tanto cara alla Lega?
Deve andare di pari passo. L’una cosa senza l’altra sarebbe monca.