Le forze russe non riescono a mantenere il fronte, sono in crisi di risorse sia umane sia tecniche. Per Putin serve una svolta, ma ha il problema di dover dichiarare la guerra totale che non si allinea con la narrazione. Una reazione sicura, secondo Mikhelidze: continuerà il ricatto energetico
L’intero confine che separa l’Ucraina dalla Russia nell’area a nord di Kharkiv, fino al fiume Oskil, è stato liberato dalla presenze delle forze d’invasione del Cremlino. L’Oskil e il Severskij Donec sono ormai la nuova linea del fronte in un’area centrale per la campagna militare ordinata da Vladimir Putin il 24 febbraio, che non è mai stata così in crisi dai tempi del ritiro da Kiev. Le linee di comunicazioni russe (in quel tratto da cui erano entrati i mezzi russi sei mesi fa) sono ormai tutte all’interno del territorio “liberato”, come lo chiamano gli ucraini.
La Russia ha reagito a questa disfatta lampo (i cui risultati dovranno essere stabilizzati) con violenza e livore. Ha colpito le centrali elettriche (e alcune idriche collegate) di Kharkiv, Dnipro e Zaporizhzhia. Una rappresaglia diretta contro i civili (crimine di cui i russi si sono macchiati diverse volte già in Siria), che tendenzialmente non allenterà però l’esaltazione di chi combatte l’invasore e la fermezza di chi lo sostiene. Anzi.
“Anche attraverso tenebre impenetrabili, l’Ucraina e il mondo civilizzato vedono con chiarezza questi atti terroristici. Missili diretti in modo cinico e deliberato contro infrastrutture civili vitali”, ha detto il presidente Volodymyr Zelensky.
Al di là della rappresaglia immediata, però, quale potrebbe essere la reazione di Vladimir Putin adesso che il fronte si è ulteriormente complicato? Secondo Nona Mikhelidze, esperta di Russia dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), sarà difficile per il presidente russo riprendersi senza aumentare lo sforzo bellico, ma come poterlo fare?
“Putin – spiega a Formiche.net – ha un problema con la narrazione, perché ufficialmente i russi credono che i loro soldati sono impegnati in un’operazione militare speciale per liberare gli ucraini dal nazismo dell’amministrazione di Kiev: un aumento del coinvolgimento significherebbe cambiare questo schema narrativo che va avanti da oltre sei mesi”.
C’è l’opzione della mobilitazione generale, anche se una sorta di forma ibrida di mobilitazione è da tempo in corso. “E sono ormai mesi – continua Mikhelidze – che il governo russo sta avendo difficoltà proprio nel reperimento delle risorse umane: il pagamento per coloro che vogliono andare a combattere come volontari (o contractor) sta aumentando, e questo significa che stanno offrendo di più per invogliare un maggior numero di partecipanti”.
Nessuno corre a combattere, i soldi offerti sono comunque pochi e circolano diverse informazioni su ritardi nei pagamenti. “A proposito della mobilitazione e coscrizione generale — aggiunge l’esperta Iai — va anche detto che per equipaggiare e addestrare persone che non hanno mai preso il fucile e mandarli a fare la guerra, passerà del tempo. E nel frattempo, anche se arriverà l’inverno e le maggiori difficolta di azione, gli ucraini di sicuro non staranno fermi ad aspettare l’arrivo dei rinforzi russi”.
Su una mobilitazione generale ufficialmente dichiarata pesa un fattore: Putin sarebbe costretto a quel punto di parlare apertamente di guerra, e i sondaggi estivi rivelavano già che i russi, sebbene supportino la “operazione militare speciale”, non sarebbero altrettanto aperti davanti a un conflitto e a un aumento del coinvolgimento (solo il tre per cento dei russi dice per esempio che donerebbe qualcosa per aiutare il Cremlino nella guerra).
Allo stesso tempo però, sul campo la situazione è sempre più difficile, sia dal punto di vista delle risorse militari e tecniche, che umane. “Al di là del fatto che è stata una straordinaria operazione ucraina, in cui Kiev ha lanciato due controffensive su Kherson e su Kharkiv (la prima con intensità minore rispetto alla seconda, usando il doppio fronte per distrarre le forze russe), le unità del Cremlino hanno anche dimostrato di non riuscire a reggere il combattimento, e addirittura gli ucraini si potrebbero spingere fino a riconquistare territori persi nel 2014 (le due provincie di Donetsk e Lugansk, dove otto anni fa furono dichiarate le repubbliche indipendentiste, ndr)”, spiega Mikhelidze.
In questa fase fluida dell’offensiva di Kiev, e in questo momento confuso e difficile per la risposta di Mosca, secondo l’esperta c’è una certezza: “Putin andrà avanti con il ricatto, sia per quanto riguarda la centrale di Zaporizhzhia, sia sul gas nei confronti dell’Europa”.