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Precari, ceti popolari e la nuova anima del Pd. La versione di Ricci

Il responsabile Enti Locali dem: “All’opposizione ci concentreremo sulla legge di bilancio e sullo scetticismo europeo nei confronti di Meloni”. Le alleanze? “Se vogliamo dire la nostra occorre unità su obiettivi e su valori fondamentali, anche estendendo il perimetro a M5S e Terzo Polo”

Dopo le sconfitte viene sempre il momento delle riflessioni. E su questo, il Pd, può già ragionare su un punto fermo: l’era Letta appartiene al passato. Tradizionalmente il principale partito del centrosinistra ha sempre avuto una dialettica interna molto vivace, a tratti distruttiva. Chi sta provando a tracciare una rotta, smentendo categoricamente le voci che lo darebbero già segretario in pectore, è Stefano Bonaccini, uomo forte del Pd in Emilia-Romagna e governatore di lungo corso. Tra i suoi appelli, lanciati questa mattina sul Corriere, c’è quello di coinvolgere maggiormente gli amministratori locali. Su questa linea concorda anche Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e responsabile Enti locali del Pd.

Sindaco Ricci, il presidente Bonaccini ha evidenziato la necessità di inserire nel gruppo dirigente più amministratori locali. Che ne pensa?

Gli amministratori locali rappresentano una grande energia ed esperienza da mettere a disposizione del Paese. In questo momento serve una sinistra di prossimità, che sappia guardare in faccia le persone e che stia quotidianamente al fianco di chi soffre, lavora e produce. È la sinistra dei sindaci progressisti e riformisti, che in questi anni ha vinto e convinto, e attualmente governa il 70% dei Comuni italiani.

Dove ha sbagliato il Pd durante questa campagna elettorale?

Nell’analisi del voto mi sono soffermato su due questioni principali che sicuramente hanno determinato il risultato. Primo il non essere riusciti a fare un’alleanza larga: parte della campagna elettorale si è giocata intorno al campo largo che la sinistra non è riuscita a costruire, al contrario della destra. Secondo, il non esser stati percepiti come il partito del riscatto sociale, cosa che a livello locale spesso succede, mentre a livello nazionale quasi mai.

Lei è il responsabile degli enti locali del Pd. Dai territori è arrivata un’indicazione chiara in termini di preferenze. Come invertite questo trend?

Per invertire il trend serve ripartire dal basso, riconquistando le persone arrabbiate e deluse. Il cuore del congresso sarà il recupero del rapporto con i ceti precari, che non arrivano alla fine del mese e hanno stipendi bassi. C’è bisogno di una forza politica che riparta e provi a ricostruire un percorso, per prima cosa organizzando un’opposizione dura e netta. Ci aspetta un grosso lavoro di ricostruzione, per questo abbiamo bisogno di tutte le energie migliori in campo, di tutti coloro che possono dare un contributo a ricreare un progetto di speranza e rigenerazione del Pd, che a 15 anni dalla sua nascita ha bisogno di ripartire. Una fase che dobbiamo vivere con grande serenità, non attraiamo nessuno se siamo depressi o arrabbiati tra noi.

Lei potrebbe essere uno dei protagonisti della rigenerazione del Pd auspicata da Bonaccini. Che profilo avrà il prossimo segretario?

Pensare che per ripartire basterà cambiare il segretario sarebbe un grave errore. Non è il momento di fare nomi e cognomi, ma nessuno oggi si può sottrarre. Serve una sinistra popolare e una figura in grado di restituire un’anima al centro sinistra, perché essere partito della responsabilità non basta. Occorre mettere in campo un rinnovamento vero del nostro soggetto politico e chi lo guiderà lo dovrà fare dal punto di vista dei contenuti, del linguaggio e dell’organizzazione.

Il Pd, per cercare di riconquistare terreno, verso che direzione deve allargarsi? Al centro o tornare ai 5 Stelle?

Ovunque, anche tra l’elettorato che ha votato la destra. Quello che è successo a Pesaro nel 2019 è l’esempio: si votava in contemporanea alle amministrative, dove ha stravinto il centrosinistra e alle europee, dove l’ha spuntata la destra. Le stesse persone, nello stesso giorno, hanno votato per due correnti differenti. È dalle persone che occorre ripartire. Poi la cosa fondamentale da avere in mente è che da domani all’opposizione saremo in tre Pd, M5S e terzo polo. E se vogliamo dire la nostra occorre unità su obiettivi e su valori fondamentali non certo perpetuare le divisioni della campagna elettorale. Ciò vale anche in vista delle elezioni regionali e amministrative dei prossimi mesi.

Su quali punti si concentrerà la vostra opposizione al governo di centrodestra?

Il primo compito che avremo sarà quello di non far deragliare l’Italia sulla posizione internazionale che si è tenuto dopo l’aggressione della Russia contro l’Ucraina ed europeista. Arretrare vorrebbe dire indebolire in partenza il Paese. Ci sono due nodi politici su cui concentrarci: sappiamo che la prima sfida che il governo dovrà affrontare sarà quella della legge di bilancio. In questi mesi la Meloni ha cercato di tranquillizzare i mercati, sapendo che Salvini aveva una posizione diversa, azzardata. Qui bisognerà vedere se alle parole seguiranno i fatti. Secondo nodo, difficile da superare, riguarda lo scetticismo europeo nei confronti della Meloni e di un governo di destra. Se l’Italia vuole superare la crisi economica e vuole essere protagonista in Europa non si può permettere d’essere inaffidabile. Un’Unione europea più debole indebolirebbe il nostro Paese.

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